Si potrebbe dire che nell'uomo è insita quasi per natura la smania di comprendere ciò che è nuovo e farlo proprio, materialmente o intellettualmente, annullandone automaticamente così il carattere inedito nel momento in cui lo conosce; è ciò a cui l'uomo anela per istinto, suggestionato dalla sua alterità.
«Compra tutto, tutto compra!» ironizza la voce di Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, a conclusione della sua versione rivisitata del Carosello, messaggio promozionale televisivo degli anni '60-'70 ricordato dai ragazzi di allora con grande nostalgia. Tutte le generazioni nate sotto la buona stella del boom economico non possono rinnegare la loro infanzia segnata dall’inaugurazione delle pubblicità televisive mandate in onda di continuo, diversificate secondo fasce orarie prestabilite attentamente, oggi sempre più potenti e all'avanguardia delle modalità comunicative. Sono spot che si dirigono fondamentalmente verso lo scopo principale di accendere prima e soddisfare poi il desiderio del nuovo nell'uomo.
La sensazione è che l'essere umano sia attratto da ciò che rappresenta per lui una novità, un qualcosa da scoprire e da usare, spesso anche oltre l’orizzonte materiale, e ciò è testimoniato dalla sua evoluzione da uomo delle caverne a quello che è oggi, guidata dalla curiosità verso nuovi fenomeni, nuove tecniche ed esperienze.
Si potrebbe dire che nell'uomo è insita quasi per natura la smania di comprendere ciò che è nuovo e farlo proprio, materialmente o intellettualmente, annullandone automaticamente così il carattere inedito nel momento in cui lo conosce; è ciò a cui l'uomo anela per istinto, suggestionato dalla sua alterità. La novità, per l'essere umano, costituisce perciò il senso stesso del suo progresso, in quanto necessità che si rinnova con il suo soddisfacimento; è ciò da cui esso scaturisce, per annullarla e far spazio ad un'altra, dalla quale muovere nuovamente questo processo, all’infinito. Tale meccanismo porta in questo modo a considerare la necessità del nuovo come l’origine e il fine del progresso, nella misura in cui il nuovo si identifica con la ricerca della verità, attività costante e dinamica di ogni coscienza sana.
Così coloro che sperimentano tale processo attivamente sono tutti i "curiosi" che fanno della loro vita un'opera di costante rinnovamento, prima di tutto spirituale, che non può darsi se non ci si predispone ad una attitudine critica per vivere la realtà. La scoperta, la ricerca, la presa di posizione, l'autocritica, il dubbio e la certezza, l'informazione e l'insegnamento: sono momenti di quella vita che rendono una persona capace di vivere a pieno il proprio tempo scampando alla fossilizzazione intellettuale, un rischio che invece corrono in molti, non prendendo parte al progresso di idee.
Quando quei momenti sono estranei alla vita di un essere umano vengono allora sostituiti da una necessità del nuovo totalmente storpiata, che appartiene ad un'altra dimensione: quella descritta dal fenomeno che Marx chiama feticismo delle merci, nel quale al prodotto viene attribuito un valore che sconfina dal suo utilizzo, elevando la merce ad entità detentrice di una dignità superiore a quella di un altro uomo, il quale finisce per esserne dominato.
A distanza di circa centocinquant’anni, tutto ciò risulta evoluto in una forma ancora più preoccupante rispetto a quella descritta da Marx. Ora domina fortemente l’ultima tecnologia per mezzo dei suoi tentacoli dalle estremità a schermo piatto, touch e ad alta risoluzione.
Proprio in risposta a tutto ciò l’avanzamento tecnologico è spesso trattato nei dibattiti come un’espressione maligna dello sviluppo umano, responsabile di molti problemi sociali che hanno accompagnato la diffusione della tecnologia, il che è innegabile. Quando però il lavoro, la salute, la salvaguardia ambientale e civile la richiedono, sfruttando nel migliore dei modi l’avanguardia della tecnica raggiunta in altri settori, si è costretti a ricredersi. Per esempio se si riconosce l’utilità del sistema satellitare nel monitoraggio dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali, dispositivi ad alta tecnologia, sperimentati nei più disparati ambiti applicativi e magari comuni, messi al servizio della salvaguardia di intere popolazioni da eventi drammatici.
Vibra tuttavia intensamente una nota di amarezza pensando a come per alcune persone, il ruolo salvifico della novità sia adattato al mero soddisfacimento individuale, limitato al movente che le porta in coda all'entrata del negozio per l'ultimissimo modello di cellulare. In questo caso il bisogno di sperimentare il nuovo è soddisfatto con il possesso di qualcosa di materiale che sia sostanzialmente un passo più avanti rispetto all’attuale: uno smartphone, un’automobile, qualsiasi cosa che mostri al mondo l’avanzamento individualistico di chi lo detiene.
Da questo primeggiare su tutti, quasi volendo impersonare il nuovo stesso, l’individuo che in esso ha concentrato tutte le sue attenzioni e i suoi sforzi, potrà ricavare orgoglio, autostima, soddisfazione, ma non riuscirà mai a percepire, soddisfatto il suo semplice bisogno, la forza che invade l’animo di un ricercatore, per esempio, e più in generale di una qualsiasi persona che abbia appagato la necessità del nuovo realizzando un progetto in cui è riposto il proprio pensiero e un significato da consegnare alla collettività di cui egli fa parte. Ciò che differenzia le due vie per soddisfare questa aspirazione umana sta nel percorso che si compie: uno segue la moda del momento e per questo non potrà che essere del tutto casuale, come lo è la scelta di fronte ad ogni incrocio ed ogni rotonda, dove molte volte inverte il senso, cambia la direzione, ritorna sulla strada abbandonata in precedenza e la lascia al primo svincolo; l’altro è guidato lungo una ben precisa direzione, la cui destinazione può anche non essere stabilita, ma che ad uno sguardo attento sarà molto più razionale, e più lento, soprattutto, perché le scelte ad ogni bivio saranno perlomeno soppesate, razionali appunto.
Parallelamente l’umanità si percepisce come divisa in due: chi si inoltra lungo una via, chi lungo l’altra, forse il più delle volte per banale comodità, che convince ad accontentarsi di guardare il Sole attraverso un banco di nubi riuscendo a distinguerne il profilo, piuttosto che soffrirne il bagliore per osservarlo a ciel sereno nella sua reale potenza, sempre che si sia usciti dalla Caverna, sia chiaro. È il vento, come spesso accade, a stravolgere le cose.
30 marzo 2018