Un colosso è riuscito a tener testa ad un altro colosso. Speriamo però che le "denunce" non si arrestino qui, e che l'evento accaduto sia occasione per riflettere tutti sulla contraddizione profonda che vede la sentenza della magistratura opporsi proprio al senso della quotidiana prassi degli stessi "vincitori" della causa.
Sky, secondo un articolo apparso sul Fatto Quotidiano di oggi (le citazioni che non si trovano al link apposto si riferiscono all'edizione cartacea), vince almeno parte della sua crociata contro Mediapro. Questa azienda spagnola, vincitrice (nel senso che ha pagato di più) del bando istituito dalla Lega Calcio, ha ben pensato, come da prassi capitalista, di partecipare per aggiudicarsi il campionato italiano di Serie A e di rivendere poi – mediante dei "pacchetti" – le partite alle principali aziende contendenti italiane: Sky e/o Mediaset. Non hanno mai avuto un reale interesse, dunque, per l'oggetto acquisito, ma si sono limitati a una compera miliardaria volta unicamente a uno spudorato aumento di introiti.
L'intenzione degli spagnoli sembra fosse quella di vendere alle italiane dei pacchetti da 270 minuti, già muniti di pre, post partita e telecronache, senza nessuna esclusiva (contrariamente a quanto auspicava Sky, le cui esclusive, specie serali, giustificavano le grosse spese fatte). Ciò significa che nessun canale italiano avrebbe potuto metter mano alle trasmissioni, né inserire pubblicità alcuna. Gestire autonomamente gli spazi da parte delle aziende italiane sarebbe stato possibile secondo Mediapro, ma ovviamente lo avrebbe permesso solo vendendo i diritti a prezzo maggiorato. Volevano inoltre coprire satellitare, digitale, Iptv (alla Tim Vision, per intendersi) e istituire un apposito servizio streaming analogo alla League Pass (NBA), che sarebbe stata un'interessante piattaforma su cui guardare le partite da pc, telefoni o tablet.
Al ricorso di Sky il tribunale ha risposto che il gesto dell’azienda spagnola «finisce per ledere le libertà delle emittenti», le quali si vedrebbero ingiustamente «costrette a pagare servizi non richiesti», come l'eventuale inserimento di terzi con piattaforme alternative per garantire il servizio di streaming. Violerebbe la legge Antitrust, sfavorendo nettamente le concorrenti e creando così degli squilibri di mercato, affossando a tutti gli effetti «i singoli operatori dell'informazione interessati» che potrebbero ritrovarsi con ingenti perdite di «quote di mercato». Insomma, è illegale perché un simile atteggiamento, definito dalla legge come «abuso di posizione dominante», finisce per lasciare gli altri attori protagonisti del mercato con l'acqua alla gola.
Tutto vero e giusto, ma v'è un grossissimo paradosso in questa faccenda. È pur vero infatti, al contempo, che ogni cittadino, qualora volesse acquistare annualmente un abbonamento per vedersi il campionato di serie A – ci riferiamo qui per ovvi motivi alle condizioni dell'anno passato –, sarebbe a sua volta costretto a “pagare servizi non richiesti” e a vedersi “ledere le proprie libertà”: Sky, quando può, si comporta esattamente nel modo in cui lo fa Mediapro.
Perché? Si ricordi che, nell’abbonarsi a Sky, vi sono i vari “pacchetti” tra cui quelli base da acquistare per forza, a cui aggiungere gli eventuali pacchetti Calcio, Cinema, Sport (nel quale il calcio non è compreso). Non è possibile, restando in tema, acquistare solamente il “pacchetto Calcio”, che singolarmente considerato avrebbe un prezzo ragionevole, ma bisogna per forza sommarlo ad altre opzioni, arrivando all'ammontare di cifre, per una famiglia media, che cominciano ad essere piuttosto ingenti. E si ricordi pure l’insensatezza dei mille “pacchetti” stessi, che non fanno altro che rincarare squallidamente la spesa per il servizio. Analoghi discorsi si possono fare per Mediaset Premium. Che differenza c’è tra questo e i pacchetti da 270 minuti imposti alle aziende italiane da quella spagnola? E quale dal servizio streaming non voluto da Sky? Nessuna. È evidente che le difficoltà economiche coinvolgano chiunque, comprese le reti private. È tuttavia meno evidente la risoluzione di ogni problema mediante questo particolare "gioco al rialzo", che consiste nel sommergere gli altri per tenersi a galla.
Questa volta, anche se la vicenda ancora non si è conclusa, un colosso è riuscito a tener testa ad un altro colosso. Speriamo però che le "denunce" non si arrestino qui, e che l'evento accaduto sia occasione per riflettere tutti sulla contraddizione profonda che vede la sentenza della magistratura opporsi proprio al senso della quotidiana prassi degli stessi "vincitori" della causa.
10 maggio 2018
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