Da aut-aut a et-et. Dalla Fase 1 alla Fase 2. Quale ruolo ricopriamo? In che modo adottiamo le nostre scelte? Tenteremo di analizzare una possibile scelta etica assumendo come punto di partenza la posizione di Kierkegaard per giungere, infine, ad una possibile soluzione hegeliana.
In tempi di pandemia da COVID-19 e non necessarietà di verità, dove i dati sembrano non avere particolari basi scientifiche, tutto è confuso e instabile ci troviamo a dover sempre scegliere che vita vivere, se, citando in maniera semplicistica Kierkegaard, valutare l’opzione di una vita estetica o, al contrario vivere eticamente. A ben guardare, di questi tempi, è possibile tentare una lettura e una nuova definizione di queste due possibilità. Se da un lato ci troviamo di fronte alla scelta di una vita senza imposizioni, libera, fatta di aperitivi e cene in compagnia, dall’altro ci si pone il dubbio di cosa si debba oggi intendere per scelta etica. Se, pochi mesi fa, la scelta etica l’avremmo sicuramente inclusa tra quelle scelte che hanno come principio cardine la libertà, alla luce dei fatti non sembra essere così. La vita etica oggi, sembra essere diventata, o forse si è trasformata, nella vita che rinuncia alla scelta stessa per farsi inglobare all’interno di uno spazio fatto di un solo obbligo: stare a casa. Ovviamente è possibile rivendicare quel piccolo spazio in cui è lecito esercitare la propria libertà, ma consapevoli del fatto di apparire come eticamente scorretti. Stanziando in questa sorta di limbo terreno l’unico modo per realizzarsi come individui e dunque, ritagliarsi uno spazio per determinarsi, per quanto gravoso possa essere è, quella che mi sento di definire, la scelta autocertificante. Ci siamo cimentati più o meno tutti, dopo tanti modelli, nel compilare quei campi di scelta prestabiliti che decideranno che uomini saremo, aut-aut.
Se è così, tralasciando le provocazioni, ci ritroviamo in un momento storico fondato sulla mancanza di fiducia.
Ma fino a che punto può uno Stato democratico limitare la libertà di scelta, o peggio, lasciare delle caselle di default per scegliere? Stando ad un tentativo di rilettura della visione dello stato hegeliano, tutto ciò, probabilmente, sarebbe lecito. Secondo Hegel, infatti, lo Stato è il momento più elevato dell’«eticità», la suprema determinazione dello spirito oggettivo. Però Hegel, in questo caso, si riferisce ad un modello di Stato probabilmente (o forse no) ormai superato, ovvero allo Stato moderno, da lui inteso come un organismo, o meglio, una «totalità etica», nel quale libertà individuale e senso di appartenenza al tutto trovano una sintesi: da una parte, lo Stato dovrebbe garantire il diritto alla proprietà e alla libertà individuale, dall’altro, tramite le leggi, esprime la volontà universale, nella quale i cittadini si devono riconoscere.
L’aspetto sicuramente interessante che sembra delinearsi è che, tramite due obblighi, ovvero lo stare a casa e la necessaria autocertificazione si realizza esattamente la sintesi hegeliana di libertà individuale e senso di appartenenza al tutto. Se è così, in questa totalità etica, sembra prefigurarsi, al contrario del nostro punto di partenza, un et-et dove, riponendo fiducia e soprattutto, offrendo (più o meno liberamente) collaborazione, a quel ente volto a garantirmi la mia libertà individuale potrò, in cambio, ottenere fiducia. Se è così, solo nel momento in cui riconoscerò l’appartenenza a quel sistema di valori che vanno oltre i colori di partito, solo quando mi sentirò componente attiva dello Stato, la mia scelta diventerà etica. Infatti, il mio bene deve sintetizzarsi con quello dell’altro. Non una realizzazione del sé ma del noi.
La conservazione dell’intero deve necessariamente avere la precedenza sulla conservazione del singolo, e tutti dovrebbero avere un tale modo di sentire. Pensiamo a coloro i quali stanno sacrificando loro stessi, la loro individualità, la loro famiglia per il bene comune.
E, stando sempre ad Hegel, lo Stato impone doveri, ma ha bisogno che essi siano riconosciuti dai cittadini. E, in realtà, noi li abbiamo accettati. La scelta autocertificante l’abbiamo condivisa accettando quel sistema di valori. È vero che li abbiamo accettati quando abbiamo avuto paura, ma ricordiamoci che non abbiamo avuto paura dello Stato, ma per la vita. Ci siamo fondamentalmente ritrovati nella stessa condizione del servo hegeliano.
Ora siamo nella FASE 2, dove ci stiamo dimenticando della paura e di tutto il dolore e vogliamo, a tutti i costi, scegliere per noi stessi, dimenticandoci della fiducia accordata precedentemente. Come il servo hegeliano riavremo ciò che più vogliamo e desideriamo, la libertà individuale, ma non credo che quel momento sia adesso. Dovremmo avere il coraggio di scegliere l’unica cosa che vale la pena scegliere in una pandemia, che, un domani, auguriamoci il più vicino possibile, renderà la nostra scelta libera ed etica: la fiducia.
27 maggio 2020