L’attenzione e il tempo sono due fattori che favoriscono il pensare e l’agire bene. L’attenzione è un’abilità che ha bisogno di essere esercitata con continuità per essere sviluppata e il tempo è l’elemento indispensabile di cui si nutre.
di Simone Basso
Quello odierno è un periodo storico spesso frenetico in cui la relazione con il tempo sembra essere alquanto problematica: più sono le cose da fare, più cresce la sensazione di non riuscire ad afferrarlo, trattenerlo e averlo sotto il proprio controllo. Viviamo in un tempo che scorre veloce e inarrestabile, fitto di impegni, ricco di novità e cambiamenti repentini che spesso rendono più difficoltoso far sedimentare e radicare in profondità le esperienze vissute, impedendoci di assaporarle fino in fondo. A livello individuale spesso accade di sentirsi continuamente assorti in un costante flusso di scadenze che rendono difficoltoso soffermarsi a riflettere sulle azioni che si stanno compiendo ed elaborarne i significati meno immediati, le loro cause fondanti e il complesso insieme delle loro conseguenze.
Gli stili di vita cambiano in maniera tanto rapida quanto mai era accaduto nella storia dell’umanità, sia che si guardi agli ultimi due decenni rispetto ai cinquant’anni precedenti, sia che si guardi agli ultimi due secoli rispetto ai 2000 anni antecedenti. La velocità delle trasformazioni avvenute nella storia sembra seguire una crescita esponenziale. Più cambiano i tempi più sembra “fondamentale” adattarsi alle novità, con sempre maggior impellenza. Questo vortice produce effetti estremamente diversificati, in un costante disequilibrio tra progressi impensabili da una parte e pericoli imprevedibili dall’altra. L’infruttuosa opposizione tra l’esaltazione del cambiamento ad ogni costo e il mantenimento aprioristico di ciò che nel passato è stato consolidato, continua a nascondere la direzione migliore verso cui procedere.
Gli effetti più importanti che si possono osservare, appaiono con evidenza negli stili di vita dei singoli individui. Tra le incombenze a cui assolvere per riuscire a stare al passo coi tempi, si vanno a consolidare abitudini, che le nuove tecnologie contribuiscono a diffondere. In particolare esse hanno un ruolo determinante nella modalità di gestione del tempo e delle attività che si svolgono quotidianamente. Che siano pochi o molti gli impegni a cui adempiere, essi rischiano di trasformarsi in fattori di costante frenesia e stress quando iniziano ad accavallarsi disordinatamente gli uni agli altri.
Non casualmente proprio in quest’epoca si è diffuso il termine multitasking, sviluppandosi inizialmente nel settore dell’informatica, ma venendo ormai sempre più frequentemente utilizzato anche in riferimento ad un’abilità umana. Essere multitasking infatti significa avere la capacità di dedicarsi a più attività contemporaneamente, essere versatili a passare da un’occupazione all’altra, per poi tornare alla prima, in velocità, con efficienza e dinamicità; riuscendo ad occuparsi così nello stesso momento di diversi compiti senza “sprechi” di tempo.
L’affastellarsi di più impegni contemporaneamente implica un’attenzione rivolta non solo ad un’azione ma anche alle altre a cui nello stesso lasco di tempo ci si sta dedicando, quantomeno tenendole sotto controllo. Fare più attività contemporaneamente è sicuramente comune e inevitabile in moltissime occasioni della vita. Ad esempio quando, cucinando, si ascolta anche la radio. In questo caso però le risorse intellettive per svolgere i due compiti sono basse e non comportano un grave dispendio di energie, né rischiano di compromettere significativamente i rispettivi risultati, in quanto le attività risultano essere sovrapponibili senza rilevanti perdite di efficacia. È diverso invece il caso in cui le attività siano più complesse e richiedano un livello di attenzione maggiore, risultando così in “competizione” per l’utilizzo di una quantità limitata di risorse cognitive a disposizione del singolo individuo: come quando si tenta di cantare una canzone e leggere un libro contemporaneamente. Le conseguenze possono compromettere le prestazioni e questo è un problema soprattutto quando le attività a cui ci si sta dedicando richiedono tempo e concentrazione come il lavoro o lo studio. A proposito di questo tema sono state condotte numerose ricerche.
Alcuni studi (qui una sintesi) hanno mostrato come il multitasking abbia delle ripercussioni considerevoli sulla capacità di mantenere l’attenzione su un determinato compito. L’utilizzo costante di questo genere di media multitasking incide sull’aumento della predisposizione a distrarsi, e di conseguenza è andato ad influenzare negativamente anche la qualità dei risultati ottenuti e delle prestazioni. L’attenzione è una facoltà che necessita di essere esercitata per mantenersi e migliorarsi. Il passaggio continuo da un “centro attentivo” all’altro dunque peggiora la capacità di mantenere l’attenzione su un unico focus per un tempo prolungato.
In una puntata di Presa Diretta del 2018, sono state esposte alcune ricerche in USA che hanno indicato come questo “switch” tra le mansioni stia divenendo un comportamento sempre più frequente e intenso. A seguito di alcuni esperimenti ripetuti nel corso degli anni è stato fatto notare come le persone al lavoro nel 2008 passassero da un dispositivo all’altro mediamente ogni 3 minuti; nel 2015 ogni 1.15, e negli ultimi anni ogni 40 secondi.
Gli studi di Gloria Mark (qui e qui) e quelli di Sandra Bond Chapman hanno messo in luce come questo atteggiamento abbia degli effetti anche sulla nostra salute. Il cervello impiegato su più fronti non riesce a spartire i compiti tra i neuroni, sui diversi impegni ed è costretto a tenere tutto sotto controllo continuamente, provocando un aumento della produzione di cortisolo che è l’ormone dello stress. Ovviamente i rischi aumentano se ciò continua a ripetersi giorno dopo giorno. Le tecnologie influiscono notevolmente sulla propensione ad assumere questo genere di comportamenti e quindi a renderli abitudinari.
Aggiornare la casella di posta elettronica, leggere i nuovi messaggi arrivati sulle chat, controllare le notifiche, sono azioni per le quali raramente viene dedicato un tempo apposito, ma si inseriscono nel mezzo dello svolgimento di altre attività, rischiando di renderci continuamente più distratti.
L’intensificazione di questo processo atto a favorire il continuo utilizzo dei Media Digitali, lungi dall’essere uno spiacevole effetto indesiderato delle tecnologie, è il risultato di una consapevole ricerca del massimo coinvolgimento degli utenti. I Social Network, infatti, sono studiati per riuscire ad attrarre e catturare la nostra attenzione per il maggior tempo possibile, attraverso i noti meccanismi di “ricompensa variabile intermittente”. La ricezione di una notifica stimola la produzione di dopamina nel cervello, che dando una breve sensazione di piacere, spinge il soggetto a ricercarne altra, attraverso il continuo aggiornamento e controllo delle notifiche. Il meccanismo è lo stesso che funziona anche per le slot machine, suscita attesa e crea dipendenza. Nonostante i rischi tutto ciò viene reiterato per garantire il massimo dei profitti alle piattaforme Social.
A rimettercene è anche la nostra attenzione che si abitua ad essere sollecitata da continui stimoli e suggestioni e a variare frequentemente il proprio focus. Il rischio è che rimanere concentrati sullo stesso oggetto risulti sempre più impegnativo, e che quindi si riducono i tempi dell’approfondimento e la tendenza a sviluppare pensieri complessi. Fare più cose contemporaneamente risponde alle esigenze di un’epoca in cui si sta modificando rapidamente il modo di relazionarsi e gestire il proprio tempo a disposizione. La velocità sembra essere un imperativo irrinunciabile, a prescindere dalla direzione verso cui si procede.
Un clamoroso esempio in questo senso sono i ridicoli tempi delle discussioni nei talk show televisivi, in cui i ritmi degli scambi di battute sono così serrati da ridurre la trattazione di un qualsiasi tema, talvolta anche complesso, ad interventi della durata media di 30 secondi, rendendo il discorso nulla più di uno sterile esercizio di “retorica accelerata”. La ragione, anche in questo caso, è la necessità di inseguire il più alto livello di share, per garantirsi le “entrate” delle pubblicità che a loro volta ricercano il massimo della visibilità.
In linea con il Diktat della velocità ha iniziato a diffondersi, in questi ultimi anni, la possibilità di guardare video, serie tv e film, a velocità accelerata, usando il cosiddetto "fast forward". Incrementando così la quantità di Intrattenimento di cui si può fruire.
Queste tendenze ci interrogano proprio riguardo alla nostra gestione del tempo. Riflettere richiede molto tempo, ma risulta essenziale per fare in modo che noi e le nostre azioni non veniamo sballottati qua e là dallo scorrere degli eventi. Il tempo e l’attenzione sono beni essenziali e irrinunciabili per orientarci verso la nostra destinazione.
« È meglio leggere dodici righe di un libro con la massima intensità e penetrarne, possiamo dire, il senso profondo, piuttosto che leggere tutto il libro ‘come il lettore normale’, che alla fine conosce il libro che ha letto come uno che viaggia in aereo conosce il paese che sorvola. Non ne percepisce neppure i contorni. Così oggi tutti quanti leggono ogni cosa a vol d’uccello, leggono tutto e non conoscono niente. » (Thomas Bernhard, Antichi maestri)
10 gennaio 2020
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