Risposta a una maturanda (1952).
di Stig Dagerman
« Gentile signorina Tidbeck,
Grazie di avermi scritto, mi ha fatto piacere e mi ha un po’ spaventato. Per avere il coraggio di rispondere a domande che altri pongono sulla vita bisogna infatti essere molto presuntuosi o molto ubriachi. Il mio primo consiglio è dunque questo: non si fidi di nessuno che sostenga di poter risolvere i Suoi problemi e vedere nel futuro più di quanto possa vedere Lei. Con il tempo ho imparato che i cosiddetti buoni consigli non costano solo caro, ma nella maggior parte dei casi sono anche privi di senso. Lei stessa è la prima ed ultima autorità riguardo alla Sua vita. Non si fidi nemmeno di questa lettera, finché non avrà raggiunto un punto della Sua vita in cui l’esperienza Le parlerà con la Sua stessa voce.
Una frase della Sua lettera mi ha fatto molto pensare. Lei parla infatti della liberazione che La attende quando le porte della scuola si richiuderanno per l’ultima volta alle Sue spalle. Proprio in questo periodo dell’anno, ma dieci anni fa, anch’io ero in attesa di questo miracolo della liberazione.
Ora è passato abbastanza tempo da osare chiedere a me stesso: quando sei stato più libero, a scuola o nella “vita”? Non si spaventi se devo rispondere: per molti aspetti ero un uomo più libero dieci anni fa di quanto lo sia adesso. È chiaro che in quegli anni avevo spesso, per non dire sempre, la sensazione che la scuola fosse una prigione, gli insegnanti fossero dei carcerieri e le lezioni e i compiti scritti lavori forzati. Dopo di allora, però, ho imparato che l’espressione “si impara per la vita, non per la scuola” ha un terribile rovescio. La vita, infatti, non tiene conto in primo luogo delle conoscenze libresche, ma dell’esperienza delle forme di costrizione che la scuola imprime in noi: l’ansia dell’esame, il timore di arrivare in ritardo, la paura delle insufficienze, il terrore del fallimento. Sembra purtroppo che le forme di schiavitù della vita imitino quelle della scuola, con la differenza che quelle della vita sono molto più dure e spietate nei confronti degli allievi. Cos’è infatti n’insufficienza se paragonata ad un licenziamento? O il suono di una campanella in confronto a un orologio marcatempo? Cos’è un capoclasse se paragonato ad un controllore dei tempi di produzione? O l’insufficienza in un compito scritto se paragonata alla bocciatura di una tesi di dottorato? E infine: dipendevamo dalla volontà dei genitori e dal potere degli insegnanti ma eravamo al sicuro. Ora siamo schiavi della necessità di guadagnare, di farci strada, di diventare qualcuno. E questa dipendenza è dieci volte peggiore. C’è chi è costretto a contare i suoi spiccioli anche mentre dorme. Ci sono famiglie che la carenza di alloggi costringe a vivere in un’unica stanza con cucina. Ci sono addirittura persone che trovano più libero il carcere della società in cui vivono e l’ospedale più salutare dello spietato campo di battaglia della lotta per la vita.
Le apparirò forse prolisso e pessimista, ma devo dirle queste cose perché riguardano Lei più della maggior parte delle persone. E La riguardano così tanto perché proprio ora vive un momento in cui intuisce cosa sia la libertà. Per questa ragione torno a ripeterle con insistenza: diffidi della libertà che la vita Le offre, perché è ben poca cosa. Ma conservi finché può quel senso di libertà di cui ora sta facendo esperienza e che sarà il Suo ricordo più importante della scuola, perché quel senso di libertà è la cosa più preziosa che possiede. Se sarà abbastanza intenso La aiuterà più di qualsiasi consigliere nelle questioni della vita e del cuore, come ha aiutato me nei momenti in cui la vita mi si stendeva davanti come un deserto.
Ciò che intendo dire è questo: viaggi, legga o trovi un lavoro. Nel Suo intimo Lei sa quale sia la cosa giusta. Ma qualsiasi cosa Lei decida di fare, non dimentichi mai che non è prigioniera della strada scelta. Ha tutto il diritto di cambiarla, se sente di essere sul punto di perdersi. La vita Le chiederà prestazioni che troverà ripugnati. Allora dovrà essere consapevole che la cosa più importante non è la prestazione, ma il Suo svilupparsi in una retta e bella persona. Molti le diranno che questo consiglio è asociale, ma Lei potrà rispondere: quando le forme della società si fanno dure e negano la vita, è meglio essere asociali che disumani.
Per finire Le auguro buon viaggio sulla strada che sceglierà. Le auguro anche ogni successo, ma più ancora Le auguro due cose che spesso ostacolano il successo esteriore e hanno tutto il diritto di farlo perché sono più importanti: l’amore e la libertà.
E dunque: buona fortuna per il grande giorno! Mi faccia sapere fra dieci anni com’è stato il Suo viaggio.
Il Suo
Stig Dagerman »
13 marzo 2018