Il problema dell’arte, oggi, è un problema di comprensione dell’opera d’arte. Oggi non siamo sempre in grado di comprendere l’esatto valore di un’opera d’arte, né tantomeno di apprezzarla per le sue valenze estetiche.
Pur non interessandosi principalmente di questioni artistiche, Jean Baudrillard ci offre una interessante chiave d'accesso allo sviluppo dell'arte contemporanea. Il problema dell’arte, oggi, è un problema di comprensione dell’opera d’arte. Oggi non siamo sempre in grado di comprendere l’esatto valore di un prodotto artistico, né tantomeno di apprezzarlo per le sue valenze estetiche. Molto spesso siamo dinanzi ad opere d'arte che sembrano non dirci nulla o, almeno, non suscitano in noi un sentimento del bello o non ci attirano particolarmente. La connessione fra arte e bellezza sembra essere saltata e riconfigurata in una società moderna e post-moderna che ha altri valori di riferimento. In questa riflessione si situa il pensiero di Baudrillard sulla sparizione dell'arte. Egli scrive:
« Ciò che mi interessa è che questa logica di produzione di valore (e di plusvalore) sia contemporanea al processo inverso, quello della sparizione dell'arte; che più ci sono valori sul mercato meno c'è possibilità di giudizio e (di piacere) estetico; che questa logica della sparizione è esattamente e proporzionalmente inversa a quella della produzione di cultura - in breve, che il grado Xerox della cultura, quello della sua proliferazione assoluta, corrisponde al grado zero dell'arte, quello del suo vanishing point e della sua simulazione assoluta. » (J. Baudrillard, Il vanishing point dell'arte, in Id., La sparizione dell'arte, Abscondita, Milano 2012, p. 15)
L’arte è dinanzi ad un problema che riguarda la sua riproducibilità. In un’epoca capitalista in cui le merci vengono prodotte e riprodotte in serie, ci chiediamo che senso possa avere ancora l’arte e cosa possa dirci della realtà stessa. Insomma, ci occorre comprendere come arte e capitalismo possano confrontarsi sul terreno della riproducibilità. Per Baudrillard, l’arte ha il compito di mettere in rilievo proprio la mercificazione del capitalismo. In un’epoca in cui tutto viene ridotto a merce e a produzione seriale, l’arte ci può aiutare a scorgere l’alienazione presente in questo meccanismo per prenderne consapevolezza e resistere. Esempio di questa resistenza è l’opera provocatoria di Andy Warhol che erge a valore di opera d'arte una scatola di detersivo, un personaggio famoso, una scatola di tonno che si può trovare in qualsiasi supermercato.
Se l’arte è stata sempre qualcosa di eccezionale, un oggetto creato dalle mani dell’artista, nell’epoca moderna e post-moderna, in cui siamo sommersi di oggetti e di cose, l’arte ha il compito di entrare nel meccanismo della riproducibilità della merce. Per dirla in parole povere, l’arte ci fa rendere conto che, fra una miriade di merci e di oggetti, non sappiamo più distinguere e apprezzare la bellezza e il valore di un’opera d’arte. Allora, l’arte ha bisogno di scendere nel meccanismo della merce e di accentuarlo fino a spaccarlo.
Nella società di massa, in cui viviamo una sorta di feticismo della merce, l’opera d’arte tenderà sempre più a sparire per lasciare spazio alla merce. L’arte contemporanea non riflette più un’aura che eccede se stessa, una prospettiva nuova sulla realtà, ma si pone in relazione a tutti gli altri oggetti fino a metterne in rilievo l’alienazione che gli oggetti producono su di noi. Viviamo in un'epoca di pieno, di sovrapproduzione di merce, tanto da non cogliere più la differenza e la particolarità di ogni singolo oggetto che abbiamo dinanzi. Tutti gli oggetti sono tali fino a quando ci occorrono. Ebbene, l'arte ha il compito di entrare in questo meccanismo e di metterlo in risalto, come gli oggetti scelti da Warhol, per farci comprendere meglio la nostra alienazione dalla merce. Senza l'arte saremmo sommersi dal feticcio-merce che incombe, ormai, dappertutto.
Secondo Baudrillard, nell'epoca capitalista, l'arte non è più quella del sentimento del bello o della evocazione sublime ma è lo strumento attraverso cui prendiamo consapevolezza di come la nostra vita dipenda, ormai, dalle merci che produciamo. Per questo, Baudrillard parla della sparizione dell’arte come il tramonto della civiltà stessa e della cultura, lasciata in pasto al consumo.
Dopo Hiroshima e Auschwitz, le civiltà hanno raggiunto il punto zero della loro evoluzione. Le civiltà si sono talmente evolute da implodere nella loro involuzione barbara. Dopo che la tecnica ha aiutato l'essere umano ad essere consapevole della propria autodistruzione, le civiltà hanno puntato su una liberazione da tutte le vecchie forme civili, politiche, culturali alla ricerca di una nuova civiltà che e di una nuova cultura in grado di andare oltre l'autodistruzione. In questa dinamica si è costituita una liberazione che Baudrillard definisce come orgiastica. C'è stata un'orgia liberatoria in tutti i campi: dal politico al sessuale, dalla emancipazione della donna a quella delle pulsioni inconsce, passando per una liberazione artistica. Il problema da affrontare ora, secondo Baudrillard è: che facciamo dopo l'orgia? Dopo questa liberazione da ogni vecchio schema cosa ci rimane? Ciò che ci rimane è solo la simulazione dell'arte stessa, una mercificazione dell'arte in cui non si gusta più un'opera per il suo valore intrinseco ma in quanto non ci dà più nulla da vedere. Dinanzi ad una perdita di orizzonti e di sguardi multipli sulla realtà, ciò che rimane è solo un guardare ciò in cui non c'è più nulla da vedere. Le troppe immagini, i troppi stili, l'eccessiva riproducibilità non lascia più il tempo per fermarsi e comprendere cosa guardare per giungere ad un perché guardare?
Il punto a cui arriva la riflessione di Baudrillard sull’arte, allora, è il tentativo di comprendere come il nostro sguardo sulla realtà sia condizionato dal rapporto che abbiamo con gli oggetti. Se siamo ormai abituati a consumare oggetti e merci, allora, il nostro stesso vivere la realtà sarà condizionato dal ciclo di produzione e consumo. In questo condizionamento rientra l’arte stessa che viene ridotta a semplice consumo, fino a sparire. Insieme all’arte, tutta la cultura occidentale sembra essere risucchiata dalla smania della produzione e del consumo, fino alla sua stessa implosione. E rimaniamo, così, solo noi e l’evidenza del mondo, senza più maschere e simulazioni. Di qui ripartire e nuovamente pensare.
13 febbraio 2018
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