Dietro le buone intenzioni

 

Ogni azione è mossa da un’intenzione, e dietro ogni intenzione si cela qualcosa di molto più grande: a volte una meraviglia, altre una catastrofe. 

 

di Simone Basso

 

William Turner, "Il lago d'Averno, Enea e la Sibilla Cumana" (1798)
William Turner, "Il lago d'Averno, Enea e la Sibilla Cumana" (1798)

 

Il flusso ininterrotto del pensiero, che accompagna ogni momento della vita, elabora per ogni atto che ci si prepara a compiere, una costante serie di proiezioni mentali che cercano di prevedere quali siano le conseguenze che scaturiranno dall'esecuzione di quel gesto; il pensiero immagina il possibile nuovo modo di mostrarsi del mondo che ne deriverebbe. Poi si agisce (oppure no, ma questo non mette in discussione l'elaborazione di quella costruzione mentale ipotetica che avviene in ogni caso). A questo punto può succedere che, in seguito all’esecuzione dell'atto, si osservino ripercussioni inaspettate. L’imprevisto, l’inatteso sono gli indicatori di uno scostamento tra l’immaginario che ci si era costruiti su come le cose dovessero andare e lo scenario di fronte al quale ci si trova. Questa mancata corrispondenza, tra ciò che ci si aspettava e l'osservazione della realtà, introduce alla distinzione – fondamentale in ogni discussione in cui ci si confronta su quale sia il modo migliore di agire – tra intenzioni ed azioni.

 

La famosa espressione recita: « la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni ». A questa affermazione possono essere attribuiti due significati. Il primo pone l’accento sulla differenza tra le intenzioni e le azioni; ciò che si intende sottolineare in questo caso è che ad avere importanza non è quello che si dice di voler fare o di voler perseguire ma come concretamente si agisce ovvero le azioni, le opere che si vanno a realizzare con i propri comportamenti. Il secondo modo di intendere la frase è quello volto a porre l’attenzione sul fatto che anche un’azione compiuta con le “migliori intenzioni” può portare conseguenze negative. Da ogni azione scaturiscono infatti talmente tante conseguenze accompagnate da molteplici risvolti che per il singolo individuo sono impossibili da prevedere completamente. Per questa ragione dietro un’azione mossa da una buona intenzione possono derivare anche gli effetti più nefasti. Posto che: volendo agire in maniera giusta tali effetti imprevisti siano indesiderati, ne deriva che essi rappresentino le ripercussioni che, avendolo saputo precedentemente, non si sarebbero volute o si sarebbe cercato di evitare che si realizzassero. È dunque vero che nella valutazione di quale sia la scelta migliore non può essere escluso il lavoro di previsione degli effetti che deriveranno da essa. Tale previsione necessita quindi di essere tanto più completa quanto più decisiva e importante è la questione.

 

Sembra essere corretta l’accusa di chi denuncia l’insufficienza delle buone intenzioni al fine di compiere il bene. Giacché anche agendo avendo come proposito quello di fare del bene, qualora ciò fosse accompagnato da una previsione errata o molto limitata delle conseguenze delle proprie azioni, i risultati potrebbero rivelarsi decisamente indesiderati. 

 

Un esempio ci arriva dalle importanti conseguenze del metodo educativo. Difatti anche avendo come "buona" intenzione quella di educare un bambino a non agire in un determinato modo perché sbagliato e ingiusto (per esempio rubando la merenda a un suo compagno di scuola), quell’insegnamento risulterebbe infruttifero e addirittura dannoso quando impartito attraverso una cieca punizione incapace di mettere il bambino nelle condizioni di comprendere il perché e le ragioni per cui quel comportamento non dev’essere tenuto. Un’educazione violenta quindi, che pur venendo perseguita con l’intenzione di far comportare bene il fanciullo, potrebbe arrecare, con tale metodo repressivo, delle conseguenze drammatiche sulla personalità e sul suo carattere. 

 

Tutte le conseguenze delle nostre azioni sono inevitabili, la componente oggettiva delle relazioni di cui la realtà si compone non prende in considerazione i buoni propositi di cui ci si era riempiti, non consente loro mediazioni. Con forza e necessità la realtà relazionale del mondo cui siamo partecipi si impone sull’errata percezione che di esso avevamo, facendo derivare da ogni nostra scelta, tutte le ripercussioni inevitabili che ne conseguono, anche le più dure e drammatiche. Troppo spesso le buone intenzioni vengono addotte a giustificazioni di un agire non sufficientemente conscio di ciò che esso stesso avrebbe comportato.

 

Di seguito a tali constatazioni, non può essere dimenticato il ruolo fondamentale che le intenzioni rivestono, siano esse mera espressione di scomposte aspirazioni, siano esse il compimento devastante di una scarsa consapevolezza delle conseguenze dei propri stessi tentativi di realizzazione. Da dove cominciare il percorso di concretizzazione di ciò che si persegue, se non appunto dalla condivisione delle “intenzioni” verso cui si muove, e quindi, dal riconoscimento dei loro limiti? Se difatti, come si è fatto notare, le buone intenzioni – specialmente quando semplificate e astrattamente rivendicate – tendono a nascondere capziosamente molta parte delle problematiche e degli errori che si compiono quotidianamente, dall’altra costituiscono il primo passo inevitabile e necessario verso ciò che di meglio si vuole realizzare. Seguendo l’esempio proposto in precedenza l’intenzione di “educare” con una maldestra e miope punizione può essere giudicata migliore di quell’intenzione che non si pone nemmeno l’obiettivo di segnalare l’errore compiuto, e allo stesso tempo peggiore dell’intenzione di educare che già comprende quali siano le modalità più adatte per farlo.

 

Riconosciuta l’imprescindibile funzione che le intenzioni rivestono, sarebbe quindi più auspicabile concentrarsi nel deviare la strada su cui si cammina, dalla direzione che conduce all’inferno, invece che, come suggerisce la postmodernità, smettere con ignavia di lastricare qualunque via.

 

10 maggio 2019

 








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