Comprendere il proprio agire – le conseguenze delle proprie azioni – diventa uno dei messaggi principali della storia. Solo comprendendo cosa si deve fare, si cambierà comportamento; altrimenti si rimarrà indifferenti su quanto fatto, pronti ad appoggiare qualsiasi nefandezza pur di soddisfare gli appetiti più bassi.
L’ultimo episodio di Star Wars, The Last Jedi, è considerevole non solo per le importanti questioni – più che mai attuali! – che si sono volute trattare e che a breve presenteremo, ma anche per il conseguente spessore intellettuale che caratterizza i personaggi di sempre. Dal solitario Luke Skywalker, fuggito su un’isola sperduta per punirsi del grandioso crimine commesso – non essere riuscito ad essere un buon Maestro, perdendo un suo prezioso allievo caduto infine tra le fila dei “cattivi” –, alla principessa Leia, che a più riprese sa esibire un’inedita saggezza – quando, p.e., insegna a un compagno della Resistenza che il coraggio non si riduce al mero combattimento, ma l’eccede –, al vecchio Chewbecca, qui poco più che comparsa, decisivo ai fini squisitamente “animalisti” della storia. In definitiva, l’intero film è disseminato di piccoli elementi significativi che contribuiscono a rendere la pellicola una piacevole sorpresa.
Scegliendo tra i temi fondamentali di cui accennavamo prima, vi sono indubbiamente quello relativo alle contraddizioni presenti nella città di Canto Bight, in apparenza un ingenuo e lussuoso luogo tranquillo di svago, ma che a un occhio più attento svela tutte le nefandezze su cui è costruito, e quello che tratta il problema degli animali, tanto dal lato dell’animalismo in genere, quanto più specificatamente dal lato, se vogliamo, del veganismo.
La lussuosissima città del pianeta Cantonica somiglia a un grande casinò: al suo interno si incontrano gli abbienti provenienti da ogni punto della galassia, che sperperano il loro denaro alle macchinette e nei giochi da banco più disparati. Due personaggi della Resistenza, Finn e Rose, si recano lì per trovare una persona in grado di forzare dei codici di una nave del Primo Ordine. Sebbene Rose, prima di recarsi sul pianeta, avesse premesso che, stando a quanto ne sapeva, in quel luogo si trovasse la gente peggiore della galassia, l’approdo in città lascia ad un primo impatto meravigliati.
Ci si aspetterebbe, dopo il giudizio della ragazza, di trovare realmente persone della peggior specie – ladri, assassini, banditi di ogni sorta –, quando invece ad una prima occhiata pare di essere tra innocenti individui perbene; ricchi, certo, ma non criminali. Così sembra anche a Finn, che a tutta prima ne rimane estasiato:
« Senti, questo posto è bellissimo, insomma avanti … perché lo odi tanto? »
« Guarda meglio. »
Così Finn, dalla terrazza in cui si trovano, che si affaccia su una specie di ippodromo, afferra un cannocchiale. Intanto Rose continua a spiegare:
« Io e mia sorella siamo di un povero sistema minerario. Il Primo Ordine ci strappava il minerale per finanziare le spese militari; poi ci bombardava per collaudare le armi. Ci ha tolto tutto quella gente. Questi chi pensi che siano? C’è solo un commercio nella galassia che ti rende così ricco: vendere armi al Primo Ordine. Vorrei poter abbattere a pugni tutta questa schifosa bellissima città. »
Quella località così innocua ad uno sguardo ingenuo, si fonda proprio sugli orribili gesti di quella che Rose chiamava “la peggior gente della galassia”. Quella ricchezza era stata accumulata sulla sofferenza di altri popoli, derubati e violati. I ricchi, a cui probabilmente non importa granché delle sorti dell'universo, sono divenuti tali solo grazie alla violenza della loro indifferenza. Il loro piacere coincide con la morte e il tormento di altre genti; non solo per il materiale con cui simili armi sono costruite, ma pure perché vengono vendute a chi, senza scrupoli, con esse perpetra ancor più simili prepotenze. Ecco perché, come ben fa notare la ragazza, non v’è nulla di realmente bello in quel luogo.
Per inciso, è curioso notare che proprio qui in Italia, si è scoperto, avveniva lo stesso: una fabbrica di armamenti sarda ha venduto in Yemen i suoi prodotti; contribuendo così a una strage di civili perpetratasi in questi giorni.
Tra le contraddizioni su cui poggia la città di Canto Bight v’è poi quella relativa allo sfruttamento animale. Mentre Rose spiega a Finn il motivo per cui non v’è bellezza su quel pianeta, egli, scrutando col cannocchiale l’ippodromo in cui si svolge una corsa di "fathier" (simili ai cavalli), ce ne indica subito un altro: la violenza sugli animali. Viene infatti inquadrato un fantino frustare con veemenza la bestia su cui siede. Poi Finn, muovendo il cannocchiale, viene catturato da un’altra scena. Oltre il tracciato su cui si svolge la corsa, dei bambini cercano di difendere un altro fathier che sta per essere frustato a sua volta: evidentemente impaurito dalla situazione, non ubbidisce a quello che gli viene intimato con violenza; perciò viene punito. Non solo quei ricchi vivono sulla tragica sorte di molti popoli, oppressi dalla dittatura e da chi, come essi, con i propri gesti la favorisce; ma la loro fortuna poggia anche sul dolore gratuito degli animali che sono trattati alla stregua di oggetti con cui divertirsi.
Si menzioni solo di passaggio che quei bambini saranno poi decisivi alla fuga dei due membri della Resistenza; e che proprio loro, come il finale ci lascerà intendere, saranno il futuro del movimento che si oppone alla dittatura. V’è di più: con la fuga, Finn e Rose, aiutati dai bambini, riescono anche a liberare tutti i fathier dalle stalle, rendendo così il loro breve soggiorno sul pianeta tutt’altro che vano.
Finn infatti, quando sembra che la fuga non finisca bene, e che la loro missione stia per essere vanificata da una nuova cattura da parte della polizia del posto, si chiede se il viaggio sia valso tutto quel trambusto:
« Ne valeva la pena incasinare la città, colpirli duro? »
Rose, togliendo la sella all’animale che li aveva scortati sino al bosco, e lasciandolo raggiungere il resto del branco – ormai libero –, risponde:
« Ora ne è valsa la pena. »
Oltre alla sequenza presso la città del pianeta Cantonica, il tema degli animali ritorna anche sull’isola in cui Luke Skywalker soggiorna. Qui sono presenti degli altri esseri fantastici, simili a dei pinguini, dei quali Chewbecca va a caccia per sfamarsi. Ma proprio mentre questi sta per azzannare la sua preda ormai cotta, gli si presentano al cospetto altri "porg" (questi simil-pinguini), che mostrano la propria disperazione nel vedere un loro simile diventare una pietanza per il famoso bestione della saga. Chewbecca prova ad allontanarli con un ringhio, ma questi, insistenti, rimangono, con lo sguardo triste per il gesto che l’altro ha compiuto. Così, pieno di compassione – compassione che non è altro che consapevolezza del dolore altrui –, Chewbecca non solo allontana dalla bocca il cibo, cioè l’animale che aveva cucinato, che ovviamente non riesce più a mangiare, ma per tutto il resto del film si prenderà cura di quegli animaletti che gli hanno mostrato il suo errore. Infatti, come si è palesato nella lussureggiante città, se un gesto ha come conseguenza una sofferenza ingiustificata, perde la sua presunta bellezza e acquista un valore immondo. Mangiare quella carne significava il dolore dell’animale ucciso e quello di tutti gli altri che soffrivano la sua perdita. Avendone compassione, ossia avendo consapevolezza di ciò che il suo fare comportava, non poteva più ingoiare neppure un boccone.
Comprendere il proprio agire – le conseguenze delle proprie azioni – diventa così uno dei messaggi principali della storia. Solo comprendendo cosa si deve fare, si cambierà comportamento; altrimenti si rimarrà indifferenti su quanto fatto, pronti ad appoggiare qualsiasi nefandezza pur di soddisfare gli appetiti più bassi.
Un esempio in negativo è l’hacker DJ, assoldato da Rose e Finn per poter disattivare di nascosto lo scudo del vascello del Primo Ordine ed entrarvi, così da poter disattivare il loro localizzatore a lungo raggio. Appena la situazione si fa difficile e i tre vengono catturati, DJ cambia subito fazione e svela il piano di fuga stesso dei ribelli – mettendo a rischio la loro intera esistenza – pur di poter esser liberato, ottenendo peraltro una ricompensa.
La cosa non sorprende: in un momento precedente del film, lo stesso aveva consigliato a Finn:
« Finn, ora ti insegno una grande cosa: è tutta una macchina, bello! Vivi libero, non schierarti. »
E poi afferma, dopo la cattura, «Oh, tranquillo Finn […] Sono solo affari.», con Finn che perentorio risponde: «Ti sbagli.»
Si sbaglia in quanto non è consapevole di cosa stia realmente facendo. Se si fosse reso conto che col suo gesto stava condannando a morte l’ultimo barlume di speranza contro la tirannia del Primo Ordine – se si fosse reso conto che stava mandando a morte degli innocenti –, non avrebbe detto che sono solo affari.
Ma allora, quando ci si rende conto di cosa è giusto, cosa s’ha da fare? Semplice: lottare per il valore in cui si crede, tanto con cautela quanto essendo pronti al martirio se necessario.
Cosa significa questa apparente antinomia?
All’inizio del film, il pilota Poe, nonostante l’ordine della principessa Leia di ritirarsi, conduce una flotta di navi contro una corazzata, nel tentativo di distruggerla. L’esito è vittorioso, ma è una vittoria di Pirro: quasi tutte le navi ribelli sono state devastate. Al ritorno, Leia degrada il pilota, che chiede spiegazioni. Lo scambio di battute è esemplare:
« Sei degradato. »
« Abbiamo abbattuto una corazzata. »
« A quale costo? »
« Se inizi una battaglia, vai fino in fondo. »
« Vuoi scendere dal tuo caccia? Ci sono cose che non si possono risolvere saltando su una Ala-X [caccia] e sparando a destra e a manca. Bisogna che lo impari. »
« C’erano degli eroi in quella missione. »
« Eroi morti. Senza un capo. »
Bisogna lottare per ciò in cui si crede, ma ciò non dà il permesso di essere temerari e compiere azioni che potrebbero creare conseguenze contrarie a quanto si voleva ottenere. È necessario cioè ragionare bene su cosa sia da fare nel concreto, cosa porti ad effettivi risultati. Bisogna avere cautela.
Altri due episodi sono degni di nota per capire invece cosa sia realmente il martirio.
Mentre i ribelli sono in fuga con i vascelli di emergenza verso il pianeta Crait, la corazzata del Primo Ordine spara coi cannoni verso di loro, colpendoli uno ad uno. L’esito sarebbe fatale, se non fosse per l’ammiraglio Holdo – l’unica donna rimasta sull’incrociatore ribelle ormai spacciato –: non avendo possibilità di fuoco, pur di salvare la ritirata dei suoi compagni, lancia la sua nave a velocità della luce contro la corazzata del Primo Ordine, che verrà squarciata a metà. Col suo sacrificio, ha salvato quell’unico contingente rimasto di ribelli, l’ultima speranza per porre fine alla tirannia. Di certo non è mancata alle parole proferite da lei stessa in precedenza:
« Quattrocento di noi, su tre navi. Siamo ciò che resta della resistenza. Ma non siamo soli; in ogni angolo della galassia, i perseguitati e gli oppressi conoscono il nostro simbolo, in cui ripongono speranza. Noi siamo la scintilla che appiccherà il fuoco che ristabilirà la repubblica. Quella scintilla, questa resistenza, devono sopravvivere. Questa è la nostra missione. »
Poco dopo, arrivati sul pianeta Crait, i ribelli si rintanano in una miniera, col Primo Ordine alle costole. Di nuovo la situazione sembra concludersi male, quando compare Luke Skywalker, che grazie ai suoi poteri ha creato un ologramma di sé, facendo credere a Kylo Ren di essere là fisicamente e facendo così guadagnare tempo ai ribelli per fuggire. Tale “magia” gli costerà caro: data la fatica per compiere un tale gesto – i Jedi devono stare attenti a non esagerare con la loro forza –, Luke incontrerà il martirio. Un gesto estremamente significativo perché mostra la redenzione di Skywalker. Egli, dopo esser stato assente dalla ribellione per la vergogna di non esser riuscito ad allevare come Jedi Kilo Ren – anzi, incapace di sopportare di aver persino pensato di ucciderlo per non vederlo passare al "lato oscuro" –, torna in azione. Lascia la sua solitudine e ridiscende in campo, pronto per un’ultima volta a lottare per il bene.
Tanto questi quanto l’ammiraglio Holdo hanno così raggiunto il martirio nel vero senso della parola. Non hanno fatto nulla di avventato; essi infatti sapevano che soluzioni più leggere non c’erano. In quel momento, per salvaguardare la cosa in cui credevano, c’era solo una soluzione, quella più radicale. Erano pronti al martirio se necessario.
Così, grazie ai gesti di questi e altri eroi, il Primo Ordine non è riuscito ad averla vinta. Per concludere con le parole di Luke Skywalker di fronte al suo ex allievo Ren:
« La ribellione è rinata oggi. La guerra è appena iniziata, e io non sarò l’ultimo Jedi. »
2 gennaio 2018
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