I luoghi comuni sui laureati in discipline umanistiche, diffusi anche al di fuori dell'Italia, sarebbero sempre più contraddetti dalla loro stessa argomentazione: le prospettive economiche.
di Redazione
Negli Stati Uniti una ricerca dell'American academy of arts and sciences rivela che gli studi nelle «discipline umanistiche» consentono delle entrate e un appagamento in linea agli altri corsi di studio e i tassi di disoccupazione sono simili a quello degli altri dipartimenti.
I laureati nelle “arti liberali” guadagnano 52mila dollari l'anno dopo la triennale, 72mila dollari dopo la magistrale. Meno rispetto ai picchi di classi come ingegneria, dove si arriva a 82mila dollari, ma comunque sopra agli standard necessari per la stabilità economica e soprattutto di chi si è fermato alla formazione superiore: chi possiede solo un diploma non va oltre i 34mila dollari. Anche rispetto alla soddisfazione finanziaria, i laureati nel settore non differiscono dagli altri corsi di studio. Addirittura la quota di chi dichiara di «guadagnare abbastanza per fare tutto quello che si desidera» supera quella registrata tra i laureati nell'ambito del business, giudicato di norma più «professionalizzante» rispetto a filosofia, letteratura antica o storia. Anche i dati in Italia non sono dissimili secondo il consorzio Almalaurea. I professionisti di estrazione umanistica registrano un tasso di soddisfazione identico: 7,5 su 10, anche se gli stipendi risultano mediamente più bassi rispetto ai laureati in ingegneria o del gruppo economico-statistico.
Sempre secondo la ricerca dell'American academy of arts and sciences emerge che l'11% dei laureati nel settore fa carriera nel management, accanto a quote interessanti di professionisti
riconvertiti in ambiti come ICT (tecnologie dell'informazione e della comunicazione), finanza, vendite, servizi. Le industrie del digitale e della tecnologia sono due tra le più «affamate» di
laureati in possesso delle competenze intellettive fornite da studi umanistici. Nella Silicon Valley spopolano precedenti illustri come il fondatore della software company Slack Stewart
Butterfield (laureato in filosofia) o della Ceo di Youtube Susan Wojcicki, laureata in storia e letteratura ad Harvard prima di virare sull'economia con un dottorato. Gli studi in linguistica e
semiotica – per fare qualche altro esempio – rivestono una non trascurabile importanza quando si tratta di “istruire” robot con le tecniche del machine learning.
«I laureati in ambito umanistico hanno un approccio teorico che si applica anche in ambiti che sembrano distantissimi», spiega Lorenzo Tomasin, ordinario di storia della Lingua
italiana all'Università di Losanna. Al di là dei casi specifici, in generale la versatilità dei laureati del settore nasce da una habitus acquisito, se non altro perché chi si iscrive a lettere
antiche o filosofia della scienza è già abituato all'idea che potrà o dovrà reinventarsi in un ambito diverso da quello di studi, applicando altrove la duttilità di pensiero
acquisita.
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