Romanticizzare non è solo dare un senso al mondo, alle cose che ne fanno parte, a ciò che ci circonda, ma è prima di tutto esistere secondo consapevolezza, creatività e responsabilità.
Da Novalis a Sartre, arrivando a Vito Mancuso, segue un invisibile filo rosso che ripone nella presenza dell’individuo stesso la capacità non solo di cogliere la realtà e di cogliersi al suo interno (e far sì che questa venga colta per il bene della vita stessa), ma anche di percepire e percepirsi responsabile nella sua propria libertà. Il Romanticismo è un umanismo consapevole, e vuole essere un eco che porti a tendere le orecchie e ad aprire la mente all’inesauribile ricerca del senso del Bello e della vita all’interno della storia. Se il romanticismo è dare un senso alla realtà, che istante per istante ci troviamo a esperire; se percepiamo la realtà in quanto esseri gettati nel mondo, esistere è ineludibile. Senso ed esistenza sono indissolubili. «Non c’è senso senza consenso» (Vito Mancuso, A proposito del senso della vita).
Vito Mancuso, teologo e filosofo italiano, lega ancora di più l’indivisibilità della domanda (senso) e della risposta (esistere). Perché non può esistere un senso della vita senza il nostro stesso consenso. Il che appare scontato, ma non lo è. Non lo è perché il consenso rimanda a un concetto tanto “conosciuto” quanto abusato, ovvero al concetto di libertà. Per Vito Mancuso la libertà è contrassegnata da tre elementi: consapevolezza, creatività e responsabilità. Dice il teologo e filosofo italiano:
« La libertà infatti è, a mio avviso, lo stato che contraddistingue una mente che sa e che sa di sapere o di non sapere, e così esprime consapevolezza; è lo stato di una mente che agisce senza ripetere automaticamente quanto ha sempre visto fare ma è capace di novità e così esprime creatività; ed è infine lo stato di una mente che agisce in relazione con l’ambiente rispondendo alle esigenze che ne derivano per incrementare l’armonia e che così esprime responsabilità. » (Ivi)
La creatività è un’azione (stato della mente) in grado di concretizzare, secondo quanto vede fare e quanto percepisce, un messaggio fino allora nascosto. Percepire una sensazione e renderla parola, musica, dipinto, in una sola parola arte, questo è ciò che permette la creatività, laddove la sensibilità è tale da cogliere la sua stessa essenza, prima di tutto, l’essere (l’esistenza). Cosa vuol dire, oggi, creare? È ancora possibile creare quadri in grado di suggestionare l’essere? È ancora possibile creare poesie in grado di portare l’essere a riflettere? È ancora possibile creare musica in grado di suscitare dentro l’essere emozioni vive e indecifrabili?
Dalla definizione che Friedrich von Hardenberg, più conosciuto come Novalis, diede al termine Romanticismo, è possibile trarre un insegnamento umano, educativo, e non solo culturale. L’invito del poeta romantico è quello di guardare le cose, il mondo, la realtà nostra quotidiana, contribuendo qualitativamente. La nostra società ha adottato, ad oggi, un modo di vedere e di elaborare le cose secondo un semplice punto di vista quantitativo: gli individui, come ha ricordato anche Umberto Galimberti in una intervista per La Stampa, sono soltanto numeri in questa società che sembra soltanto essere fondata sul denaro e su ciò che è utile.
Oggi la domanda esistenziale è cambiata e, ritornando all’opera A proposito del senso della vita, Vito Mancuso ripropone le domande secondo la società in cui oggi ci troviamo a vivere:
« La nostra civiltà rimuove le domande esistenziali, per definizione prive della possibilità di una risposta immediata, e le trasforma in richieste facilmente esaudibili qui e ora: "Da dove vengo?" diviene "Quanto guadagno?"; « Dove vado? » si trasforma in "Che cosa mi compro", e l’interrogazione sul senso della vita è ormai solo una raccolta di informazioni sul prezzo delle cose. » (Ivi)
Che cos’è oggi la creatività? Perché sempre la creatività, nel suo atto, nel suo essersi concretizzato, educa. Educazione e responsabilità, come senso ed esistenza, sono indivisibili. O meglio, dovrebbero esserlo.
In conclusione, in Vito Mancuso come in Jean-Paul Sartre, filosofo francese del secolo scorso, abbiamo al principio della libertà un concetto di fondamentale importanza: la responsabilità. Noi siamo responsabili del senso della nostra singola vita che inizia come progetto hic et nunc; senso che determina le nostre azioni e si determina attraverso di esse. La libertà del singolo individuo è in scena in compagnia di altre libertà, di altre voci, di altri attori, in uno spazio che sembra diventare sempre più piccolo. A questo punto ci ritroviamo a esistere in unico spazio e in mezzo agli altri, ognuno con innumerevoli e differenti punti di vista. La domanda è inevitabile: esiste un unico punto di vista, un senso universale, una sola e vera risposta che sia in grado di unire le più disparate voci alla domanda “che senso ha la vita?”? Esiste, ma questa risposta è fatta proprio della relazione che lega tutto ciò che esiste in quanto manifestazione della vita. L’individuo in sé è un nulla se si concepisce come esclusiva. È necessario che l’individuo si scopra nella sua esistenza e nella sua ricerca come ente facente parte di un sistema, il quale non può funzionare se ogni individuo al suo interno lavora perseguendo solo il proprio interesse, la propria ricerca, intento solo ed esclusivamente a esaudire la propria esistenza. L’individuo deve umanizzarsi. «Il senso della vita è la sinergia» (ivi).
12 agosto 2021