Questa dicotomia tra intuizionismo e utilitarismo è presente in modo più esplicito nella filosofia morale. Come molto spesso accade, le concezioni morali inconsce della società rispecchiano i dibattiti aperti nella filosofia morale. Massimo Reichlin nel suo articolo "Sull’idea di un ‘metodo’ nella filosofia morale" riconduce questa contrapposizione al filosofo Henry Sidgwick.
La discussione morale non è una delle priorità della società odierna: quotidiani, talk show e in generale tutti i mass media non analizzano la moralità di un’azione o di una dichiarazione, ma si limitano a descriverla asetticamente. L’analisi del moralmente controverso scade, nel migliore dei casi, in un superficiale resoconto dell’avvenimento. Nel peggiore dei casi la comunicazione di una notizia viene distorta, con lo scopo di fare astratto moralismo. Ci troviamo di fronte a due possibilità poco attraenti: la presentazione neutra di un fatto, che poi tanto neutra non è mai; l’esposizione distorta di una notizia. Questi due modi di presentare le notizie non incentivano la discussione morale, al contrario la mortificano.
Le due procedure con cui vengono presentate le notizie corrispondono ad altrettante sclerotizzazioni della moralità. Il punto di vista che presenta la notizia come se fosse un fatto oggettivo si rifà all’utilitarismo; il moralismo ha le proprie radici nell’intuizionismo. La contraddizione consiste nel fatto che le due dottrine morali vengono fraintese: l’utilitarismo si trasforma in relativismo o egoismo, l’intuizionismo diventa moralismo. La massimizzazione dell’utilità, scopo dell’utilitarismo, viene fraintesa con la ricerca egoistica del proprio interesse, mentre gli obblighi morali dell’etica normativa si sostituiscono ai doveri astratti del moralismo. I mass media sono solo uno tra i tanti esempi che esprimono questa situazione: una contrapposizione basata su due condotte morali fraintese. Di sicuro queste due condotte non solo le uniche dottrine morali perseguite dagli individui, ma sono tra le più popolari. Gran parte delle persone abbracciano, consapevolmente o meno, una delle due alternative.
Questa dicotomia tra intuizionismo e utilitarismo è presente in modo più esplicito nella filosofia morale. Come molto spesso accade, le concezioni morali inconsce della società rispecchiano i dibattiti aperti nella filosofia morale. Massimo Reichlin nel suo articolo Sull’idea di un ‘metodo’ nella filosofia morale riconduce questa contrapposizione al filosofo Henry Sidgwick. In particolare, è ne I Metodi dell’etica il luogo in cui viene evidenziata questa dualità. Sidgwick, con la sua analisi della moralità del senso comune, avrebbe aperto la strada ai successivi dibattiti tra etica normativa e utilitarismo:
« La dicotomia presentata da Sidgwick tra i due metodi [l’intuizionismo e l’utilitarismo] — una dicotomia che presumeva di aver risolto — venne più tardi accettata come la dicotomia alla base delle teorie etiche; e l’obiettivo dell’etica normativa è stato spesso quello di accettare una qualche forma di utilitarismo o una qualche versione dell'intuizionismo razionale. » (Massimo Reichlin, Sull’idea di un ‘metodo’ nella filosofia morale)
Reichlin però non si limita a constatare l’importanza che Sidgwick ha avuto nello sviluppo delle discussioni morali contemporanee, bensì critica la riduzione effettuata dal filosofo inglese. Sidgwick, secondo Reichlin, ha limitato le possibilità di sviluppo delle dottrine morali. Il filosofo inglese avrebbe influenzato negativamente il dibattito morale, impedendo qualsiasi tentativo etico che oltrepassasse la dicotomia tra utilitarismo e intuizionismo. Una critica ulteriore che Reichlin muove a Sidgwick riguarda l’aver favorito l’utilitarismo; il filosofo utilitarista avrebbe causato la «standardizzazione di una concezione dell'azione giusta come ‘la cosa migliore o più ragionevole da fare’ o ‘l'atto che ottiene il maggior valore possibile’» (ivi). La dicotomia esposta da Sidgwick avvantaggia l’utilitarismo, perché appiattisce l’etica normativa all’intuizionismo razionalistico. Per Reichlin, quando l’etica normativa e l’intuizionismo diventano una cosa sola cadono in contraddizione. La contraddizione che inficia l’intuizionismo è il cosiddetto “paradosso della deontologia”. Il paradosso consiste nell’impossibilità di superare i conflitti morali, come ben esemplificato da questo passaggio in un articolo scritto da Christopher McMahon:
« Questi vincoli [deontologici] proibiscono alcuni tipi di azione, come l’omicidio e la menzogna, indipendentemente da quanto bene faranno. Ma questo significa che non si può eseguire un’azione di questo tipo nemmeno quando è l’unico modo per impedire un maggiore numero di azioni dello stesso tipo da parte di altri. » (Paradosso della deontologia)
In altre parole: l’intuizionismo non può mai giustificare un’azione che infrange gli obblighi morali, a discapito di quanto bene possa causare. La formalità dei doveri dell’etica normativa azzera l’importanza delle conseguenze. Per l’etica normativa di matrice intuizionistica non è possibile superare il contrasto tra i diversi doveri. L’utilitarismo, al contrario, mostra la propria forza nella valutazione delle situazioni conflittuali. La condotta utilitaristica non si limita ad enunciare doveri astratti, ma opera nella realtà empirica. L’intuizionismo viene sconfitto dalla versatilità dell’utilitarismo e dalla sua possibilità di risolvere i conflitti morali.
Di fronte alla vittoria dell’utilitarismo, Reichlin propone all’etica normativa una via d’uscita. Una proposta che ha lo scopo di superare l’identificazione dell’etica normativa con l’intuizionismo. Secondo il filosofo italiano, l’etica normativa deve avere come proprio obiettivo l’educazione della persona, questa formazione deve privilegiare i valori (integrità morale, rispetto per se stessi, rispetto per gli altri) che sviluppano le relazioni con gli altri.
La proposta di Reichlin rischia di ricadere nelle contraddizioni che tenta di superare. Il paradosso sembra rimanere: il valore dell’integrità morale mette a repentaglio qualsiasi superamento dei conflitti etici. L’integrità morale sembra avere lo stesso ruolo dei doveri formali dell’etica normativa, non sembra risolvere il problema del paradosso della deontologia. Un’altra critica a questa proposta è la separazione tra il rispetto per se stessi e quello per gli altri. Sembra contradditorio sostenere una posizione che distingue le connessioni tra l’individuo e gli altri. Si può avere rispetto per se stessi e calpestare quello degli altri? Si può effettivamente rispettare se stessi, se ci si dimentica l’indispensabile relazione con l’altro? Un’altra obiezione più generale che si può muovere a Reichlin è la seguente: per quale motivo l’utilitarismo è inadeguato? La riabilitazione dell’etica normativa deve partire dalla critica dell’utilitarismo.
La proposta di Reichlin, seppur inadeguata, evidenzia la necessità di una continua ricerca di nuove proposte etiche. Lo stesso Sidgwick nel suo scritto Lezioni sull’etica di T.H. Green, Herbert Spencer e J. Martineau rivendica come la ricerca morale non sia mai esaurita. Nessuna teoria morale è mai definitiva: la realtà empirica implica la continua messa in discussione della propria condotta etica. Il mondo fenomenico ci mette continuamente di fronte a situazioni e problemi inaspettati. Essere consapevoli della fallibilità della propria condotta morale è il primo passo verso il miglioramento del proprio agire.
« La storia della moralità […] mi induce a considerare la moralità civilizzata dell’età attuale soltanto come una tappa nel lungo processo di sviluppo. […] Quando rintracciamo la storia della moralità, non notiamo semplicemente un cambiamento, ma vediamo un progresso. » (Henry Sidgwick, Lezioni sull’etica di T.H. Green, Herbert Spencer e J. Martineau)
21 aprile 2021