La posizione della musica nel sistema delle arti hegeliano risulta particolare, con una tendenza di sviluppo autonomo che la allontana dall’opera d’arte nel senso inteso da Hegel – cioè portatrice di significato – e una tendenza di sviluppo concettuale che la fa certo procedere verso significati più alti, col sacrificio però di se stessa e col graduale passaggio alla poesia.
Nell’introduzione all’Estetica – quando Hegel tratta delle suddivisioni presenti nello sviluppo artistico – viene ricordato come, nel procedere dell’arte,
« questo sviluppo stesso è uno sviluppo spirituale ed universale, in quanto la successione di determinate concezioni del mondo si configura artisticamente come successione della coscienza determinata, ma comprensiva, del naturale, dell’umano e del divino. »
Un procedere che si esprime dunque secondo differenti forme sensibili – le arti particolari –, ma che non è qualcosa di irrazionale o vuoto, bensì esprimente ciò che è significativo, sostanziale in una determinata epoca. Una riflessione da cui neppure la forma musicale può sfuggire, la quale, oltre a esser analizzata nella sua specificità, va dunque compresa nel modo in cui essa si inserisce nel procedere concettuale dell’arte .
E tuttavia, la musica, per Hegel, sembra mostrare una peculiarità che rende problematico il suo rapporto con l’ambito concettuale. Da un lato, infatti, sembra che l’artista di questo ambito raggiunga il suo apice quando, nelle sue composizioni,
« l’interiorità relativamente formale, il puro risuonare ed il suo immergersi nel contenuto diviene, invece che un’immagine rivolta all’esterno, piuttosto un ritorno nella propria libertà dell’interno, un perdersi di sé in se stesso, ed in molti campi della musica addirittura un accertamento che egli come artista è libero dal contenuto. »
Cioè, nel momento in cui l’espressione musicale è puramente, esclusivamente musicale – non appoggiandosi a qualcos’altro che espliciti un significato, come il testo può fare –, essa raggiunge il suo apice a livello di esecuzione e nell’esprimere una «libertà interna senza vincoli».
Dall’altro lato, però, compito dell’opera d’arte è esprimere sensibilmente un determinato contenuto, come già accennato in precedenza. Se la musica può effettivamente più di ogni altra arte liberarsi da un determinato significato, puntando addirittura al piacere del virtuosismo tecnico in sé, il problema è che
« allora la musica resta vuota, senza significato, e non la si può ancora propriamente considerare come arte, giacché le manca uno dei lati principali di ogni arte: il contenuto spirituale e l’espressione. »
L’espressione di un significato è dunque importante e, se nel puro elemento musicale si può raggiungere al massimo l’espressione del sentimento indeterminato, grazie all’aggiunta di un testo – e dunque al trasformare la musica da autonoma a d’accompagnamento – si può puntare a concretizzare e sviluppare maggiormente una determinata espressione spirituale. Ma più il contenuto si sviluppa nella sua complessità, più esso prende spazio nell’opera e meno spazio è presente alla musica per il suo sviluppo – più dunque essa diventa subordinata. Una situazione ben esposta all’inizio del capitolo terzo della terza parte, dedicato al passaggio dalla musica alla poesia:
« La musica, a causa della sua unilateralità, deve chiamare in aiuto l’indicazione più precisa della parola, richiedendo, per legarsi più saldamente alla particolarità e alla espressione caratteristica del contenuto, un testo che solo offre il preciso compimento per il soggettivo che si effonde nei suoni. Con questa espressione di rappresentazioni e sentimenti l’interiorità astratta della musica si eleva, sì, ad un’esplicazione più chiara e più solida; ma ciò che essa viene a sviluppare, da una parte non è il lato della rappresentazione e della forma artistica di questa, bensì solo l’interiorità accompagnatrice come tale, e dall’altra la musica si scioglie in genere dalla associazione con la parola per muoversi senza impedimenti nella cerchia a lei propria dei suoni. Perciò il regno della rappresentazione, la quale non si arresta alla interiorità relativamente astratta come tale, ma si configura il proprio mondo come una realtà concreta, si separa anch’esso dalla musica e si dà per sé nella poesia un’esistenza artistica. »
Insomma, entrambi i lati sono certamente percorribili per la realtà musicale, che può essere, come afferma Gillo Dorfles, «vera e propria trasmettitrice di concetti» o svilupparsi come «pura espressività di immagini sonore, senza alcuna volontà significativa». La prima strada, che segue i binari dello sviluppo artistico, porta al dissolvimento della musica; l’altra la direziona al suo pieno sviluppo, deragliando però rispetto al percorso che l’arte segue.
Approfondendo l’ambito dell’arte autonoma, Hegel evidenzia come essa interessi soprattutto a chi è intenditore di questo ambito, il quale «ama la musica strumentale nell’uso artistico che essa fa delle armonie, degli intrecci melodici e delle forme alternantisi», mentre il profano ama soprattutto il contenuto che viene espresso in forma musicale. La passione cioè per la virtuosità tecnica riguarda una cerchia ristretta di persone, ma non può raggiungere un ampio pubblico, non trattando ciò che è significativo e sostanziale e dunque di valore per l’uomo in sé. Non bisogna, tuttavia, pensare che la musica strumentale si adagi esclusivamente sulla passione per l’abilità tecnica senza contenuto. Lo stesso Hegel evidenzia come il significato possa esser presente tramite il procedere di suoni, per quanto ciò lo tenga inevitabilmente in un ambito di maggiore indeterminatezza. Potrà dunque una certa opera esprimere un sentimento di allegria, ma, senza ulteriori specificazioni, esso rimarrà generico, senza esser collocato in un contesto, in un determinato evento. Ciò non toglie che l’ascoltatore stesso possa concretizzare quell’indeterminatezza in situazioni particolari, derivanti dalla propria soggettività. Dorfles lo evidenzia, affermando come,
« in effetti, la musica è forse l’unica forma artistica la cui capacità associativa sia inesausta e inesauribile; la cui capacità di legarsi a condizionamenti vuoi patetici vuoi sensoriali, vuoi delle più astratte motivazioni sia infinita. » (G. Dorfles, Il divenire delle arti)
Ma tale risultato è «rappresentazione ed intuizione nostra, a cui l’opera musicale ha dato certamente l’avvio, ma che però il suono non ha prodotto immediatamente con il suo trattamento musicale stesso». Vi è un lavoro soggettivo di significazione, non già contenuto nell’opera.
Può dall’altro lato avvenire che invece l’autore, pur producendo un’opera strumentale, abbia voluto comunque associarla ad un determinato avvenimento. È il caso della sinfonia n°7 di Šostakovič, dove il procedere musicale si riallaccia all’avvenimento dell’invasione nazista che colpì l’Unione sovietica nel 1941, oltre ad essere una denuncia in generale delle crudeltà della guerra. Certamente, il richiamarsi a una certa determinazione del sentimento, altrimenti indeterminato, espresso dall’opera rafforza quel sentimento stesso – detto più precisamente: il pensare concettualmente un avvenimento carico di significati tragici, quale l’invasione nazista, rafforza il coinvolgimento sentimentale causato dalla musica dai toni tragici. A muovere veramente l’animo è una concretezza significativa, non l’astrattezza musicale («il coraggio non nasce semplicemente dal suono della tromba e il rullo dei tamburi»). E tuttavia, in questa situazione, ci si sta già richiamando a qualcosa di esterno alla musica – non nel senso di apposto poi, essendosi la musica sviluppata in relazione a quel significato, ma di non musicale. Inevitabilmente, più si concretizza quanto si vuole trasmettere, più la musica non è più autonoma e man mano perde la sua centralità.
Passando alla musica d’accompagnamento, è interessante notare con qualche esempio il rapporto fra testo e parte strumentale. Nella canzone Almirante al Cantagallo del Canzoniere delle lame, il motivetto allegro e burlesco si associa ad un testo che determina il significato in modo preciso: nell’estate del ’73, Giorgio Almirante, storico segretario dell’MSI, al ritorno da un comizio, si ferma al Mottagrill di Cantagallo e i camerieri decidono di non servirlo in quanto antifascisti (lo stesso poi avverrà con un benzinaio della zona). Si veda la parte centrale del testo:
L'altro giorno sull'autostrada
sul versante che porta a Bologna
viaggiava un topo di fogna
affamato voleva mangiar
Arrivato che fu al Cantagallo
ha di fronte un bel ristorante
meno male pensava Almirante
così almeno potremo mangiar
Tutti fermi le braccia incrociate
non si muove nessun cameriere
niente pranzo per camicie nere
a digiuno dovranno restar
Torna in macchina il boia Almirante
e si appresta a fare benzina
ci dispiace quest'auto è missina
e cominciano a scioperar
Questa storia esemplare è finita
ma rimane nella mente e nel cuore
di chi lotta contro i fascisti
con i fatti e non a parole
L'altro giorno sull'autostrada
sul versante che porta a Bologna
viaggiava un topo di fogna
a digiuno dovette restar.
È vero che il testo specifica quanto la musica, da sé sola, non potrebbe dire. Resta però un problema: il testo stesso richiama ad altri concetti non spiegati. Chi è Almirante e perché sarebbe un “boia”? Come mai c’è questa situazione di scontro così forte fra differenti realtà politiche? In che contesto storico ci si colloca? In generale ci sono cioè questioni che richiamano inevitabilmente ad altro. Se si volesse avere un quadro esplicativo chiaro, allora l’ambito musicale – ma artistico in generale – dovrebbe lasciar spazio al puro concetto. E più l’ambito concettuale si definisce, più l’espressione musicale d’accompagnamento diventa subordinata. Per questo Hegel sottolinea che il testo, per quanto richiede un significato non banale, dall’altro lato «non deve essere a sua volta troppo concettuale e filosoficamente profondo». Più esso è approfondito, più è specifico, e più la musica deve diminuire la sua presenza per poter ancora entrare in armonia col testo. Si pensi al rap che, a fronte della sua potenzialità a livello concettuale ed esplicativo, si presenta con una base musicale semplice e, se presa a sé stante, monotona nella maggior parte dei casi (ma anche Almirante al Cantagallo non è certamente una canzone con una struttura musicale estremamente varia ed elaborata o ricca di virtuosismi).
Un caso particolare, poi, sull’ambito della musica d’accompagnamento, è l’album concettuale. La possibilità dunque di esplicitare un significato tramite il relazionarsi di più opere musicali, le quali si comprendono al meglio solo nella loro unità. Un’opera di tal genere permette certamente di arricchire l’espressione artistica, passando fra differenti stati d’animo, eventi e significati. Si pensi all’album Storia di un impiegato di De André, relativa ad un impiegato che, di fronte ad una canzone del Maggio Francese, decide di ribellarsi alla società, pur rimanendo in un’ottica individualista. Dall’iniziale moto di ribellione e dal sogno in cui si evidenzia l’interesse a far saltare il potere costituito e l’ipocrisia della vita borghese, si passa all’effettivo attentato, fino al carcere e alla comprensione di dover attuare una lotta comune e non in solitario. La riflessione è certamente parecchio sviluppata, senza con ciò eliminare l’apparato musicale, che ha una presenza non trascurabile nel rinforzare il coinvolgimento soggettivo dell’ascoltatore (non è cioè una semplice aggiunta al testo). Eppure, anche in tal caso, inevitabilmente i significati trasmessi saranno di una certa oscurità per chi non conosce il periodo del Sessantotto e i successivi anni Settanta, con gli scontri politici, la critica all’ideologia borghese, le realtà anarchico-individualiste e il resto degli eventi a cui l’album si richiama.
Insomma, anche se accompagnata da un’esplicazione testuale, la musica non si trova in una situazione pacifica, perché proprio la maggior concettualizzazione rischia di minarla alla base. Eppure, come già detto, se vuole svilupparsi nella sua pura autonomia, la mancanza di contenuto la impoverisce nel procedere artistico. Senza con ciò voler eliminare la musica autonoma, ma mostrando semplicemente come essa possa creare interesse solo per chi di musica se ne intenda professionalmente. Una musica certamente aperta alla bravura soggettiva, all’espressione di massima libertà del compositore, ma proprio per questo, da un certo lato, povera .
La posizione della musica nel sistema delle arti hegeliano, a parer mio, risulta così peculiare, con una tendenza di sviluppo autonomo che la allontana dall’opera d’arte nel senso inteso da Hegel – cioè portatrice di significato – e una tendenza di sviluppo concettuale che la fa certo procedere verso significati più alti, col sacrificio però di se stessa e col graduale passaggio alla poesia. Una situazione instabile, che tuttavia non toglie il valore che la musica ha in sé, con la sua capacità di coinvolgimento soggettivo e di apertura all’interiorità – grazie anche al superamento insito in essa della dimensione spaziale ed esterna.
8 luglio 2019
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