Vorrei ma non posto. Note sulla felicità estiva e social

 

Giugno, luglio e agosto sono tre mesi che offrono moltissime occasioni di divertimento. Le vacanze dai tre mesi di uno studente ad una sola settimana per chi non può concedersi altro. Tuttavia, una generalità è pensare che in questo periodo ci si possa divertire molto di più che nel resto dell’anno. Si esce spesso: una cena con vecchi amici, gite fuori porta al weekend, grandi pranzi della domenica sotto un portico al riparo dal sole. Giugno, luglio, agosto, settembre sono un limbo da cui ricavarsi il proprio spazio per sentirsi invincibili. Immaginiamoci dalle 18 alle 20 mentre si sorseggia un aperitivo al chiosco in riva alla spiaggia: nulla potrebbe farci crollare. Alla fine del limbo cala il sipario sull'estate e, con esso, inizia il nuovo anno lavorativo: tramonta il sole molto prima, l’aperitivo diventa man mano più malinconico e forse non si è più così invincibili. Cosa ne sarà rimasto delle risate dei mesi precedenti? Forse qualche storia Instagram o, per gli amanti del cartaceo, una polaroid difficilmente messa a fuoco. Non a caso, estate sono gli emozionanti e focosi ricordi che vogliamo incasellare nella nostra mente; infatti deriva dal latino aestas: calore bruciante.

 

di Sandy Pettenuzzo

 

 

Oggi giorno abbiamo a disposizione qualsiasi strumento tecnologico con una memoria interna; quest’ultima diventa la nostra memoria esterna dove, quasi automaticamente, salviamo e archiviamo ciò che non vogliamo dimenticare: impegni, appuntamenti e ricordi personali. Non enumerabile la quantità di storie in evidenza sull’estate, che rimarranno salvate nei profili Instagram di migliaia di persone. Rimarranno come fosse necessario siano sempre pronte per essere riviste e, magari, anche un po’ per esibirsi agli occhi degli altri nella nostra bellezza e popolarità e per quanto furono wow le nostre vacanze.

 

Pur essendoci nel mondo social una gran puzza di esibizionismo, conviviamo già con centinaia di gigabyte di memoria salvati al di fuori di noi. Ed è un processo inarrestabile. Tra non molto potrebbe diventare una vera mania riempirsi di multimedia sui momenti vissuti. A quel punto saranno ancora momenti vissuti? O a vivere quegli istanti è la paura di non volerli perdere e dimenticare? Non c’è mai stato un momento in cui l’umanità non volesse archiviare degli istanti e delle emozioni. Scrittura, fotografia e musica furono usate anch’esse per la stessa voglia di continuare a far rivivere dei trascorsi. Non è esclusivamente per colpa dell’avvento dei social o di Instagram che si pone il dilemma trattato: dare più importanza all’esteriorità formale piuttosto che alla pienezza del vissuto dal vero. Riguardo ai social possiamo solamente iniziare a levigare l’usanza di registrare e salvare in archivio. Possiamo gestire la voglia ininterrotta di avere una memoria esterna a noi come salvagente, perché è questa ciò di cui ci si deve rendere conto. Usare dell’oggettistica per salvarsi dalla paura di poter rimanere senza ricordi, che ripescandoli daranno un’infondata sicurezza nel futuro, rivela l’insoddisfazione stessa vissuta in quel momento. Lì, sarà stato più importante pensare di “portarsi a casa” quel pezzo di vita piuttosto che goderselo fino alla fine, che tanto poi “portandolo” a casa non sarà e non potrà mai essere com’era stato. Se si chiama passato ci sarà un motivo.

 

Vorrei ma non posto è il titolo di una hit estiva del 2017. Tra le leggerezze cantate da Fedez e J-ax si sentono rime che fanno al caso di questo discorso:

 

« E poi, lo sai, non c'è
Un senso a questo tempo che non dà
Il giusto peso a quello che viviamo
Ogni ricordo è più importante condividerlo
Che viverlo
Vorrei ma non posto [...]

Tutto questo sbattimento per far foto al tramonto

Che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo »

 

 

Chissà come sarebbe vivere senza sentire il bisogno di archiviare attimi, vivere senza preoccuparsi che se dimenticassimo ci sentiremmo vuoti. Temiamo di rimanere senza nulla nel nostro bagaglio? Per estremizzare e capire l’inutilità di questi atteggiamenti, basta pensare che tanto non ce ne faremo nulla del nostro bagaglio pieno di passato, alla fine dei nostri giorni. Lo evidenzia Y.N. Harari in Sapiens:

 

« Se il pianeta Terra dovesse scoppiare domani mattina, l’universo probabilmente andrebbe avanti nel suo funzionamento come al solito […] Per cui qualsiasi significato che possiamo assegnare alle nostre vite è semplicemente un’ illusione. » 

 

È qui che ci inceppa il meccanismo: che la nostra paura di non ricordare sia la paura stessa di morire?

 

« Per gli uomini di scienza, la morte non è un destino inevitabile, costituisce semplicemente un problema tecnico [...] Il progetto di punta della Rivoluzione scientifica è di dare all’umanità una vita eterna. » 

 

Solo il giorno in cui saremo immortali, avere incasellato sprazzi di vita ci gioverebbe, e per lo stesso motivo sarebbe perfetto che il mondo fosse come l’ultima puntata della prima stagione di Black Mirror. In quell’episodio, i personaggi hanno un grain impiantato dietro l’orecchio, che registra tutto ciò che si fa, vede o sente. Il dispositivo consente la riproduzione davanti agli occhi del proprietario o sotto forma di video. Questo oggi sarebbe esattamente il nostro sogno! … Spiacente ma la puntata s’intitola Ricordi pericolosi e, proprio a causa di questi, il protagonista per il tormento si toglierà la vita.

 

La morte è ciò che più d’ignoto ci possa essere. Tuttavia, non è essa stessa a distruggerci nel tormento, ma la sua immagine. Se fossimo abituati a immaginarla come un semplice episodio di passaggio, non avremmo alcuna angoscia. Al contrario, la temiamo e ci ripariamo da essa con uno scudo d’immagini trascorse, che ci fecero stare sereni, come fossero un cuscino ammortizzatore durante lo schianto. Le storie Instagram non salveranno il mondo.

 

Ancora il saggio di Harari ci fornisce degli spunti da meditare:

 

« l’enorme miglioramento delle condizioni materiali avvenuto nel corso degli ultimi due secoli è stato controbilanciato dal crollo della famiglia e della comunità [...] Persino la libertà potrebbe lavorare contro di noi [...] Dato che l’individuo esercita un potere senza precedenti nel decidere il corso della propria vita, è sempre più difficile assumersi responsabilità. » 

 

Ecco come viene ribadito, quanto essere pieni di confort materiali ci faccia vivere nell’illusorietà di vivere appieno, quando invece siamo una società che camuffa l’insoddisfazione della realtà. Ed ora la chiave di volta:

 

«La felicità non è prevalenza di momenti piacevoli rispetto a quelli spiacevoli», come invece è dimostrabile noi facciamo, «essa consiste piuttosto nel percepire la propria esistenza nella sua interezza come qualcosa di importante e valido».

 

 

Questo scatto dai colori vividi arriva dalla Puglia, nel lontano 1978 dalla maestria del fotografo Franco Fontana. Come detto finora, questa foto non ha il potere (e conoscendo l’artista nemmeno l’intenzione) di rubare l’essenza del momento, e nemmeno fu scattata per avere una foto in più “ e dormire sereni”. Franco Fontana ci dice:

 

« Lo spazio non è ciò che contiene la cosa. Tutto ciò che ci circonda può venire ripreso per essere testimoniato con più significato. »

 

Ciò che conta di più è quanto valore poni nel momento: solo così potrà diventare un buon indumento da sfoggiare, proveniente dal tuo bagaglio, e, come dice Fontana, indossabile con ancora più significato.  

 

20 settembre 2019

 




DELLA STESSA AUTRICE

L'uomo è il più ribelle tra tutti i corpi celesti

 

SULLO STESSO TEMA

A.G. Pilotto, Una vita in vacanza






  • Canale Telegram: t.me/gazzettafilosofica