Gli antichi greci condannavano più di ogni altra cosa la tracotanza, la violazione del senso del limite. Con il passare dei secoli questo timore è scomparso fino al suo rovesciamento, la misura esiste per essere oltrepassata e così la libertà, facendoci dimenticare quell’eterna verità espressa nei poemi di Omero, nei dialoghi di Platone o nei frammenti di Eraclito.
Nemesi, dea della giustizia, un’antica divinità giustiziera della mitologia greca condannava l’offesa più grave che l’uomo potesse rivolgere agli dei: l’hybris, la dismisura. Ogni elemento che compone la natura, pure l’essere umano, possiede un limite per essere tale. Nulla è al mondo che non sia descritto, de-finito dalla misura, essa costruisce l’equilibrio contro il quale avremmo l’ira degli dei. Sì, l’hybris provoca Nemesi, distribuzione della giustizia, la vendetta degli dei. La mitologia greca sembra non essere più letta poiché della misura, e tanto altro, a nessuno più importa. Oggi l’obiettivo è arrivare al limite, oltre il limite, lí dove si trova la vera vitalità, la libertà. L’ordine cessa di esistere quando non si ha più paura dell’hybris, della dismisura, così tutto si svolge senza regole, né leggi, solamente mediante il nostro Ego: lui ci dice dove arrivare. Si vuole sempre sforare, esagerare, andare oltre il limite della misura, andare là dove è possibile fantasticare, essere soli senza niente e nessuno che ci limiti: la libertà. Eppure la libertà è definita dalla misura, dalla Legge. La libertà sta alla Legge come il fuoco sta all’ossigeno: essa è nata quando Dio disse ad Adamo: «soltanto dall’albero della conoscenza del bene e del male tu non devi mangiare», e Kierkegaard scrisse: «questo divieto angoscia Adamo poiché il divieto sveglia in lui la possibilità della libertà». Nella misura, contro l’hybris, c’è libertà.
Oramai gli dei non più esistono, noi stessi abbiamo creato la loro tomba. Così facendo abbiamo perduto la via della nostra destinazione, l’amor fati, l’amore per il destino. Ogni tanto però, mentre passeggiamo in riva al mare oppure nelle sponde di un ruscello alpino, ci sovvien quella luce che solo gli dei emanavano, in forma nostalgica. Nostalgia di Dio, del Destino, della Tradizione, della Comunità: «la nostalgia degli dei non è un sentimento romantico che rimpiange l’età dell’oro e il mondo perduto ma è un pensiero che torna all’origine e risale alle forme, alle fonti, agli archetipi della nostra mente», scrive Marcello Veneziani in Nostalgia degli dei. Gli dei ci ricordano la misura, la paura dell’hybris. La Patria, uno degli dei di Veneziani, esiste nel confine: «i confini sono i lineamenti del volto che danno fisionomia ad una figura, un’inconfondibile identità». La Patria condanna l’hybris. È per questo che l’amor di Italia sostenuto da coloro che abbracciano l’idea cosmopolita è menzognero. Dove e cos’è l’Italia se mancano i suoi confini?
Simone Weil, in Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, rimarca questo concetto riferendosi al potere. Si può pensare ad esso considerando l’estensione delle fondamenta nel quale poggia solo fino ad un certo punto. «Esso si estende al di là di ciò che può controllare; comanda al di là di ciò che può imporre; spende al di là delle proprie risorse. Tale è la contraddizione interna che ogni regime oppressivo porta in sé come germe di morte». La fine di molti eserciti, imperi e regni si è verificata in questo modo, così può succedere con la libertà. La Weil ritorna sul concetto in La rivelazione Greca scrivendo: «L’Occidente l’ha perduta [l’abuso della forza, l’hybris] e non ha più, in nessuna delle sue lingue, una parola che la esprima; le idee di limite, di misura, di equilibrio, che dovrebbero determinare la condotta di vita, ormai hanno un impiego servile nella tecnica. Noi siamo geometrici soltanto davanti alla materia».
12 dicembre 2019