E se la democrazia non fosse solo una forma politica, una tipologia di governo, ma costituisse invece la condizione necessaria e l’essenza di ogni progresso umano?
L’abitudine ci porta a catalogare come democratiche alcune specifiche realtà istituzionali, e a bollare come non-democratiche altre, basandoci sostanzialmente su dei criteri formali. Se con democrazia sembra si possa facilmente indicare un contesto politico in cui una data popolazione possiede strumenti e capacità per esprimere la propria opinione ed eleggere i propri governatori, rimane palese che la profondità di questo concetto non può di certo esaurirsi in un così breve spazio interpretativo; esso chiama in causa molto altro, senza cui rimarrebbe solo una parola vuota, una delle tante con cui oggigiorno ci si riempie la bocca. Senza dubbio si tratta di un termine noto e comunemente utilizzato, ma è proprio per questo che allo stesso tempo abbisogna di una profonda chiarificazione. In un senso istituzionale e formale, instaurare una democrazia significa produrre e mantenere un certo stato di cose, una situazione che garantisca diritti e partecipazione ai cittadini. Sotto questo punto di vista è innegabile che vi siano numerosi paesi democratici in tutto il mondo, che si fondano sul riconoscimento politico dei propri abitanti e della loro opinione, e sul meccanismo della rappresentanza. La domanda che si impone – provocatoria ma necessaria – a questo punto è la seguente: sono sufficienti queste condizioni per poter parlare di democrazia? Basta rispettare questi criteri per proclamarsi uno stato democratico, attento ai bisogni dei cittadini, e magari per arrogarsi il diritto di esportare in altri luoghi questi valori?
Ad una maggiore profondità, ad un’analisi più attenta ed onesta, tutto ciò non è sufficiente. Quanto elencato fino ad ora dovrebbe essere solamente la punta dell’iceberg, l’evidenza materiale di una consapevolezza di base che purtroppo spesso manca. Democrazia è – prima di tutto – il modo in cui la vita di ogni uomo progredisce verso il benessere e la conoscenza. Ogni acquisizione, ogni esperienza, ogni decisione che prendiamo, sono frutto del confronto con altro e con altri: l’insegnamento e la verità che riusciamo a trarne sono perciò democratici, ossia risultano da un processo dialettico che non ha mai fine e coinvolge ogni aspetto della nostra esistenza. Più si ha la possibilità di mettere e mettersi alla prova, di discutere, paragonare, testare ed ampliare i propri pensieri, più si può essere soddisfatti di se stessi e sereni nelle proprie scelte comportamentali e valoriali.
E la politica? Essa non esula certo da questo meccanismo, anzi! Essa è il campo privilegiato e delicato in cui si può verificare effettivamente quale sia l’andamento sociale di una comunità. D’altronde, nonostante tutto ciò che è diventata, la politica nasce come strumento per permettere una migliore convivenza tra gli uomini, per accompagnarli ed unirli nel percorso che porta, nella vita di ognuno, all’affermazione della propria felicità. È facile a questo punto accorgersi che tale felicità, come ogni altro bene che possiamo desiderare, non può prescindere dall’essere in una libera e proficua relazione con gli altri; prendere atto di ciò significa accettare e riconoscere l’intrinseca democraticità della vita umana e del suo darsi: la vita nasce e cresce nell’incontro con l’altro. Solo una volta che si è convinti di questo – vivendo come propria la responsabilità di far si che il mondo in cui si vive rispecchi tale prospettiva – avrà senso l’instaurazione effettiva di condizioni politiche e sociali ed istituzioni che operino in questa direzione. Da ciò si può in un certo senso dedurre che la democrazia sia inevitabilmente la forma base di ogni convivenza umana, pur potendo essere misconosciuta da chi non vuole accorgersene. Proprio per questo essa rischia di essere fragile: richiede infatti partecipazione, dialogo, voglia e desiderio di rendersi utili a se stessi e agli altri, propensione ad informarsi e a esprimere la propria opinione in modo civile e valido, e soprattutto condizioni di vita che permettano di fare tutto ciò. Da questo punto di vita la democrazia, pur essendo includente e aperta a tutti, necessita di essere esclusiva: essa abbisogna di forze propositive affinché possa mantenersi, altrimenti essa resta solo un nome, sotto cui si nasconde la passiva indifferenza di oggi:
« Si perde così il senso dell’impresa collettiva, del sogno e della speranza di una giustizia più grande; si spegne nei cuori la passione per ciò che è possibile, da fare al servizio degli altri per la costruzione di un domani migliore per tutti. Non sorprende in questo clima avvelenato che i giovani provino disgusto per l’impegno sociale e politico e preferiscano rintanarsi nel privato della propria ricerca di vantaggi e di sicurezze per il futuro. » (Bruno Forte, La nuova banalità del male, «Il Sole 24 Ore», 5 gennaio 2014 )
21 marzo 2018
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