Un contro-concorso per evitare la selezione?
di Luca Ferrari
È di queste ore la notizia che PD e Lega stanno lavorando ad un decreto che preveda la «stabilizzazione di oltre 60.000 precari». Si tratterebbe però di una maxi-sanatoria che, in barba alla Costituzione, mirerebbe a far coprire i posti individuati dal Miur unicamente ai docenti con diverse annualità sul groppone, impedendo de facto l'accesso alla scuola a tutti coloro che dovessero risultare vincitori dell'altro concorso, quello ordinario. Non solo: tra i beneficiari della sanatoria rientrerebbero parecchi bocciati del concorso straordinario, vanificando così il senso stesso di un concorso che, nei fatti, non avrebbe selezionato per nulla. Oltre al danno, dunque, la beffa.
Se l'ipotesi ha ricevuto – ovviamente – il plauso di diverse associazioni di categoria, l'idea ha irritato, e non poco, i tanti che da questa procedura risulterebbero esclusi a priori perché precari sì, ma con meno anni di servizio. Ancora una volta la selezione si baserebbe sull'anzianità, ma mai sul "merito", alla faccia di chi afferma che la meritocrazia è un sistema fallimentare. La verità più amara è che l'Italia non ha mai neanche provato a selezionare il merito.
L'altro punto interessante è di chi sostiene che il problema è la modalità dei concorsi scuola. Qui occorre un’analisi più attenta: il vero problema dei concorsi docenti è che sono pensati come degli ulteriori esami universitari, nei quali l'aspirante docente è chiamato a dimostrare non se è bravo a insegnare e quindi a trasmettere conoscenze, ma ancora una volta se ha studiato per bene la lezione. L'aspirante docente non si confronta con una classe, ma con un foglio (o uno schermo) sul quale dovrà apparire come colui che conosce tutto, ma proprio tutto – anche ciò che in classe non affronterà mai – della sua materia, ignorando che ogni docente si va costantemente a riguardare i libri per rendere più efficace la presentazione di un argomento, per documentarsi meglio, etc. E poi dovrà anche sapere a memoria le varie nozioni che appaiono sui tanti manuali di "metodologia didattica", di "psicologia educativa", di "pedagogia scolastica", etc. Tutto sulla carta ovviamente: teoria e giammai pratica.
Il punto è proprio che i concorsi scuola dovrebbero essere radicalmente rivisti perché l'aspirante docente è già formato teoricamente sui contenuti (ha superato esami, ha preso una o più lauree, si è fatto i corsi per i 24 cfu su didattica, pedagogia e psicologia); gli manca la parte pratica, per ovvie ragioni. Perché allora concentrare l'intera procedura di selezione proprio sulla teoria e mai sulla pratica? Quante volte il nuovo docente appena arrivato dimostra una conoscenza perfetta dei manuali e poi non sa tenere una classe, è caotico, gestisce male la relazione con gli studenti, coi colleghi e coi genitori?
Occorre decisamente cambiare strada, perché la scuola non può essere campo per costanti soluzioni improvvisate, scribacchiate alla rinfusa da qualche parlamentare ansioso di raccattare voti tra le fila di qualche categoria. Ne va del futuro di un Paese, del bene di una nazione, della vita dei nostri figli.
31 marzo 2021