Anche quest’anno la Finlandia si aggiudica, per il quarto anno consecutivo, il primato per il Paese più felice del mondo. Come fa un Paese, il cui proverbio più famoso è happiness will always end in tears, ovvero la "felicità finirà sempre in lacrime", ad avere le potenzialità per arrivare in cima al podio?
di Alesia Barolli
Ogni anno il World Happiness Report pubblica in collaborazione con il Gallup World Poll una classifica sui Paesi più felici di tutto il mondo, dove si trova puntualmente nella top 10 almeno un Paese nordico.
Potrebbe sembrare quasi impossibile che questi Paesi riescano a raggiungere sempre posti così alti nella classifica; ciononostante, se imparassimo a conoscerli, potremmo cambiare idea.
Per realizzare la classifica, vengono dapprima effettuati dei sondaggi in cui agli intervistati vengono poste diverse domande riguardo alla propria felicità; in seguito vengono sottoposte delle questioni sul proprio Paese. Il test, dunque, non si basa solo sui sentimenti dei cittadini, ma anche sui motivi per il quali essi vivono felici nel loro Paese.
«Crediamo che queste valutazioni soggettive, di autopercezione, siano un modo più affidabile per dire che cosa sia una vita buona», dice il professor Shun Wang, uno degli autori del report, puntando su soggettività e percezione personale degli intervistati nello stabilire il livello di felicità.
Dunque, in base a cosa un Paese si trova più in alto in classifica rispetto ad un altro? In gioco sono le 6 grandi variabili idealizzate dagli autori del report: il Pil pro capite, il sostegno sociale, l’aspettativa di vita, la libertà individuale, la solidarietà e la percezione dei livelli di corruzione.
Viste le variabili, possiamo constatare che sfortunatamente moltissimi Paesi – dove ancora oggi sono presenti guerra, forte disparità tra uomo e donna, fame, corruzione e mancanza di libertà di scelta – devono affrontare un lungo viaggio affinché possano risolvere questi problemi e scalare la classifica.
Di fatto anche Paesi dove la qualità di vita è buona, come l’Italia o la Spagna, faticano a rientrare nella top 10.
Come hanno fatto i finlandesi a raggiungere e mantenere un primato così a lungo? Qual è il loro segreto?
Solitamente i Paesi nordici non sono considerati come Paesi in cui trasferirsi, forse per il troppo freddo o per la troppa semplicità del loro stile di vita: piuttosto, ancora, si va alla ricerca del classico "sogno americano".
Da sempre si considerano i Paesi più famosi, più sviluppati e apparentemente più ricchi come meta per il raggiungimento della felicità; però, se tutto ciò fosse vero, sempre questi Paesi dovrebbero essere posizionati almeno nella top 10 della classifica.
Allora potrebbe essere che il celebere detto "i soldi non fanno la felicità" sia vero?
La Finlandia difende il suo primato non solo con la ricchezza, ma anche grazie al senso civico, all’educazione, alla fiducia verso il prossimo e verso le grandi istituzioni.
Secondo quanto affermato da Heikki Aittokoski, corrispondente per gli affari internazionali presso l'«Helsingin Sanomat», principale quotidiano finlandese, «le persone si fidano l'una dell'altra: non a caso ogni mattina si vedono bambini di appena 7 anni camminare da soli con i loro zaini per andare a scuola, senza che si sentano minacciati o in pericolo. In questo consiste la felicità per i finlandesi».
Più dell’80% dei finlandesi si fida delle forze di polizia e del governo in generale e proprio quest’ultimo si fa carico di moltissime delle spese legate all'istruzione, come il trasporto casa-scuola o le mense, e perfino all'università.
Non c’è da stupirsi se essi posseggono il primato come il Paese con il miglior sistema educativo al mondo.
La felicità arriva anche a scuola grazie a una didattica diversa da quella a noi nota, per esempio priva delle lezioni frontali e dei voti fino all’età di 13 anni: i bambini studiano più volentieri e partecipano attivamente alle lezioni, imparando e memorizzando più velocemente.
In aggiunta, lo Stato concede un congedo parentale di 3 anni per prendersi cura dei piccoli neonati e fa recapitare a casa un kit con oggetti di prima necessità quali vestiti, pannolini, coperte e molto altro ancora.
Sembra proprio che questo sia il quadro perfetto di un Paese felice dove però la bassa autostima degli stessi abitanti – sic! – non li rende consapevoli delle loro azioni e dei loro risultati.
«C'è sicuramente qualcosa nella nostra storia che ci fa avere questo tipo di bassa autostima come nazione, facendoci sentire sempre dei perdenti», sostiene Jukka Lindstrom, scrittore e comico finlandese, parlando del suo Paese. Tuttavia, per molti versi, si guarda a loro come ad un modello virtuoso: chissà se gli altri Paesi impareranno da loro e riusciranno a seguire il loro esempio felice.
28 agosto 2021