Cambiamento climatico: cosa fare?

 

I cambiamenti climatici impongono un mutamento del nostro stile di vita. La maggior parte delle persone concorda sulla pericolosità del riscaldamento globale ma stanno venendo davvero attuate delle misure di contrasto al cambiamento climatico? Cosa stanno facendo i governi e cosa possiamo fare noi?

 

di Sara Ciprian

 

 

Come si iniziò a parlare di riscaldamento globale?

 

Fu Svante Arrhenius, chimico e fisico svedese premio Nobel per la chimica nel 1903, ad illustrare per la prima volta nel 1896 la teoria secondo cui la combustione di materiale fossile potrebbe provocare un aumento del riscaldamento globale. Egli propose un legame tra la concentrazione di anidride carbonica e la temperatura atmosferica e stimò che le attività umane avrebbero potuto incrementare la temperatura terrestre aggiungendo diossido di carbonio all'atmosfera. Tuttavia le idee di Arrhenius furono trascurate in quanto i contributi umani erano ritenuti insignificanti in confronto a quelli naturali (l'attività solare e la circolazione oceanica). Fino alla prima metà del Ventesimo secolo si pensava infatti che gli oceani e le foreste avrebbero assorbito le emissioni provocate dall'uomo.

 

Nel 1957, però, questa supposizione fu messa in discussione da Roger Revelle e Hans Suess che dimostrarono come gli oceani, pur assorbendo la CO2 in eccesso, lo fanno con un ritmo molto più lento di quello previsto e che negli anni si sarebbe potuto verificare un aumento della temperatura media globale.

 

Lo studio ha trovato poi conferma durante gli anni Sessanta e Settanta quando all’osservatorio sulla vetta del vulcano hawaiano Mauna Loa diversi chimici hanno cominciato a realizzare misurazioni accurate dei gas serra. Queste misurazioni hanno dimostrato che la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera stava progressivamente aumentando.

 

Basandosi su questi nuovi dati la questione iniziò ad essere approfondita nei più importanti convegni scientifici internazionali, servendosi di tecnologie sempre più precise e avanzate.

 

Un'eccessiva concentrazione di CO2 e altri gas presenti nell'atmosfera (per emissioni oltre che di origine naturale anche di provenienza umana) ha quindi come risultato un aumento della temperatura media della Terra causando così il problema del riscaldamento globale. Questo problema è conosciuto come "effetto serra": i raggi solari tendono a non disperdersi nello spazio restando imprigionati nell'atmosfera (come in una serra).

 

I principali responsabili di un incremento globale dell’anidride carbonica sono i combustibili fossili utilizzati per produrre energia e per il settore dei trasporti, mentre il settore agricolo è responsabile dell’incremento di metano e ossido di diazoto. Anche la distruzione di foreste contribuisce all’aumento di CO2 nell’atmosfera: le foreste infatti trattengono l'anidride carbonica, soprattutto quelle tropicali, distruggendole quindi si ha un rilascio di ulteriore anidride carbonica.

 

Rispetto all'epoca preindustriale, secondo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), la temperatura media della Terra si è alzata di 1,1°C . E se le attuali tendenze dovessero continuare causerebbero effetti climatici distruttivi su larga scala e le temperature globali aumenterebbero dai 3,4 ai 3,9°C già alla fine di questo secolo.

 

Cosa cambiano pochi gradi di temperatura?

 

Il fenomeno del riscaldamento globale non porta solo numerose ripercussioni riscontrabili sull'ecosistema terrestre ma anche considerevoli effetti sulla vita umana.

 

La conseguenza forse più lampante è lo scioglimento dei ghiacci e in generale di tutta la criosfera (ovvero quelle zone dove il terreno è perennemente ghiacciato come i ghiacciai e il permafrost). Si stima che i ghiacci dell'Artico potrebbero essere soggetti a scioglimento completo nei periodi più caldi dell'anno già alla fine di questo secolo. Lo scioglimento dei ghiacci ha conseguenze disastrose soprattutto per gli ecosistemi più fragili come quelli marini, montuosi e paludosi che rischierebbero di essere definitivamente compromessi.

 

 

Un esempio recente è quello della Groenlandia. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth and Environment e condotto dagli esperti del Byrd Polar and Climate Research Center della Ohio State University dimostrerebbe che i ghiacci della Groenlandia avrebbero ormai raggiunto un punto di non ritorno. La calotta infatti continuerebbe a sciogliersi anche se non ci fosse più nessuna emissione di gas serra. Ciò è dovuto al fatto che i ghiacci si sono ridotti così tanto da essere perlopiù nelle acque profonde, il che significa che la parte di ghiaccio a contatto con l'acqua, e che scioglie ulteriormente il resto del ghiaccio, è in continuo aumento.

 

La conseguenza più scontata dello scioglimento dei ghiacci è l'aumento del livello del mare oltre che alla morte di numerose specie. Gli abitanti delle aree marittime ad un’altitudine più bassa del livello previsto dell’alta marea (aumenta al crescere del livello medio) si troveranno dunque sott’acqua: 150 milioni di persone entro il 2050, che saliranno a 190-340 milioni nel 2100, a seconda del comportamento della calotta antartica, la cui previsione è ancora incerta. Per paesi come la Cina, il Giappone, l’India, l’Indonesia e le Filippine la situazione è particolarmente drammatica. Bangladesh, Vietnam e Thailandia vedranno scomparire a causa dell’alta marea territori al momento abitati da circa il 20% della loro popolazione nel poco probabile caso di rapidi e drastici tagli alle emissioni, mentre nel caso peggiore si tratterà di addirittura un terzo della popolazione.

(Dati pubblicati nell'articolo "New elevation data triple estimates of global vulnerability to sea-level rise and coastal flooding" di Scott A. Kulp e Benjamin H. Strauss sul Nature Communications).

 

Per cercare di arginare il problema del riscaldamento globale, e quindi anche del cambiamento climatico, nel 1992 la Conferenza sull'Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development) stipulò un trattato ambientale internazionale chiamato Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC o FCCC). Attualmente gli stati membri sono 196.

 

Lo scopo dichiarato del trattato è «raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico», i vincoli imposti non erano però legalmente vincolanti. Tuttavia vi era la possibilità che, in apposite conferenze, le parti firmatarie adottassero dei protocolli che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni. Il più importante, adottato nel 1997, è il Protocollo di Kyoto, che è però entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005.

 

Fondamentale anche l'Accordo di Parigi del 2015 dove i Paesi membri hanno deciso di intensificare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi al di sopra delle temperature preindustriali e aumentare i finanziamenti per le azioni in favore del clima. Le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte del 55% entro il 2050 e arrivare a zero nel 2060-2075.

 

L'ultimo vertice mondiale sul clima (Cop 25), la più difficile degli ultimi anni, si è tenuta a Madrid lo scorso Dicembre. Ha confermato una tendenza comune alle Conferenze delle Parti precedenti rimandando però gli impegni presi sul clima al prossimo vertice ovvero la Cop 26 che si terrà a Glasgow nel Novembre 2020.

 

Non si è trovato Nessun punto di incontro sull'Articolo 6 degli Accordi di Parigi, quello riguardante il mercato delle emissioni di carbonio. Cina e India hanno dichiarato che non formuleranno promesse ambiziose, dal momento che i Paesi industrializzati non hanno tenuto fede agli impegni – anche di natura finanziaria – sottoscritti per il 2020. I negoziati si possono dunque considerare falliti in quanto Cina e India sono tra i maggiori responsabili delle emissioni mondiali di CO2. Il presidente americano Donald Trump non era nemmeno presente anche se gli Stati Uniti d'America rappresentano il primo posto per emissioni di CO2 (22,2 % delle emissioni globali), questo a dimostrare l'impegno totalmente assente verso il nostro pianeta.

 

 

Ma quali potrebbero essere le possibili soluzioni?

 

Per prima cosa è necessario studiare l'origine e gli effetti di ogni gas serra (non solo l’anidride carbonica ma anche il metano, gli ossidi di azoto, i clorofluorocarburi, l’ozono) che portano al riscaldamento globale e cercare di mitigarli per diminuirne, così, l’effetto complessivo.

 

Occorre un'intensa ricerca sull'efficienza energetica proveniente da fonti rinnovabili. Nel frattempo si dovrà riorganizzare tutto il sistema economico prediligendo i cicli economici circolari che prevedono il minor utilizzo di materie prime cercando di diminuire lo spreco.

 

Un altro punto cruciale sono i trasporti. Ogni anno infatti vengono messe in circolazione circa 60 milioni di nuove auto. Per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi è fondamentale almeno dimezzare le emissioni dovute alle automobili oggi utilizzate. Attualmente l'utilizzo dei veicoli elettrici non risolve completamente il problema dato che tuttora la loro elettricità viene ricavata per la maggior parte da centrali a carbone. Secondo l'International Transport Forum (ITF) il trasporto  internazionale di merci su strada, ferrovia, aeree o rotte marine, in rapida ascesa grazie all'e-commerce, produce il 30% di tutto il settore e che aumenterà fino al 300% entro la metà del secolo. Fondamentale quindi realizzare un nuovo modello di movimento di merci e persone diminuendo la distanza tra luoghi di lavoro e di residenza e luoghi di produzione e di consumo, incentivando gli spostamenti a piedi o in bici.

 

Il 24% delle emissioni totali di gas serra sono prodotti dalle coltivazioni e dall'allevamento. La continua crescita della popolazione mondiale richiede l'espansione delle superfici coltivate e dedicate ad allevamenti e colture intensive. Ogni area di bosco che viene distrutta per fare spazio ai campi ridurrà in modo netto il volume di CO2 assorbita ad opera delle piante che vi erano, causando la creazione di nuove fonti di emissione. Il modello economico e alimentare di numerose popolazioni dovrà essere quindi ristrutturato,  questo però provocherà un forte impatto sullo stile di vita.

 

In conclusione, la crescita illimitata dei consumi di energia e delle materie prime non può più essere sostenuta e in tutti i settori sarà obbligatorio compiere importanti trasformazioni. In merito all'energia sarà fondamentale una transizione verso le fonti rinnovabili, questo per tutti i paesi del mondo. Altrettanto doveroso sarà la costruzione di una rete globale che distribuisce e bilanci gli eccessi di domanda e di generazione a livello locale. Mentre per quanto riguarda la produzione di beni e servizi, bisognerà abbandonare l'attuale modello economico, guidato da marketing e consumismo, sostituendolo con un circolo virtuoso improntato sul riciclo. Cambiamenti difficili ma fondamentali per vivere in armonia con il nostro pianeta.

 

28 ottobre 2020

 








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