Il nazionalismo è cosa qualitativamente e ideologicamente diversa dal patriottismo, nonostante qualcuno li indichi come sinonimi per convenienza o per semplice confusione lessicale.
di Giacomo Pegoraro
Il nazionalismo si configura politicamente e socialmente in molteplici varianti. Alcuni dei movimenti politici in ascesa nel panorama politico europeo di questi ultimi anni presentano tratti comuni, in primis l’euroscetticismo, come rigurgito verso le politiche dell’Unione e come manifesto sentimento di riluttanza verso singoli Stati ritenuti rivali. Questo tipo di nazionalismo non si rifà a caratteri distintivi di uno Stato rispetto ad un altro, magari sulla base del patrimonio culturale, rilevando una semplice differenza; ma si propone di mettere gli Stati in conflitto tra loro. È animato dalla convenienza dei governanti o della classe politica che si fa rappresentante di esso. Lo storico Eric J. Hobsbawm, nel saggio Nazioni e nazionalismi dal 1780, lo definisce nazionalismo popolare nel quale la dimensione del patriottismo, come senso di devozione alla propria terra, di appartenenza ad una comunità con valori e cultura comuni, viene completamente annullata; ne vengono tuttavia utilizzati i simboli, o addirittura ne vengono inventati, per camuffare ciò che si cela sotto questo schema politico: la volontà di mettere tutti contro tutti, generando un sentimento di ferrea distinzione e superiorità nei confronti degli altri Stati-nazione, mettendo a punto un processo definito ingegneria ideologica.
Nella contemporaneità gli Stati nazione hanno visto i loro poteri notevolmente ridimensionati in ambito economico e finanziario dalla globalizzazione. L’effetto di questo indebolimento è stata la sfiducia di un’enorme fetta di elettori che ha prodotto un’importante frattura con la "tradizione politica" precedente, quella che contrappone sinistra e destra, determinando una necessaria revisione dello spettro politico.
Questa porzione di elettorato si è aggrappata a movimenti politici abilissimi a cavalcare l’onda ponendosi come spartiacque rispetto al passato semplicemente rimettendo in discussione temi comuni e condivisi nel contenuto da più parti o traguardi raggiunti nel dopoguerra e significativi in confronto ad esso. Questo ha prodotto una pericolosa messa in discussione per esempio dei diritti civili, dell’antirazzismo, del riscaldamento globale a vantaggio di politiche misogine e discriminatorie in genere, populiste e creando il mix perfetto abbracciando insieme anche sovranismo e protezionismo, rievocati come antidoto alla delocalizzazione figlia della globalizzazione.
Ciò ha portato all’elezione di Donald Trump, a quella più recente di Jair Bolsonaro e all’ascesa in Europa di partiti come quelli di Marine Le Pen, Viktor Orbán e di Alternative für Deutschland, nonché la volontà di affermazione dell’identità nazionale qual è la Brexit, catapultandoci per certi versi su ideologie a tratti similari a quelle del Ventennio.
Lo "scagliarsi contro" avanza imperturbabile nella freneticità dell’oggi che ha abbattuto i muri della democrazia, la quale richiede i tempi del confronto. È forviante ridurre la democrazia al voto a maggioranza.
Il nazionalpopulismo è una becera degenerazione del patriottismo, è egoistico fanatismo. L’amore per la Patria e ciò che essa rappresenta, così come delineato da Mazzini è tutt’altro: il patriottismo mazziniano si pone fermamente in contrasto con il nazionalpopulismo; la Patria si riconosce tra tutti coloro che credono nella libertà, nell’uguaglianza, in una parola, nella democrazia. Scrive nei Doveri dell'uomo:
« Dove non è Patria, non è Patto comune al quale possiate richiamarvi: regna solo l’egoismo degli interessi […]. La Patria non è un aggregato, è un’associazione. Non v’è dunque veramente la Patria senza un Diritto uniforme. Non v’è Patria dove l’uniformità di quel Diritto è violata dall’esistenza di caste, di privilegi, d’ineguaglianze dove l’attività d’una porzione delle forze e facoltà individuale è cancellata o assopita. »
Un altro passo significativo potrebbe essere individuato nelle Mémoires pour servir à l'Histoire du Jacobinisme di Augustin Barruel:
« Il nazionalismo prese il posto dell'amore generale... Allora fu permesso di disprezzare gli stranieri, di ingannarli e di offenderli. Questa virtù fu chiamata patriottismo. »
Quest’ultima affermazione sembrerebbe validare l’"invenzione della tradizione" di Hobsbawm e si concilierebbe con le parole emblematiche pronunciate da Emmanuel Macron l'11 novembre in occasione della celebrazione dei cent’anni dell’armistizio della Grande guerra, indicando, come Mazzini, le condizioni di esistenza della Patria:
« Il patriottismo è l’esatto contrario del nazionalismo. Il nazionalismo rappresenta il tradimento del patriottismo. Dicendo “i nostri interessi prima di tutto, degli altri non ci importa”, si cancella ciò che una nazione ha di più prezioso, ciò che la fa vivere, ciò che la porta a essere grande, ciò che è più importante: i suoi valori morali. […] Il patriottismo è l’amore dei nostri, il nazionalismo è l’odio degli altri. »
Paradossalmente a essere nazionalisti oggi, appoggiando questo modello politico, non si difende affatto la Nazione: quando si sostiene l’America First si stanno sostenendo anche le politiche ai danni degli Stati europei; quando si sostiene il governo ungherese nella non accoglienza si sta affermando "prima gli ungheresi".
Per scongiurare questa ignobile deriva, in cui ci si appella a valori "inventati", occorre che i testi come quelli mazziniani tornino a essere letti per diventare la bussola dei valori da seguire per attuare un vero motivo patriottico.
27 febbraio 2019