Come lo sviluppo tecnologico ha sovrastato la politica

 

La visione drogata della realtà, cioè la fede nel progresso, ha portato ad una crisi importante come quella economica del 2008, con tutte le conseguenze che abbiamo dovuto patire anche nelle nostre tasche. Il salto di qualità non c’è stato, non si è messa in discussione la vera causa culturale, nonché spirituale, della crisi, cioè la fiducia smisurata nel progresso e nell’avere sempre di più. È necessario quindi porsi delle domande e darsi delle risposte, dialogando e confrontandosi sui cambiamenti radicali che si stanno instaurando nel nostro pianeta, prima che essi ci sovrastino definitivamente.

 

di Antonio Martini

 

Siamo ormai giunti nella fase concitata di questa campagna elettorale e molti di noi saranno oramai stanchi degli stessi reclami, delle solite promesse mai mantenute e dei medesimi atteggiamenti al limite del ridicolo e della presa in giro. A questo probabilmente si aggiunge il fatto che chi voteremo non ci darà la sicurezza di governare da solo, ma sarà necessaria un’alleanza con un altro partito che magari non ci sta proprio così a genio e che non vorremmo mai al governo. Questo problema nasce dal tripolarismo della compagine politica (centro destra, centro sinistra e Movimento 5 Stelle) e dal sistema elettorale che non permette, nello stato attuale delle cose, di formare un governo stabile. Fino alla discesa in campo dei 5 Stelle il sistema era bipolare e sicuramente la formazione del governo era molto più facile: sono loro il punto di rottura e l’elemento che ha mescolato le carte in questi ultimi anni di governo del Paese. Il Movimento di Grillo nacque dall’esigenza di alcuni cittadini che si sentivano traditi dalla classe politica e volevano esprimere il loro dissenso per un sistema che non funzionava. Da dove è scaturita questa sfiducia verso la classe dirigente e quali errori sono stati commessi per scatenare un movimento di protesta così ampio e radicato? Ma soprattutto: c’è stato un effettivo cambiamento ed una messa in discussione di quelli che sono stati gli atteggiamenti sbagliati?

 

 

Nel corso del governo Gentiloni ci sono stati 566 cambi di casacca: parlamentari, che, in cambio di poltrone, si sono trasferiti da un po’ tutti i poli politici cercando casa nelle varie formazioni del parlamento. E questo cosa sta ad indicare? Che i partiti non sono più i portatori ed i propositori di un’ideologia, di un modo di vedere le cose e di affrontare la realtà, di un sistema di rappresentazione della popolazione, ma semplicemente un porto dove ognuno attracca, fa un giretto e se ne torna per un’altra via. In questo i cittadini si sono sentiti traditi ed è questo il dato più grave della nostra classe dirigente.

 

Guardando attentamente, un valore profondo, radicato quasi in modo impercettibile e che ci avvolge da anni, è presente. Tale atteggiamento è proprio di tutte le forze politiche e probabilmente è la vera causa scatenante di questa crisi: è la speranza nella tecnologia, nell’avanzamento incondizionato della tecnica, la fiducia che il mero progresso tecnologico ci possa risolvere tutti i problemi; è lo scenario postmoderno in cui alberghiamo tuttora, privo di valori, che ha sostituito la fede religiosa con la fede nella scienza e che si sta espandendo in ogni piccolo frammento del nostro quotidiano.

 

Aleksandr Dejneka, "Le poesie di Majakovskij" (1955)
Aleksandr Dejneka, "Le poesie di Majakovskij" (1955)

 

Per più di quarant’anni in Italia, dal dopo-guerra a Berlusconi, il vero partito dominante è stato la Democrazia Cristiana, portatrice di valori stabili che davano garanzie per la ripresa del Paese fino al caso Tangentopoli e quella che è considerata la fine della Prima Repubblica ‒ la rottura di tutta una serie di equilibri che si erano venuti a creare ‒ e la discesa in campo del primo vero anti-politico Silvio Berlusconi con la sua squadra di tecnici. In quegli anni si stava compiendo una trasformazione sostanziale del modo di vedere la realtà: il mondo era aperto agli scambi; la nascente Unione Europea era vista come una grossa possibilità di avanzamento e di stabilità economica; in generale sia a Destra che a Sinistra si respirava un clima di ottimismo nel progresso economico e nella tecnologia. La democrazia sembrava ormai un pacchetto sicuro ed affidabile da esportare in giro per il mondo, infatti si faceva addirittura la conta di quanti Stati passassero ad essere governi democratici. Tutto sembrava comodo, senza insidie e quest’onda maestosa che si vedeva all’orizzonte, rappresentata dal progresso tecnologico, venne cavalcata mentre procedeva verso di noi, sottovalutando la quantità dei cambiamenti che portò con sé.

 

« Questo strumento decisivo, che è ormai divenuto lo scopo supremo dell’intera vita sulla terra, è la tecnica, ossia quel sistema di capacità operative che si fonda sull’apparato concettuale della scienza moderna. La tendenza dell’umanità è di credere sempre di più nei miracoli della tecnica e sempre di meno nei miracoli di Gesù o di un ordinamento economico-sociale fondato su un’ideologia. » (Emanuele Severino, Tèchne)

 

È questa la trasformazione sostanziale che era in atto da molto tempo nel sostrato spirituale dell’uomo e che ha preso definitivamente voce nella politica. Il passaggio da un sistema propositore di valori (Prima Repubblica) ad uno che pone tutta la sua fede, perché è di questo che si tratta, nel progresso della tecnologia (Seconda Repubblica). Sì, reputo quest’atteggiamento come qualcosa di fideistico, in quanto non c’è un’autentica discussione sulla direzione che vogliamo dare alla tecnica, ma sembra quasi che la tecnica stessa stia prendendo una corsia preferenziale ed autonoma sulla scia dell’entusiasmo e del desiderio irrefrenabile di avere sempre di più. Succede così che le stesse teorie scientifiche non sono viste più come un tutt’uno dello sviluppo dello spirito umano, ma un semplice mezzo per approdare ad un avanzamento ulteriore della tecnologia.

 

Il momento cruciale si è verificato quando la visione drogata della realtà, cioè la fede nel progresso, ha portato ad una crisi importante come quella economica del 2008, con tutte le conseguenze che abbiamo dovuto patire anche nelle nostre tasche. Da qui sono nati i 5 Stelle e quella pretesa di trovare nella politica il capro espiatorio di questa disfatta economica e sociale.

 

Si è cercato di risollevarsi da questa sconfitta, non con una messa in discussione di tutto il sistema, ma ponendo altri rattoppi tecnici che reggeranno fino all’emersione del prossimo errore di calcolo. Tutto si risolve e si distrugge con la tecnica: è questo il risultato della nostra visione schizofrenica della realtà, che purtroppo anche i 5 Stelle, come del resto tutti gli altri partiti, non sono riusciti a cambiare. Il salto di qualità dopo la crisi del 2008 non c’è stato, non si è messa in discussione la vera causa culturale, nonché spirituale, della crisi, cioè la fiducia smisurata nel progresso e nell’avere sempre di più.

 

 

« La tecnica diviene così lo scopo dell’ideologia. E poiché essa rimane anche il mezzo più potente, il destino delle ideologie è il dissolversi non solo come scopi, ma anche come mezzi. La tecnica è la capacità, scientificamente controllata, di produrre e distruggere le cose. In linea di principio, essa considera la stessa totalità delle cose producibile e distruggibile mediante operazioni scientificamente controllate. » (Emanuele Severino, Tèchne)

 

Con l’avvento dei 5 Stelle nelle elezioni del 2013 saremmo pure approdati in una nuova fase della nostra Repubblica (Terza Repubblica), dove il sentimento di diffidenza verso la politica è rappresentato in maniera importante, ma ho come la sensazione che non sappiamo ancora dove si stia andando e che così i politici, come gli anti-politici, non si facciano portatori di alcun valore, ma semplicemente la loro visione della realtà è ancora drogata da tutto quello che è il progresso tecnologico. Non si sente dire all’elettore che su alcune importanti questioni si è completamente impreparati e che la soluzione non è assolutamente facile da trovare, come ad esempio sulla disparità sociale, sui cambiamenti climatici o sulle false democrazie che si stanno affermando in Russia, Turchia e Cina. Si ostenta ancora a dire che si può ottenere un miglioramento andando avanti in questa direzione, aumentando o togliendo tasse, aprendo bottiglie di champagne per un punto percentuale del PIL che sale o facendo piccole mosse per cambiare gli equilibri legislativi. Ci affidiamo tuttora al progresso tecnico-scientifico, senza regolamentarlo e senza discuterlo: questioni importanti come l’intelligenza artificiale, la regolamentazione della rete, le biotecnologie, non sono sfiorate dal dibattito politico, ma ignorate e lasciate in balia del loro avanzamento tecnico.

 

Sarebbe opportuno smetterla di fare politica davanti ad uno schermo, con un linguaggio sempre di più autoreferenziale, cercando il consenso dell’elettore con promesse facili per salvaguardare il presente. È necessario porsi delle domande e darsi delle risposte, dialogando e confrontandosi sui cambiamenti radicali che si stanno instaurando nel nostro pianeta, prima che essi ci sovrastino definitivamente. È questo l’unico modo di riscattare la politica e la scienza stessa dall’imboscata che sta tendendo loro la tecnica: chiarire e regolamentare ciò che sta diventando più grande di noi. 

 

23 febbraio 2018

 

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