Un uomo consapevole vive meglio perché è a conoscenza delle conseguenze delle sue azioni e sa che il bene che può fare agli altri, anche se può causargli degli apparenti svantaggi nell’immediato, è sempre quello da fare perché porterà al bene di tutti.
di Eva Polo
Perché non sappiamo distinguere ciò che è bene da ciò che è male? Perché pensiamo che quello che ognuno di noi fa sia il suo meglio? Perché non facciamo mai del bene riflettendo su quello che le nostre azioni potrebbero comportare per altre persone, invece di commettere atti puramente egoisti?
Perché tutti i nostri pensieri, in misura differente, sono limitati dall'ignoranza. Essere ignoranti vuol dire non conoscere o ignorare una qualsiasi cosa; questo comporta la mancanza di attenzione verso tutte le cose che facciamo, e una mancanza di consapevolezza nella nostra vita. La nostra ignoranza è ciò a cui noi non possiamo e non riusciamo a pensare, è quello che esiste, ma non per noi perché non conosciamo la sua esistenza – ché se la conoscessimo non saremmo, almeno in quel frangente, ignoranti – e di conseguenza non riusciamo ad accorgerci di essa.
Un sapiente può dire di non essere ignorante; invece, sebbene molto meno di quanto non lo siano altri, lo è. Anche il sapiente infatti nell'arco della sua vita non avrà abbastanza tempo per conoscere e imparare tutto quello che c'è e si può sapere dell'universo, cioè di tutti gli avvenimenti e di tutte le loro relazioni.
L’ignorante è, per questi motivi, ognuno di noi e per combattere le nostre lacune dobbiamo cominciare col riconoscere di non sapere, concetto che riassume perfettamente il primo scalino da superare per progredire nella conoscenza. Colui che crede di sapere tutto è più ignorante di colui che sa di non sapere perché ignora di non sapere.
L’ignoranza non ha età né tempo, c'è sempre stata e sempre ci sarà: questo non vuol dire che, sapendo che non potremmo mai raggiungere la completa sapienza per la moltitudine di dettagli di ogni cosa, dobbiamo rimanere passivi e lasciare che le cose accadano senza capirne il motivo e senza prendere una posizione attiva; dobbiamo, al contrario, cercare di superare non solo il primo ma più gradini, in modo tale che la nostra ignoranza non diventi un'ostacolo insormontabile, ma uno stimolo per poter migliorare la propria conoscenza.
Un altro passo importante è sapere che, se anche la verità è una sola, nessuno la potrà possedere interamente: anzi, nel momento in cui vengo a conoscenza di altre idee, simili alle mie o completamente discordi da esse, non faccio altro che ampliare la mia conoscenza perché, così facendo, so il mio punto di vista e lo accresco mediante quello degli altri. Questo mi permette di ragionare sugli elementi che ho a disposizione, comportando quindi il superamento di un altro gradino della mia ignoranza.
Socrate, ad esempio, capisce che quella che per i sofisti è l'assoluta relatività delle opinioni, in realtà è un insieme di consapevolezze e idee differenti: la verità si conosce per gradi, e quelle che sembrano verità diverse e parimenti legittime, testimoniano in realtà il grado della propria ignoranza, il livello della propria conoscenza.
Un uomo consapevole vive meglio perché è a conoscenza delle conseguenze delle sue azioni e sa che il bene che può fare agli altri, anche se può causargli degli apparenti svantaggi nell’immediato, è sempre quello da fare perché porterà al bene di tutti.
Allora perché c’è tanta ignoranza? Perché l’ignoranza è gratis, non si fa fatica a non imparare e non è difficile rimanere passivi e limitarsi a guardare. Pensando però alle conseguenze che le nostre azioni possono causare ci rendiamo conto di quanto bene potremmo fare alle persone e all’ambiente.
30 maggio 2018