All’avvicinarsi delle elezioni del 4 marzo, la scena italiana non è stata esente da una serie di manifestazioni antifasciste, alcune delle quali dai metodi di alquanto dubbia efficacia e eticità.
Giusto qualche giorno fa, i giornali hanno iniziato a parlare di un dibattito politico organizzato da un preside in una scuola di Firenze, previsto per il 20 febbraio scorso. L’obiettivo era invitare esponenti di varie forze politiche affinché si confrontassero di fronte ai diciottenni, prossimi al voto. Eppure, a breve distanza dal presunto incontro, l’evento è stato annullato. Il motivo? Fra gli invitati, c’era un esponente di CasaPound, noto partito additato come neofascista.
Le reazioni non si sono fatte aspettare: i rappresentanti di Liberi e Uguali per primi hanno dato forfait, con la seguente motivazione:
« Non prenderemo parte al dibattito poiché non riconosciamo pari dignità politica a coloro che praticano il fascismo attraverso atti politici quotidiani. »
E poi sono seguiti quelli del Partito Democratico:
« Il partito democratico si rifiuterà sempre di partecipare a qualsiasi confronto con una forza come CasaPound che professa platealmente ideali contrari ai valori della nostra Costituzione. »
E infine gli esponenti di Potere al Popolo, su invito della Cgil. Insomma, di fronte alle recenti polemiche dirette a pericolosi movimenti di matrice fascista, la decisione presa da più di un partito è stata quella di comportarsi proprio da fascista.
Perché in fondo, cosa si è deciso di fare se non tacciare a priori una persona di idee fasciste? E farlo persino quando questa aveva deciso di partecipare ad un confronto democratico di idee.
Al di là del modo problematico col quale si usa il termine "fascista" per criticare un certo movimento (si veda Contro la polarizzazione delle opinioni sul dramma di Macerata di Simone Basso), va sottolineato come la reazione politica di movimenti di sinistra si sia mostrata più antidemocratica dell’atteggiamento che CasaPound aveva mostrato in tale situazione.
Si legga cosa ha affermato il preside della scuola, Ludovico Arte, di fronte alla richiesta di giustificazioni per il suo atto:
« Il Marco Polo ha ritenuto di fare la cosa più democratica e civile che possa fare una scuola, ovvero consentire ai candidati delle liste che si presentano alle elezioni di illustrare il proprio programma a studenti e docenti. È lo Stato italiano che consente a CasaPound di candidarsi e un dirigente scolastico, come rappresentante dello Stato, ha il dovere di onorare le norme vigenti e il pluralismo. Non spetta al preside decidere sulla legittimità o meno di chi si candida. Per quanto riguarda l’antifascismo, non siamo disponibili a prendere lezioni da nessuno. Il Marco Polo è l’unica scuola che ha deciso di mettere una frase di Gramsci ben in vista sulla facciata della scuola e tutti i giorni, con le parole e con i fatti, promuove la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione. Ma i fascismi e il razzismo si combattono attraverso il confronto delle idee, non contrapponendo intolleranze ad intolleranze. »
Insomma: in primis, CasaPound è un partito accettato alle elezioni dallo Stato italiano; in altre parole, ha mostrato un programma che rientrasse all’interno dei parametri democratici accettati per poter candidarsi politicamente. Come ha detto lo stesso candidato premier Di Stefano: « Prenderemo il 3 per cento, supereremo lo sbarramento, e poi continueremo a crescere. Il tutto in piena democrazia e libertà. »
Per quale motivo allora tacciare di anticostituzionalismo o fascismo il partito? Si potrebbe dire che solo superficialmente si mostrano democratici, ma che nei loro discorsi non lo sono. Poniamo che ciò sia vero, che nel concreto essi esprimano idee antidemocratiche: ciò dà senso al modus operandi di chi ha dato forfait? Assolutamente no, a meno che non si voglia dar ragione a quel fascismo che prima si accusava.
Cosa c’è di più fascista di vietare il dibattito e togliere la possibilità a uno di esprimersi? Cosa c’è di più fascista di negare il confronto e dire in astratto che si ha ragione e l’altro è fascista?
Se si vuole combattere veramente un movimento riconosciuto dallo Stato poiché ha idee sbagliate, l’unica via democratica è il confronto.
Un discorso che si può benissimo estendere agli altri piani dell’azione politica. Si pensi all’ultimo caso di un esponente di Forza Nuova pestato a sangue a Palermo: è questo il modo per combattere questi estremisti? Mostrando, con i fatti, di essere peggio di loro?
Ma si potrebbero fare esempi meno violenti e comunque significativi. Se si visita una città universitaria come Padova, e si passa davanti al palazzo Liviano – sede del polo universitario delle facoltà umanistiche –, si potrà notare come i muri siano pieni di scritte inneggianti al comunismo e all’antifascismo. Ogni anno quei muri vengono puliti: trascorre una settimana e tornano come prima. Di casi così ce ne sono molteplici e non solo a Padova.
Se si vuole combattere a ragione i cosiddetti fascisti, un punto di partenza sarebbe mostrarsi migliori di loro.
25 febbraio 2018
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