Ancora una volta: sull’utilità (o inutilità) della filosofia

 

Ci si chiede spesso a cosa serva la filosofia, e molte risposte, più o meno convincenti, si sono date a questa domanda. Ma spesso ci si trova in imbarazzo a giustificare per quale motivo la filosofia meriti ancora di essere studiata e amata; perché la filosofia è utile?

 

di Giovanni Scattolin, SFI Treviso

 

El Greco, "Laocoonte" (1610-1614)
El Greco, "Laocoonte" (1610-1614)

 

Posso immaginare, nell’accingermi a svolgere le considerazioni seguenti, un moto di insofferenza nel lettore, specialmente in coloro che frequentano da tempo la filosofia e hanno familiarità con essa: come? Volete ancora infilarvi in questo ginepraio e provare a esibire davanti ai nostri occhi le immani ricchezze spirituali che custodisce per noi il sapere filosofico? O, magari, tentare l’ennesima capriola dialettica per dimostrarci come sì, la filosofia sia effettivamente inutile, ma che proprio in questo, chissà come, risieda il suo valore? Meglio risparmiare il fiato, tanto più che, con ogni probabilità, mi rivolgo ad un pubblico che già guarda con favore alla filosofia. Per chi cerca una difesa della filosofia di questo tipo, potrà trovarla nel bel saggio di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile (Bompiani, Milano 2013), nel quale tutto ciò che si può dire su questo punto è già stato argomentato con grande passione. Ma voglio rassicurare il lettore: cercherò qui di svolgere una breve riflessione partendo da un assunto un po’ diverso.

 

L’osservazione che vorrei innanzitutto fare è questa: non viviamo forse in un mondo in cui il pensiero, tra le capacità umane, detiene la più alta considerazione? Non è forse vero che il nostro stesso modo di vivere è governato da pensieri? Non mi riferisco a nulla di particolarmente “metafisico”, quanto piuttosto a esperienze che sono comuni a tutti: quando stiamo male, ci rivolgiamo ad un medico, quando vogliamo costruire un edificio, effettuiamo delle misurazioni e facciamo dei progetti, quando avviene un contenzioso, deferiamo il nostro problema ad un giudice o ad un’autorità stabilita dalla legge. Le nozioni della medicina e della chimica, della matematica e dell’ingegneria, della legge e della morale comune, non sono forse pensieri? Credo di non affermare nulla di controverso se dico che nessuno ha imparato tutte queste cose, nemmeno per quanto riguarda la loro applicazione pratica, con l’intuizione, con la semplice esperienza personale. Se così fosse, ciascuno di noi dovrebbe dedurre da capo l’intera cattedrale concettuale della matematica ogni volta che volessimo compiere un calcolo di una certa complessità. Ciò nondimeno, l’indagine che per secoli si è occupata proprio di questo, del pensiero, viene ritenuta astrusa e, infine, inutile.

 

Proprio per questo alla domanda, raramente espressa in termini espliciti, ma sempre tacitamente rivolta ai filosofi, che chiede a che cosa effettivamente serva la filosofia, non bisogna dare risposte evasive o eccessivamente "edificanti", ma poco convincenti. La tentazione più antica della filosofia, dobbiamo ammetterlo, è quella di guardare dall'alto in basso tutto ciò che ha a che fare con l'utilità, con l'effettualità, con la ricchezza materiale del mondo quotidiano, se così possiamo dire, alla quale la maggior parte degli uomini tributano così grande rispetto. Ma la domanda sull'utilità di un certo sapere, e di un certo modo di vivere, deve essere legittima soprattutto per i filosofi. 

 

Gustave Doré, "L’enigma" (1871)
Gustave Doré, "L’enigma" (1871)

 

La filosofia, come tutte le cose che nel corso della storia umana hanno saputo farsi amare e coltivare, ha di certo un'utilità, che non consiste solo nell'imparare a pensare logicamente o nel civettare con perle di saggezza rimediate chissà dove, ma nel vedere nel pensiero una vera e propria potenza capace di plasmare la vita umana. Ciò chiunque lo può notare a partire dal significato stesso del termine utilità: questa parola può essere un imbarazzo solo per chi si fermi al suono e non pensi a cosa si nasconde dietro di essa. Proprio la filosofia può mostrare ciò che è veramente utile, e suscitare una giusta diffidenza verso quell'attitudine quasi poliziesca che pretende da ogni cosa un'utilità immediata, grezza, spendibile e quantificabile, e in altre parole, verso chi, anche nelle cose più difficili e belle, pensa solo ad un misero guadagno “in spiccioli”.

 

Per fare un esempio concreto di questo effetto benefico che la filosofia può e deve avere nel suo esercizio, pensiamo al suo insegnamento nelle scuole. È assai curioso notare come, non di rado, persino coloro che insegnano filosofia ai ragazzi e che, quindi, dovrebbero avere una qualche idea del valore e della forza della disciplina che insegnano, quando si tratta di far capire perché bisognerebbe studiare la filosofia, siano tendenzialmente sulla difensiva, come se dessero per scontato che il loro uditorio non potrà avere alcun vero interesse per la materia. Proprio in questi casi intervengono gli elogi “eterei” della filosofia, le difese che rimandano a vantaggi nebulosi e ad attrattive spirituali tutto sommato prive di sostanza, di corpo, di determinatezza. Come se un pensiero per sua costituzione critico  capace di spezzare l’inamovibile ovvietà della vita inerziale e abitudinaria, di insegnare strade nuove e modi alternativi di guardare a tutte le esperienze che facciamo, persino a ciò che è di solito ritenuto “disordine” e “anormalità”  non possa interessare ad un adolescente! Vale la pena di ricordare qui un'osservazione di Gilles Deleuze e Felix Guattari:

 

« L'arte, la scienza, la filosofia esigono di più [ndr. del semplice discutere e confrontarsi]: esse costituiscono dei piani sul caos. Queste tre discipline non sono come le religioni che invocano delle dinastie di dèi o l'epifania di un solo dio per dipingere sull'ombrello un firmamento, come le figure di una Urdoxa da cui deriverebbero le nostre opinioni. La filosofia, la scienza e l'arte vogliono che noi strappiamo il firmamento e ci addentriamo nel caos. » (G. Deleuze, F. Guattari, Che cos’è la filosofia?)

 

Ovviamente, e fortunatamente, non è sempre questa la situazione. Ma noi ci troviamo in un tempo in cui la verità (o le verità) a cui la filosofia dà voce, trova orecchie sempre più sorde; mai come oggi la filosofia rischia di ridursi ad un mero ornamento culturale, ad una litania il cui vero senso rimane indecifrabile, non più riconducibile alla vita umana. Il capo chino e la timidezza di chi elemosina non si addicono ai filosofi, che invece, proprio perché hanno certezza della potenza del pensiero, devono ora più che mai affermare che, per quanto ridicolo possa suonare, la filosofia è utile.

 

Concludo questo breve contributo con un piccolo invito al lettore. La sezione di Treviso della Società Filosofica Italiana, con cui collaboro, ha celebrato la Giornata Mondiale della Filosofia del 19 novembre scorso provando a dare voce ad un gruppo eterogeneo di persone legate per professione, o per passione, al campo della filosofia. Si tratta di studenti di liceo, docenti universitari, dottorandi, ricercatori e insomma di chi si trova “in trincea”, che ci hanno raccontato, ancor più che dei motivi per cui la filosofia sia in sé importante come disciplina, di ciò che essi vi hanno visto, di cosa li ha attratti, di quale significato essa ha assunto nella loro vita. I video si trovano sulla pagina di SFI Trevigiana, e speriamo possano essere una piccola scintilla di speranza per chi ha ancora a cuore le sorti dell’amore per il sapere.

 

 29 dicembre 2020

 









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