"Magico" Natale

 

Negli ultimi decenni il Natale sembra aver perso quell’aura di sacralità e spiritualità a esso propria in quanto festività religiosa. Ma con cosa è stata sostituita? I fatti suggeriscono come il Natale venga concepito come mera occasione per abbandonare la realtà e vivere fallacemente all’interno di una dimensione cosiddetta magica.

 

di Alessandra Zen

 

 

Con l’avvicinarsi delle feste natalizie si assiste a una sorta di processo di preparazione alla giornata odierna del 25 dicembre. Ma in cosa consiste questa “preparazione”? Negli ultimi anni, a causa del radicalizzarsi del processo di secolarizzazione, il quale ha condotto a un progressivo allontanamento dal mondo ecclesiastico e dalla fede religiosamente intesa, il periodo cosiddetto dell’Avvento (dal latino adventus, “venuta”, con riferimento alla nascita di Gesù) sembra aver perso il suo fondamento di sacralità e devozione al Creatore. Il periodo che precede il Natale non viene più, quindi, percepito come preparazione spirituale all’incontro con Dio, il quale si è fatto uomo tramite Gesù, come invece accadeva nei secoli scorsi o, se vogliamo, anche alcuni decenni fa. L’Avvento veniva percepito come occasione nella quale riflettere sul proprio agire e comportamento, raggiungendo una maggiore consapevolezza sul Sé e sulla realtà circostante. Visione comunque riduttivistica anche questa, per la ragione che, per vivere all’insegna dei valori e ideali che si propugnano, risulta necessario non limitarsi alla buona pratica del dialogo solo quando è la predica del sacerdote che lo suggerisce, bensì impegnarsi affinché essa diventi una sorta di habitus che accompagni il soggetto durante la sua vita quotidiana.

La tendenza che, invece, si sta progressivamente affermando riguarda la concezione dell’Avvento come preparazione meramente materiale: la preoccupazione maggiore che affligge gli uomini della società contemporanea e che si ripete sporadicamente ogni anno riguarda la corsa ai regali e, soprattutto, l’addobbare e il decorare case, negozi e centri storici. Se fisicamente mancano le decorazioni natalizie, il Natale non si percepisce come vissuto pienamente. Eppure, come spiegato precedentemente, questa festività non riguarda essenzialmente la spiritualità e l’interiorità? Bisogna ricordare che la nostra società postmoderna è profondamente materialista, quindi visceralmente legata a tutto ciò che permette di soddisfare la superficialità dei propri desideri.

La costante e ridondante crescita di addobbi e decorazioni risulta meramente finalizzata alla creazione di un ambiente quasi magico, sia in ambito domestico, che a livello di città e centri storici.

 

Ma quali sono le ragioni che hanno condotto ad associare il Natale alla magia? E, soprattutto, che cosa va inteso con il termine magia?

In generale, il termine magia indica, oltre a «una pratica e forma di sapere esoterico e iniziatico che si presenta come capace di controllare le forze della natura», la «capacità di attrarre, di incantare che si sprigiona da una persona o da una cosa» (vocabolario online Treccani). Le due definizioni risultano interconnesse, in quanto tutto ciò che appare insolito, come il controllare le forze della natura o il compiere riti anche di natura esoterica, suscita attrazione nell’uomo. L’essere umano, infatti, è spinto ad approcciarsi con una visione disincantata a ciò che egli non è in grado di comprendere pienamente e che va oltre l’inesorabile trascorrere della mera quotidianità.

L’avvento del Natale viene così percepito come occasione per abbandonare la realtà e proiettarsi all’interno di una dimensione totalmente nuova e quasi surreale.

Inutile ribadire che questo rifuggire dalla quotidianità risulti causato da un crescente malessere che rende il confronto con una realtà malata – in quanto priva di valori stabili – insostenibile. Per ritrovare un benessere – anche se totalmente fallace – l’uomo cerca di allontanarsi dal Sé, in quanto lui stesso fonte di dolore e contraddittorietà, per proiettarsi all’interno di una realtà magica, quindi scevra di contatti con la quotidianità.

Si giunge conseguentemente alla consapevolezza che anche la festa di Natale, se non vissuta con l’obiettivo di apportare miglioramenti alla propria vita e alla comunità all’interno della quale si vive, rischia di accrescere il disagio che accompagna l’uomo in questi tempi di estrema perdita di valori e ideali.

Per concludere, si augura di passare un sereno Natale, vivendolo magari con più consapevolezza. A tal proposito si riporta un brano di Dino Buzzati, tratto da Milano nostra.

 

« Era uno spettacolo impressionante, i mille lumi delle vetrine, i festoni, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili che tentavano affannosamente di andare avanti e il formicolio vertiginoso della gente che andava e veniva, entrava ed usciva, si accalcava nei negozi, si caricava di pacchi e pacchetti, tutti con un’espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. […] Dovunque le due bestie guardassero, ecco uomini e donne che facevano pacchi, e preparavano buste, e correvano al telefono, e si spostavano da una stanza all’altra portando spaghi, nastri, carte. Dovunque arrivassero, era il medesimo spettacolo. Andare e venire, comprare e impacchettare, spedire e ricevere, imballare e sballare, chiamare e rispondere. E tutti guardavano continuamente l’orologio, tutti correvano, tutti ansimavano col terrore di non fare in tempo. Per le strade, nei negozi, negli uffici, nelle fabbriche, uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi l’un l’altro, come automi, delle monotone formule. “Buon Natale, auguri, auguri, felici feste, grazie, auguri, auguri, auguri. Era un brusio che riempiva la città. […] – Mi avevi detto – osservò il bue – che era la festa della serenità, della pace, del riposo dell’animo. – Già – rispose l’asinello – Una volta era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno all’avvicinarsi del Natale, gli uomini vengono presi da grande agitazione e non capiscono più niente. […] – Ce n’è troppo di Natale, allora. Ma ti ricordi quella notte, a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino? Era freddo, anche lì, eppure c’era una pace, una soddisfazione. Come era diverso! […] – E quei tre ricchi signori che portavano regali, li ricordi? Come erano educati, come parlavano piano, che persone distinte. Te li immagini, se capitassero in mezzo a questa baraonda? E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle di solito hanno vita. – Ho idea di no – disse il bue, scettico. – C’è poca aria di stelle, qui. Alzarono i musi a guardare, e infatti non si vedeva niente. Sulla città c’era un soffitto di caligine. »

 

25 dicembre 2017

 

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