Lungi dall’affermare che un tempo si era tutti aperti e generosi nei confronti gli uni degli altri e che oggi accade l’inverso, ciò che più realisticamente si prende di mira sono gli effetti di un incasellamento della gentilezza sempre più stringente, entro i confini angusti degli algoritmi elaborati dai dispositivi digitali.
“Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più…” si cantava tutti insieme negli anni Settanta, accompagnati dalla voce di Johnny Dorelli. L’eco di questo ritornello ci arriva oggi più che mai attutita, come se le sue parole avessero smarrito il loro suono originario. Il riferimento, si badi bene, non è tanto ai divieti relativi all’emergenza sanitaria in corso. La gentilezza, difatti, che possiamo definire: l’abilità di trattare bene qualcuno, sta andando incontro a ragguardevoli cambiamenti derivati, in buona parte, dalle nuove tecnologie e, più di preciso, dai calcoli algoritmici che ne costituiscono il funzionamento.
Quali forme e modi questa pratica sta, in atto, assumendo? Lungi dall’affermare che un tempo si era tutti aperti e generosi nei confronti gli uni degli altri e che oggi accade l’inverso, ciò che più realisticamente si prende di mira sono gli effetti di un incasellamento della gentilezza sempre più stringente, entro i confini angusti degli algoritmi elaborati dai dispositivi digitali. Se, invero, ci si avvicina alle nuovissime piattaforme online, a cui si connettono lavoratori e clientela, in particolare, quella afferente ai servizi dei trasporti privati, ciò che si scopre ha del sorprendente. Un’azienda come Uber, che fornisce un servizio di trasporto automobilistico attraverso un’applicazione mobile a cui si collegano gli autisti e i (potenziali) clienti, ha sviluppato un sistema di recensioni estremamente dettagliato e, quel che più conta, rilevante per gli autisti nella misura in cui ne dipende la loro reputazione online in tutto e per tutto. Ce ne parla in maniera diffusa Alex Rosenblat nel suo libro Uberland: How Algorithms Are Rewriting the Rules of Work. Chi ha usufruito della corsa, è invitato a lasciare la propria valutazione, da una a cinque stelline. La classifica che man mano si viene stilando per ogni autista, è vitale per la continuazione del suo lavoro, giacché, non si esagera, le recensioni negative hanno un peso tale che portano gradualmente alla disattivazione dell’account del lavoratore, che quindi non potrà più accettare o richiedere nessuna corsa da effettuare. L’autista è, perciò, in balia dei giudizi altrui, che governano l’andamento del proprio mestiere. Ora, chiediamoci, cosa esattamente è oggetto di valutazione? Qui viene il bello, poiché non c’è un limite al mondo delle stelline: tutto ciò che l’autista fa o non fa, domanda o non domanda, può essere valutato sotto forma di recensione. Questa è la ragione per la quale l’app invia di continuo suggerimenti e raccomandazioni ai suoi lavoratori. Affinché il viaggio venga percepito dagli utenti come un’esperienza il più possibile gradevole, è necessario mettere in campo tutte le accortezze non solo in termini di efficienza e competenza al volante, ma anche al momento dell’accoglienza e del congedo. Indicazioni del tipo: “rimani calmo, paziente ed educato” o “apri loro lo sportello” che lampeggiano sugli schermi dei telefoni, rendono appieno l’idea che il comportamento non solo viene monitorato ma anche elicitato e sollecitato perfino quando si tratta di dare il buongiorno e il benvenuto. Il sorriso caldo di saluto o la mano che si muove lesta ad aprire la portiera divengono progressivamente di diretta e marcata derivazione dal congegno di voti e stelline, che guida, manovra e dispone ogni comportamento dell’autista, anche la sua abilità di trattare bene gli altri, ossia la gentilezza. Piccola nota da non sottovalutare: Uber, fondata a San Francisco nel 2009, si è rapidamente espansa in tutto il mondo – Italia compresa – fino a raggiungere oltre tre milioni di autisti al suo attivo.
Per quanto riguarda i guadagni e la quota di popolazione che riescono a coinvolgere, non scherzano nemmeno i colossi cinesi del calibro di Meituan ed Ele.me, le principali aziende di consegne di pasti a domicilio. Sei milioni sono i loro rider impegnati ogni giorno nell’espletamento degli ordini. Al pari di Uber, anch’esse si servono di piattaforme su devices digitali, dove interagiscono fattorini e clienti e, proprio come per l’impresa statunitense, vige un rigido sistema di valutazioni, in scala da uno a cinque. I commenti e i voti sono collegati in maniera diretta ai compensi, c’informa Sun Ping, ricercatrice che nei suoi studi mette a fuoco proprio le relazioni tra algoritmi e rider. Sotto la governance degli algoritmi – ci mette a parte la studiosa – i fattorini rivedono e plasmano i propri comportamenti, anche quelli volti all’interazione tra persone. Sul punto di presentarsi davanti ai clienti con il loro cibo tra le mani, i rider ammettono: “dobbiamo sorridere, bussare alla porta…”. Altri si spingono oltre, comprando loro addirittura le sigarette e l’acqua. Tutto ciò, per soddisfare i clienti, cosicché, gratificati da tanta affabilità e cordialità, possano concedere i tanti agognati cinque punti.
Ciò che fin qui possiamo osservare è che la pratica della gentilezza sta oggi venendo appresa sempre più di frequente non solo dagli altri (genitori, amici, ecc.), bensì gradualmente dalle macchine, tramite l’associazione stimolo-risposta-rinforzo di matrice skinneriana, laddove il rinforzo – che per i comportamentisti non è nient’altro che quello stimolo che aumenta la probabilità di comparsa della risposta che lo ha preceduto – è rappresentato dalle votazioni positive dei clienti. I rider e i tassisti, cioè, vengono sospinti verso una condotta educata e cortese dalle stelline e dai punti che via via accumulano. Inoltre – ecco un ulteriore aspetto degno di menzione – più acquistano voti positivi, e più l’associazione gentilezza-guadagno (in senso economico e professionale) si rafforza. La soddisfazione o il sollievo (in specie quando in gioco c’è la stessa possibilità di continuare a lavorare, come per i tassisti di Uber) di ottenere commenti favorevoli incrementa enormemente la probabilità che si seguiterà ad attuare comportamenti gentili in presenza di stimoli analoghi, ovvero – attenzione! – davanti ai clienti. Si viene selezionando, pertanto, un tipo di gentilezza sempre più tesa al profitto economico e/o al successo professionale e, in ogni caso, a una ricompensa immediata.
Non è affatto casuale, in aggiunta, che gli esperimenti di Skinner e dei suoi seguaci godano di un largo seguito nel settore tecnologico, a partire dal loro impiego nelle slot machines, in cui già svariati decenni fa si puntava su un maggior numero di vincite/gratifiche rispetto al passato al fine di inchiodare per più tempo le vittime alle macchinette da gioco. I successi furono tali che si proseguì sulla via di approfondire e di rendere più compiuto e perfetto il meccanismo del condizionamento operante delineato dal professore di Psicologia di Harvard. Se, dunque, egli si esercitava per lo più su gatti e piccioni, al giorno d’oggi l’intero pianeta connesso a Internet è un potenziale set sperimentale per le aziende tecno-digitali, giacché queste hanno imparato a gestire in modo sempre più proficuo e redditizio le tabelle dei rinforzi: ricompense, riconoscimenti o complimenti in grado di mettere in atto in modo affidabile determinati comportamenti dell’utente, selezionati dall’azienda stessa per controllarlo. Ora gli sforzi sono tesi al condizionamento di scala, che viene considerato essenziale per la nuova scienza del comportamento umano. Sicché, nessuno più mette in dubbio la validità del discorso di Skinner: i rinforzi sono fondamentali per influenzare i nostri comportamenti. La maniera con cui si costruiscono e la frequenza con cui li riceviamo possono concorrere a rinsaldare le associazioni stimolo-risposta-rinforzo. Tornando ai tassisti e ai rider, considerato anche l’elevato numero di ore giornaliere in cui spesso sono impegnati nel lavoro, è del tutto lecito immaginare che il nesso tra gentilezza e ricompensa immediata rischia di assumere una rilevanza piuttosto sostanziosa nella geometria delle loro condotte e dei loro atteggiamenti.
Ciò non è esente da pericoli, dacché si tratta – è bene chiarirlo di nuovo – di una gentilezza non solo appresa (ed emanata) dagli algoritmi, ma anche interessata poiché istruzioni come: sorridere ai clienti e aprire loro lo sportello dell’auto, vengono inviate sugli schermi dei lavoratori per far sì che l’utenza possa dirsi maggiormente paga e recensire meglio i servizi delle imprese. Il paradosso è che siamo al cospetto di un tipo di gentilezza, questa: figlia dei tempi e della tecnologia digitale, che si e ci degrada, facendoci schiudere sorrisi e compiere gesti di cortesia, solo ed esclusivamente in vista di un ritorno immediato, il quale a sua volta ci funge da sprone per il successivo atto cordiale.
4 giugno 2021