Una scienza dovrebbe essere la ricerca di ciò che è vero e più fedele alla realtà; dovrebbe essere un sistema, che, tramite la sua concretezza, ci aiuti a comprendere ciò che siamo e che, tramite il suo sguardo al particolare, ci faccia capire l’universale.
Quando sentiamo proferire il termine “scienza” subito il rimando va a quelle discipline come la matematica, la fisica, la biologia e, in generale, a tutte quelle discipline che si occupano di ciò che è empirico e che sono anche dette scienze naturali. Quando invece ci capita di definire ciò che la filosofia rappresenta non ci balena minimamente il pensiero di associarla a qualcosa di scientifico. Quest’atteggiamento è rilevabile sia nel linguaggio ordinario che in quello accademico. La filosofia è vista come qualcosa di soggettivistico, esistenzialistico, come quello sfondo che non ha nulla a che vedere con la vita di ogni giorno e che soprattutto non è rigoroso.
Questa concezione della filosofia è inevitabilmente il ritratto di quello che la società pensa e di quello che la società è: la mancanza di una ricerca del vero e dell’incontrovertibile, che un tempo era rappresentata dalla filosofia e dalla fede religiosa, lascia il posto ad una fede scientifica (nelle scienze naturali si intende).
Com’è possibile avere fede in una scienza? Come può essere associato il metodo scientifico al salto che si compie in un atto di fede? Una scienza dovrebbe essere la ricerca di ciò che è vero e più fedele alla realtà, dovrebbe essere un sistema, che, tramite la sua concretezza, ci aiuti a comprendere ciò che siamo e che, tramite il suo sguardo al particolare, ci faccia capire l’universale. Quelle che sono dette scienze naturali non sembra si rifacciano a questa descrizione: le nuove scoperte si fondano sullo sviluppo delle scoperte precedenti, le quali sono viste come dati di fatto assodati e non come parti di un sistema, che in quanto elaborato dall’uomo potrebbe essere fallace: si tratta quindi di una ricerca cumulativa; il modo di procedere è già dato per assodato e non viene messo in discussione e, in molti casi, si parte da assiomi, che, per loro stessa natura, non possono essere dimostrati, come ad esempio il concetto di punto o di retta. Che cosa hanno dunque di scientifico queste discipline? È sufficiente avere un metodo per risolvere un’equazione per considerare il procedimento scientifico? O è necessaria una visione più ampia e che si riferisca al Tutto, una versione più esauriente di quella che viene proposta dalle scienze naturali in questo momento?
Ci troviamo così di fronte ad una filosofia che, non essendo rivolta alla ricerca del vero, non è da ritenersi scientifica perché non ha come obiettivo la verità; e ad una scienza che non è scientifica, nel senso più profondo del termine, perché dà per presupposti assiomi senza i quali non potrebbe partire. Ad ogni sua espansione e avanzamento si rifà sempre di più al particolare, senza tener presente ciò che quel particolare rappresenta rispetto alla sua collocazione nel Tutto.
Se volessimo allora ripartire da zero ed annullare questa bagarre intorno al termine “scienza” e alle sue più disparate appropriazioni dei vari campi del sapere, sarebbe necessario rifarsi a ciò che è il pensiero e al suo presentarsi a noi.
« Il pensare è l’attività di ciò che è universale, e ciò che è universale è sì qualcosa di particolare accanto a qualcosa di particolare ‒ è qualcosa che, quando sta accanto a ciò che è particolare, è esso stesso particolare ‒, tuttavia la sua natura è di pervadere e di comprendere ciò che è particolare. Dunque, tutto ciò che è umano attiene al pensare. » (G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia)
Sulla scorta di Hegel possiamo capire come pensare il particolare sia un continuo rifarsi all’universale che lo determina: ogni volta quindi che cerchiamo di farci un’idea su qualcosa, non possiamo far altro in questo passaggio che rifarci alla Totalità di cui quella cosa fa parte. Ad esempio, per farmi un’idea di che cosa un tavolo rappresenti, dovrei rifarmi a tutte le relazioni che il tavolo ha e più relazioni penso, più ho l’idea dettagliata di ‘tavolo’. Per sapere perfettamente che cosa un tavolo sia dovrei quindi conoscere tutto, dato che in questa rete di ricerca e di unione tra le varie relazioni non posso escludere nulla, sono obbligato a ricercare la Totalità e rifarmi ad un’unità. Per definire ‘tavolo’ infatti dovrei, innanzitutto, definire legno e quindi pianta e quindi acqua; dovrei anche definire la funzione che esso ha, dovrei quindi definire il lavoro e inevitabilmente l’uomo e la ragione. Tra una relazione e l’altra c’è un continuo richiamo e un continuo rimando ad un’altra relazione. Questo potrebbe essere un primo abbozzo di qualcosa di scientifico, un metodo di ricerca che ci permette di rifarci alla Totalità dell’Essere e di avere questa come obiettivo e scopo finale. Un tale ragionamento è possibile etichettarlo come scientifico in quanto punta il più possibile a ciò che è rigoroso e vero, non permettendo alla formulazione di una teoria di escludere una parte che, se posta, aiuterebbe alla sua comprensione.
« La scienza rifugge qualsiasi spiegazione del perché immediato e lo fa giustificatamente, giacché trattandosi di un tentativo di ridurre la diversità all’unità, il perché non ha senso se non quando si applica a quell’unità. »
« Lo spirito critico rifiuta qualsiasi determinazione ed aspira a raggiungere, al di là dell’universo frammentario e spezzato, l’unità in cui si generano le apparenze molteplici. » (N.G. Dávila, Notas)
La scienza autentica è quindi critica, infatti nel suo ricercare continue relazioni deve mettere in discussione la relazione stessa e, tanto più la relazione tra le parti sarà forte, migliore sarà l’idea che avremo di ciò che stiamo analizzando. Come sottolinea il filosofo colombiano, determinare qualcosa è tutt’altro che esauriente per lo spirito umano, infatti nell’astrarre quella parte dall’Intero le togliamo delle relazioni che potrebbero arricchirla. Quindi un autentico pensiero scientifico, pur nell’impossibilità di arrivare all’unità finale ‒ data l’infinità delle relazioni da cui essa stessa è costituita ‒, rifiuta ogni determinazione che egli stesso dà, per mettere così nuovamente in discussione il pensiero formulato procedendo con il pensiero stesso.
In questo modo è dunque possibile rivalutare le scienze naturali e rendere ciò che è loro proprio. Se, infatti, si rendessero conto di non essere parti isolate, ma che per realizzarsi hanno bisogno delle altre scienze naturali, qui intese come detentrici di altre relazioni, renderebbero a loro stesse un utile servizio, in quanto si comprenderebbero in maniera più concreta, cioè più completa.
« Quanto alle parti speciali occorra a costituire una scienza particolare non si può determinare, nel senso che la parte, per essere alcunché di vero, deve non essere già solo un momento isolato, ma essa stessa una Totalità. Il tutto della filosofia costituisce perciò veramente una scienza; ma può essere anche considerato come un complesso di più scienze particolari. » (G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche)
Da quest’ultima proposizione di Hegel sembrerebbe quindi che le singole scienze ricadano necessariamente nella filosofia, la disciplina che fa dell’indagine critica e razionale il suo corpo costituente. Nel loro rifarsi al Tutto non escono mai da quella che è l’indagine razionale, ma semplicemente cercano di rifarsi all’unità a partire da un ambito ben preciso. Questo è l’unico e sostanziale punto di differenza dalla filosofia, seppur entrambi (scienze naturali e filosofia) siano scientifici in quanto razionali e razionali in quanto scientifici: la filosofia ha come campo d’azione e d’indagine la Totalità e non è ristretta, nelle intenzioni iniziali, ad indagare su un campo determinato.
Il pensiero è quindi il fattore determinante per rilevare la scientificità insita in ogni nostra pretesa di spiegare il reale. Esso ci rende liberi nel permettere di rifarci all’unico, alla Totalità e quindi al vero; la scienza così intesa è sistema: nel ricercare l’universale attraverso l’indagine del particolare anela a quel sentimento di concreto e di vero che è insito nell’uomo.
« Il libero e vero pensiero è in sé concreto, e perciò è idea: e, in tutta la sua universalità, è l’idea o l’assoluto. La scienza di esso è essenzialmente sistema, perché il vero, come concreto, è solo in quanto si svolge in sé e si raccoglie e mantiene in unità, cioè come Totalità, e solo mediante il differenziarsi e la determinazione delle sue differenze sono possibili la necessità di esse e la libertà del tutto. » (G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche)
« La scienza serve all’azione perché è un’ontologia, una ricerca dell’essere; il suo anelito è una definizione dell’essere. » (N.G. Dávila, Notas)
2 aprile 2018
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