« Il mondo va romanticizzato – scrisse Novalis – Se ne ritrova così il senso originario. Romanticizzare non è altro che un potenziamento qualitativo. […] Quando io conferisco al comune un senso più elevato, all’ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita, allora io lo romanticizzo ».
È necessario il sentimento, non avere timore e vergogna di quella sensibilità umana che si misura con la vita influenzando i pensieri che spesso si concretizzano nelle azioni, nei modi propri dell’essere, subendone poi gli effetti.
Romanticizzare è dare un senso a ciò che si vede e si prova, significa conferire a quelle abitudini di tutti i giorni, a quella quotidianità che diamo per scontata ma che allo stesso tempo ci priva della persona che siamo non appena veniamo limitati, la parte più intima di noi. Ne è stata una prova il periodo di quarantena che il mondo intero ha dovuto affrontare, colpito pesantemente da un’epidemia che ha apportato modifiche (momentanee ma di così estesa durata che una fine non si vede) allo stile di vita di ogni individuo. È in questo momento di privazione, di difficoltà, di lontananza dagli affetti, che la maggior parte delle persone si è accorta di quanto le proprie abitudini, la propria routine, abbia un senso e sia intrisa di sentimento. E il sentimento, quando non trova un modo di manifestarsi che sia pieno, genera struggimento e nostalgia, paura, ansia.
Analizzando la definizione che il poeta Friedrich von Hardenberg, conosciuto come Novalis, diede al termine romanticismo, è possibile individuare gli aspetti che vengono a mancare nelle società contemporanee, intente solo a intravedere opportunità economiche e utili, opposte dunque ai canoni del sentimento.
«Conferire al comune un senso più elevato», è prima di tutto un modo di essere. È rinunciare a quel senso di elevatezza che non ci appartiene e che ci porta a voler primeggiare su tutto quello che ci circonda. I problemi ambientali sono un chiaro esempio di questa negligenza dell’uomo dettata dal suo ego. Fin da troppo tempo la natura subisce i soprusi dell’arroganza umana, prima in maniera impercettibile e man mano in maniera sempre più evidente (lo svilupparsi di particolari forme di virus, per esempio il coronavirus, sono un chiaro segnale dell’incidenza negativa della mano dell’uomo in natura) ci sta dimostrando gli effetti che hanno le nostre azioni prive di sentimento e guidate dal solo razionalismo freddo. In fondo è questo che contrastò in buona parte il Romanticismo, la freddezza del ragionamento calcolatore. La Natura, che nel pensiero romantico veniva percepita come ente divino, non è un organismo semplice che si può piegare al volere esclusivamente umano.
Certo, è bene adoperarsi per voler migliorare lo stile di vita dell’umanità, studiare e cercare modelli alternativi e di basso impatto, ma la Natura, se sfruttata e non rispettata, ci ricorda che in fondo siamo esseri effimeri. Stona sempre questa nota quando ci troviamo ad affrontarla, d’altronde però è un principio insito nella nostra natura, non possiamo evitarlo per sempre, dobbiamo solo dargli un senso.
« Che cos’è, in fondo, l’uomo nella natura? Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla, un che di mezzo tra il tutto e il nulla.»
(B. Pascal, Pensieri)
Riconoscerci come enti di mezzo è (ri)acquistare quella coscienza in grado di farci muovere all’interno di questo infinito senza rischiare di sbilanciare a nostro sfavore l’armonia che vi regna.
Un'enorme importanza nel periodo romantico l'ebbe l’arte. L’arte era un ideale di vita come lo erano la stessa filosofia e l’amore, spoglio a quell’epoca delle convenzioni sociali. Modalità espressiva per eccellenza e via privilegiata dall’uomo per esaudire questa propensione dell’io verso l’infinito, sotto l’influsso del Romanticismo e nella prima metà dell’Ottocento, con la sua simbologia e verità celata, l’arte era a tutti gli effetti una filosofia. Fu in questo periodo che Caspar David Friedrich realizzò la sua opera Il viandante sul mare di nebbia.
L’opera mostra un uomo, in piedi su un macigno e intento a guardare l’orizzonte che di fronte a lui si apre su confini dai contorni appena tracciabili. L’umanità, fin dall’alba dei tempi, non è forse un viandante? Il viandante simboleggia il viaggio della conoscenza, la sete di voler conoscere e raggiungere luoghi lontani. Si potrebbero fare tantissimi esempi, citare frasi, aneddoti e proporre altrettanti avvenimenti, ma sicuramente è alla conoscenza di tutti ciò che è avvenuto nell’ultimo periodo. L’agenzia privata SpaceX, sotto la guida dell’imprenditore Elon Musk, ha lanciato nello spazio il primo veicolo spaziale con astronauti a bordo, verso la ISS, permettendo il ritorno sulla Terra dei razzi che potranno essere riutilizzati abbassando così i costi per lanci futuri. Tra le tante missioni che l’agenzia ha intenzione di compiere, colpisce l’attenzione e riassume perfettamente la figura dell’uomo mosso dalla sua sete di conoscenza, il fatto che questo evento sia il primo di una lunga serie che porterà nuovamente l’uomo sulla Luna e infine, per la prima volta, su Marte. La Natura ci contrasta se noi ne turbiamo l’armonia, ma ci accompagna se decidiamo di cooperare.
«Conferire all’ordinario un aspetto misterioso, al noto la dignità dell’ignoto». La conoscenza presuppone un atteggiamento umile, che non scambi i propri limiti per i limiti del mondo, ma soprattutto richiede di sapersi meravigliare. Il mistero dovrebbe suscitare in ogni individuo sete di conoscenza infinita, destare quella meraviglia dalla quale ha avuto origine la filosofia, e che oggi, a causa di questa visione ordinaria, passiva del mondo, è sempre più messa da parte.
«Conferire al finito un’apparenza infinita». È questo, infine, il carattere peculiare del romanticismo che oggi viene a mancare nella nostra società: porre il sentimento come principio e fine ultimo. È con esso che ci poniamo, determiniamo e ci confrontiamo col mondo. Confrontarsi col mondo esprimendo sentimenti negativi di odio, paura, repulsione, esclusione, ci pone però in una chiara posizione di instabilità in cui principalmente ci troviamo noi stessi. Spogliando queste parole di ogni sentimento religioso, si tratta piuttosto di vedere qualsiasi altro come possibilità, manifestazione unica dell’infinito. Il mondo necessita di sentimenti positivi quali amore (senza provare paura per eventuali delusioni), conoscenza (che non si fermi davanti alla paura), confronto (volontà di conoscenza) e condivisione. Sehnsucht, la "malattia dell’anelare" è lo stato d’animo struggente e nostalgico di colui che, nonostante sia consapevole di non raggiungere l’oggetto desiderato, comunque non si ferma, continua ad amare il suo desiderio e a desiderare il suo amore irraggiungibile. Dobbiamo noi dare un senso a ciò che facciamo, imprimendo di pathos il nostro pensiero, cosicché il nostro agire operi bene tanto per noi quanto per l’altro.
In questi tempi bui, dove la maggior parte degli individui ha visto tornare con prepotenza quella natura fugace che forse aveva un po’ nascosto a sé, è importante (ri)tornare a credere, a convincersi che la vita in sé abbisogna di romanticismo: di sentimento, passione e desiderio.
7 agosto 2020
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