A volte mi capita di scorrere velocemente le storie di Instagram, la bacheca di Facebook; perlopiù, non ci do troppa importanza. Tuttavia durante queste ultime festività e questo periodo pre-estivo ho visto riti, sacralità, intimità, grandi narrazioni mitologiche raccontate dalle vostre storie e il mio pensiero si è volto verso la vostra totale indifferenza per il resto del mondo.
Ho visto esattamente cosa mangiate e come lo mangiate e con cosa bevete quello che mangiate: quanto costa il cibo che portate sulle vostre tavole e con quanti alcolici lo bevete. Costa vite intere: di esseri viventi, di voi e del vostro tempo passato a scegliere il filtro giusto per le vostre culinarie fotografie e altro tempo nella ricerca di frasi filosofiche da mettere in didascalia.
Ho visto le vostre serate e i vostri aperitivi, passati a fare quei famosi selfie – o “autoscatti” –, anzi video di come stava andando la festa, e nel video tanti altri cellulari che riprendevano, appunto, altra gente che riprendeva con il telefono. E si divertiva, o si divertiva riprendendo – vedete un po’ voi lettori come interpretarla.
Ragazze e ragazzi sui cubi, per carità, bellissime e bellissimi, ma sempre più soggetti ad un uso strumentalmente sessuale del ballo: la qualità dello spettacolo è ridotta alla mera osservazione di movimenti pubici. Avanti e indietro. Su e giù. Riprese e viste esclusivamente dal basso, proprio per enfatizzare il sesso e non di certo il coito, ma l’apparato anatomico vero e proprio. Culi perfetti, addominali scolpiti. Il desiderio che può muovere nell’altro è soltanto uno: scopare. La musica, forse, è solo una scusante per sentire – e sentirsi? – meno.
E poi foto in intimità? Non parliamone: uno potrebbe sapere esattamente quante volte vi stendete sul letto per amoreggiare a settimana, perché non manca fra loro un incontro che i più mettano: “sono con il mio ragazzo/ragazza a fare sesso e siamo bellissimi”. Perché se davvero sesso fate, se in quell’intimo momento, di stupendi sguardi e dolci carezze, avete il tempo di preparare il dito per l’impronta digitale, pensare a mettervi in una posizione sexy e caricare una foto sulla storia di Instagram, allora quanto davvero siete impegnati in quell’ idilliaco momento? E, naturalmente, ultima citazione presa sfuggentemente dalla rete di qualche filosofo francese, deturpato e scialacquato. Povera filosofia, ahinoi!
Il mondo pare essere diventato quello che, non troppo fantasticamente, mostra il video di Moby Are You Lost in the World Like Me? accompagnato dalle parole:
« Are you lost in the world like me?
If the systems have failed?
Are you free?
All the things, all the loss
Can you see?
Are you lost in the world like me? »
In cui tutti sono presi dallo schermo del proprio telefono intelligente e nessuno si accorge che il mondo, compresi loro stessi, sta andando a rotoli.
Ma sono questi i problemi? Assolutamente no: tutti noi siamo felici della vostra gioia! Vorremo solo vedere qualcosa in più, ecco: siete consapevoli di cosa succede, per esempio, nel mondo oltre le vostre apericene? Siete solo quello che banalmente mostrate sui social H24?
Quei piatti ricchi di costine in una tavolata da 30 persone costa decine di euro a testa. Sapete che nel mondo più del 30% della popolazione vive con meno di 1 dollaro al giorno? I soldi rappresentano le ricchezze materiali di un paese, non sono illimitate. I soldi non si possono stampare all’infinito: se qualcuno può spendere tanti euro per un solo pasto, sicuramente da un’altra parte del globo qualcun altro non potrà farlo. Non è un problema di “soldi stampati”, ma di risorse limitate, anzi di mal distribuzione di risorse: laddove qualcuno sperpera, o addirittura, mangia fino ad ammalarsi, molti altri si ammalano per il cibo che non hanno. Qualcosa non torna.
Tutti quegli animali che fate uccidere. Che costa? I sentimenti di miliardi di loro ogni anno, sentimenti come quelli che provate voi di gioia, appartenenza, tristezza, amore; il 40% dell’inquinamento globale, infatti è dovuto proprio agli allevamenti intensivi, proprio per quel “cibo” che così, indifferentemente appunto, state fotografando; malattie, ormai dimostrato ampiamente dalla letteratura scientifica, causate da una eccessiva introduzione di proteine e grassi di origine animale.
L’ambiente non se la cava meglio; i dati di Legambiente sono sconvolgenti. Pare infatti corretta la regola del “terzo”: 1/3 in meno di acqua potabile, 1/3 in meno di biodiversità animale, 1/3 in meno di oceani “vivi” (si dice così dove c’è vita in mare) il tutto nell’ultimo 1/3 di secolo. Credete che questo influisca solo sul “terzo” di persone povere nel mondo? Parrebbe, dopo studi approfonditissimi di biologia organica e fisiologia umana, che l’aria, l’acqua e la terra siano indispensabili per la vita e quindi anche per l’homo sapiens – chi legge, è homo sapiens, e non è, per ora, un’offesa.
Parliamo di amore? Nel mondo, a oggi, ci sono quasi 800 milizie che combattono guerre in 67 Stati. Ogni giorno muoiono centinaia di persone in queste guerre. Per carità, sono stupendi i vostri autoscatti nella vasca a lume di candela con il vostro, si spera, partner – beati voi – e sarebbe bello che anche altre due o tre “miliardate” di persone ne potessero godere. O no? Oppure non abbiamo tempo ed energie per queste persone? Siamo impegnati a fare cosa se non a migliorare il posto dove stiamo?
Sembra un discorso così folle quello che si vuole sottolineare? La nostra, del mondo benestante occidentale, indifferenza, quanto incide sulle suddette questioni? Incide enormemente.
Il “reato di indifferenza” era già stato condannato da Dante che accusava una parte dell’incivile società fiorentina dell’epoca, a cui dedicò alcune terzine del III canto dell’inferno: gli ignavi. Coloro che non si erano mai schierati nella loro vita e condannati per sempre a correre nudi inseguendo una insegna che gira su se stessa, punti da insetti vari e il loro sangue mescolato alle lacrime succhiato dai vermi. Virgilio, accompagnando Dante, gli suggerisce, inoltre, che la loro condizione è così triste da non essere degna di attenzione e quindi afferma la celebre frase: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Lo scenario macabro e apocalittico romanzato da Dante non è di certo ciò che si verifica in concreto. In effetti il problema dell’insensibilità di oggi è ben peggiore e, proprio perché passa di nascosto o in modo indifferente appunto, non sotto gli occhi di tutti. Giacché se la condanna fosse quella espressa da Dante, allora, forse fungerebbe da deterrente. Il problema non deve essere affrontato da un unico punto di vista, ad esempio cognitivo-comportamentale – con rinforzi o punizioni come minacce – ma dal punto di vista filosofico, totalizzante e complesso, così da capirne davvero la natura e affrontare il problema in una logica di valori universali che possono essere espressi, in questo caso, per sé coltivando la relazione con l’Altro tutto.
Il problema è che non è possibile rimanere realmente indifferenti, perché un comportamento non agito è un comportamento. Rimanere immobili non è un nulla, ma è un qualcosa. È appunto un “rimanere fermi”. La persona che non conosce il mondo che la circonda è quella che si trova disorientata in esso, non riuscendo a decifrare i messaggi che inevitabilmente le arrivano. L’io infatti esiste costitutivamente proprio per differenziarsi da altro da sé e non può essere indifferente senza pensare di generare le follie sopra elencate. Si educa, si impara ad interpretare se stesso in varie circostanze proprio perché all’interno di circostanze, quindi di relazioni con qualcosa. È logico, quindi, che più circostanze e relazioni consideri l’io più è probabile che si formi in modo autentico e ottenga quello che vuole ottenere.
L’indifferenza è quel peso che grava in tutte le relazioni tra sé e il mondo, siano esse sentimentali, ecologiche od economiche. Le conseguenze sono appunto l’impoverimento culturale, sentimentale ed emotivo, ambientale nel quale tutto il mondo – compreso l’essere fashion blogger di Instagram – ormai giace proprio dalla perdita della relazione. Ammettere che qualcosa “non interessa” o mostrarsi disinteressati non prendendosene cura, non approfondendo i discorsi geopolitici o climatici che in questo mondo veloce 3.0 e globalizzato attraversano la vita di ogni persona, significa presuppore che quella determinata cosa non interessa e non ha valore. Ma il pre-supporre è un falso sapere, un agire inautentico e ignorante, già denunciato più di due millenni fa da Platone nel Politico, che allontanerà la persona dall’ottenere il risultato atteso e genererà «le cose più terribili». Essere governati da capi politici – eletti da tutti noi, come Macron, Trump e May – che non ci pensano due volte ad iniziare una nuova guerra fredda prendendo come “campo da gioco” la regione siriana, è un chiaro esempio di come dal basso, da tutto il popolo, non sia stata fatta la giusta scelta. Ciò detto significa che prima di eleggere qualcuno bisogna interessarsi, informarsi e studiare. Platone ci aveva messo in guardia e ha fatto dire a Socrate:
« La pena che i buoni devono scontare per l'indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi. » (Apologia di Socrate)
Inoltre è anche necessario riflettere sul fatto che, se ogni momento è preso con “leggerezza” o in modo “acritico”, allora perdono di importanza anche quei momenti che sono ritenuti più importanti. È bellissimo poter condividere istanti ritenuti significativi, tuttavia se l’esistenza è ridotta solo a questo allora perdono il loro valore. Se ogni attimo del proprio vivere è sempre condivisibile, allora cosa non lo è? Cosa è sacro e intimo? Probabilmente questo però è un altro capitolo.
È necessaria quindi una ri-educazione che parta da questo fondamento: la ricchezza della propria cultura rappresenta la ricchezza dell’ambiente, sociale e naturale, che si vuole conservare e sviluppare. Rimanere indifferenti significa non cercare il confronto, non trovare la relazione che leghi la propria persona a tutto il resto che la circonda. Sapere che esiste una connessione tra sé, il proprio modo di pensare o agire, e gli animali, il clima, le persone dall’altra parte della Terra e migliorare queste relazioni è l’unico modo per migliorare anche se stessi. Qualcuno a questo punto potrebbe chiedere quando finisce questo approfondimento, lo studio o l’”evidenziare” sempre meglio e sempre di più la relazione che necessariamente lega e dalla quale non si può essere indifferenti.
Risponde sempre bene Platone:
« Il limite per ascoltare questi discorsi è la vita intera. » (Repubblica, V)
22 aprile 2018
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