Il moto di un corpo celeste intorno al suo centro di rivoluzione è detto periodo o durata di rivoluzione. In migliaia di anni di storia anche all’uomo è piaciuto travestirsi da corpo celeste e rivoluzionare attorno al centro delle sue idee. La rivoluzione compiuta dall’uomo, però, ha un moto che muta rispetto al centro su cui costruisce tutto attorno; quindi non gli riesce così bene una rivoluzione costante come quella dei corpi celesti, che vorrebbe imitare. Spesso, il centro attorno al quale vuole compiere la sua rivoluzione non è ben coordinato con gli altri corpi o non è mosso dai giusti presupposti.
di Sandy Pettenuzzo
Un’intelligenza misera dichiara la rivoluzione, un’intelligenza attiva riesce a portarla a compimento. Come intelligenza intendiamo la capacità di un individuo di porsi degli obiettivi e mantenere i patti che stringe, avendo considerazione degli altri (il cosiddetto rispetto). Spesso però, usando le parole di Nicolás Gómez Dávila degli Escolios: «La stupidità è il combustibile della rivoluzione». L’intelligenza misera è propria dello stolto, che crede di volere cambiare ciò che lo circonda, in fondo, solo perché egli non ne partecipa: costui ritiene di dovere “stare in alto” come chi al momento ha più potere di lui. Dimostrazione a questo tipo di individuo è l’utilizzo di un comportamento trasgressivo o aggressivo per farsi notare da chi, appunto, “sta sopra di lui” e ammaliando, come fosse un nuovo messia, chi come lui vive con il rancore dentro. Se il rivoluzionario combatte per cambiare principalmente la sua condizione, con ciò fallirà fin da subito, inesorabilmente. Una volta ottenuti i primi consensi più vicini (con i quali, appunto, la sua condizione è già mutata) e magari arrivato in cima a quella scala a cui ambiva, lo stesso stolto rivoluzionario non avrà più nulla per cui combattere: l’invidia che provava non avrà più ragione di esistere. Egli, dall’alto del piedistallo in cui si troverà, non vedrà più il suo riflesso di uomo sofferente e compirà gli stessi errori che lo avevano infervorato. Così, spesso: «Ogni rivoluzione aggrava i mali contro di cui si solleva» (ivi). Ogni rivoluzione, vittoriosa solo agli occhi di chi è stato portato a credere di ottenere la stessa potenza di quello che ha proposto il programma rivoluzionario, fallisce, perché il rivoluzionario assume potere, senza essere guidato dalle virtù che magari proclama, ma spinto dal cambiare la sua condizione per ottenere più privilegi. «Le teorie rivoluzionarie violano la storia senza ingravidarla» (ivi), perché generano nuovi mali, travestiti da bene. «Incapaci di plasmare i fatti secondo i loro propositi, tali teorie sono ostetriche stupefatte di gravidanze attribuibili a padri più truffatori che furbi».
Emblematica, ed enigmatica, sarà sempre la figura di Robespierre: utopista, dittatore e sanguinario. Rivoluzionario per eccellenza, se permettiamo ancora a questo sostantivo di comprendere dentro di sé anche chi, come lui, contraddice i princìpi del buon rivoluzionario, buono perché dotato d’intelligenza. Maximilien de Robespierre nacque ad Arras il 6 maggio del 1758, in una famiglia borghese non troppo serena e felice. Appassionato dei classici greci e latini, era attratto dalla storia della Repubblica romana. Puntava al raggiungimento di una Francia perfetta nella sua virtù, quindi mirava al cambiamento della condizione dello Stato con uno schema che lo avrebbe reso più potente (quello della Repubblica romana). Gli bastò poco tempo perché la passione repubblicana si trasformasse in una caccia a chiunque si opponesse al suo disegno. Da avvocato, si gettò nella battaglia politica a difesa delle azioni popolari; nonostante le posizioni estreme ottenne grande fama. Si radicalizzò sempre più. Una delle sue frasi più celebri: «Nessuna libertà per i nemici della libertà» riassume le sue violenze contro i nemici della sua rivoluzione fuori da ogni costituzione. Sotto il suo regime le prigioni si riempirono, i tribunali e la ghigliottina lavorarono senza sosta: da 300 mila a 500 mila furono gli arrestati in tutto il periodo del Terrore.
Il culmine delle rivoluzioni di questo tipo consiste nel promuovere la politica del Terrore per ottenere la libertà. Questi uomini giustificano la violenza applicata per creare il confronto tra pari, con la tanto agognata libertà che hanno ottenuto sterminando parte della loro società. Pare subito ridicolo cercare di creare un confronto dopo tanta violenza, banalmente proprio perché chi ora potrà parlare starà bene attento a predicare come gli altri vogliono che egli faccia: altrimenti cosa avrebbero da perdere nell’eliminare anche lui? Un cadavere in più o un cadavere in meno, non cambierà molto in un bilancio che riguarda migliaia di vittime. Tutto ciò è un susseguirsi di teste tagliate: allora vediamo che l’unica libertà che voleva il nostro rivoluzionario era non molto più della possibilità di sbarazzarsi di chi voleva. Il rivoluzionario crede e si veste d’iniziativa positiva, come ad esempio portare l’uguaglianza universale, ma così come l’abito non fa il monaco, quel sedicente rivoluzionario non fa l’uguaglianza universale. Traccia il solco già percorso da coloro contro cui ha fatto la “rivoluzione”.
Già nel 60 a.C. circa, Tito Lucrezio Caro anticipava tale ragionamento, scrivendo infatti nei primi versi (9-14) del secondo capitolo del De Rerum Naturae, che gli uomini d’intelligenza misera ricercano solo il potere:
« tu possa abbassare lo sguardo sugli altri e vederli errare smarriti cercando qua e là il sentiero della vita, gareggiare d’ingegno, competere per nobiltà di sangue, e sforzarsi giorno e notte con straordinaria fatica di giungere a eccelsa opulenza e d’impadronirsi del potere. »
Ma non crediamo che ciò valga solo per le rivoluzioni politiche in larga scala o che coinvolga solo i personaggi che ritroviamo tra le pagine di storia o tra le cronache insanguinate dei nostri giorni.
Lo stesso adolescente, che si ribella ai genitori perché si sente ingabbiato e non compreso, è solo un rivoluzionario preso dall’euforia: scappa dalle conversazioni, fa il contrario di ciò che di giusto dovrebbe fare e crede di avere in pugno tutte le risposte di cui ha bisogno. Questo ragazzo, “rivoluzionario in casa”, avrebbe solamente bisogno di essere ascoltato o di farsi ascoltare. Tutti gli uomini di cui abbiamo parlato finora avrebbero bisogno di intrattenere una conversazione con chi sopra di loro è disposto a cambiare le cose, in caso gli fossero fatte presenti le giuste modificazioni.
Al contrario, un’intelligenza prospera e attiva attua il cambiamento e opera per cambiare ciò di cui si lamenta, rispettando le leggi cui sottostà. L’uomo consapevole, cosciente di ciò che vuole, saprà mostrare in modo valido il suo piano e chi gli sta intorno, non potrà fare altro che assecondare la brillante innovazione che ha sfornato, senza violenza, imposizioni e desideri di potere camuffati come bene comune.
2 gennaio 2019
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