Cos'è l'arte e qual è il suo stato oggi?
Cos’è arte?
L’arte nasce per il desiderio dell’emozione di esprimersi. L’artista, che vive il sentimento, vuole godere di quello stesso sentimento, e lo rappresenta a sé medesimo; lo esteriorizza, lo realizza in una produzione sensibile. L’uomo è doppio, insegna Hegel: è dapprima il suo sussistere e poi il suo intuirsi, pensarsi, sentirsi. Allora ambisce a guardarsi dentro e a carpire ciò che gli si dimena in petto «e si agita e preme» (Hegel, Estetica) per saltare fuori.
Cosa non è arte?
L’arte non ha compito di educazione morale, che può – e spesso è – un evento collaterale al suo apparire. Se il suo obiettivo fosse rappresentare una certa affettività, essa non andrebbe alla ricerca della definizione dell’amore, né della comprensione della sua buona riuscita. L’arte ci pone innanzi la grandezza di quel sentire, che vuol mostrarsi anzitutto all’artista e agli altri. Anche l’artista – senza dubbio – possiede una sua visione morale, una sua filosofia, che traspare; tuttavia permane, in questo campo, come soltanto implicita; qualcosa ch’egli non deve di necessità sapere o esibire. Proprio come lo sportivo esprime se stesso e prova piacere in quell’espressione, ma non ne conosce il significato. Ciò nonostante lo fa bene, meglio di chi fosse “più filosofo” di lui. Se lo scopo deliberato dell’arte fosse l’espressione del concetto, essa perderebbe la sua peculiarità: la capacità, cioè, di percepire sensibilmente tutti i particolari che rendono quel sentimento vivo e reale. Il concetto, al contrario, astrae da essi per ragguagliare un senso universale.
L’arte non è perciò neppure copia delle cose, perché la pianta, il palazzo, il paesaggio, le figure non sono nell’opera solamente tali, per come le guarderemmo di solito. Esse sono quello e qualcos’altro, ossia, appunto, quell’emozione che non poteva più serbarsi nell’intimità e nel cuore dell’artista. La copia è abilità tecnica, che però non commuove, né si annovera fra la grande arte. Persino Verga, verista, che nella vulgata ritrarrebbe il mondo rurale qual è davvero secondo le dinamiche più spicciole, non ambisce mai a copiare i meri “fatti”, gli accadimenti secondo la visione d’un osservatore occasionale, ma studia la sociologia, la psicologia delle masse di quei luoghi. Ne coglie il profondo sentire. Anch’egli cioè raccoglie l’emozione, e l’amplifica e la esprime per chiunque ne abbia desiderio.
Nietzsche ha ragione nel sostenere che l’arte come passatempo, l’arte per l’arte non sia davvero arte.
« Ma di solito oggi si comincia l'arte dalla fine, ci si attacca alla sua coda e si crede che l'essenziale sia l'arte delle opere d'arte, che la vita debba essere migliorata e trasformata partendo da essa – folli che siamo! Se cominciamo il pasto dal dessert e assaggiamo dolci su dolci qual meraviglia che poi ci roviniamo lo stomaco e perfino l'appetito per il buon pranzo energico e nutriente, al quale l'arte ci ha invitati? » (Nietzsche, Umano troppo umano, II, §174)
Ritiene che non si colga il vero compito dell’arte, cioè l’espressione tout court, ma che vi si approcci per ragioni estrinseche al suo fine – dal dessert. L’arte slarga il sentire, è vero, ma perché alle spalle v’è un gran sentire! Qualora questo mancasse, dell’arte non rimarrebbe che il passatempo, l’ornamento e lo sgorbio.
L’arte oggi
Se l'arte dipende dal sentimento che la genera, possiamo intuire perché perlopiù non goda di ottima salute. Non si tratta di una mancanza di volontà, di uomini propositivi, ma, appunto, dell’emozione. L’arte che segue un sentire malato sarà anch’essa malata e non farà grande e forte un popolo, ma ne ritrarrà le più intime e dolorose limitatezze, tenendolo agganciato a quanto di più debole possiede. Quale arte sorge dall’epoca delle nevrosi, dei desideri castrati e del risentimento?
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Per approfondire: E.T. Spanio, Il desiderio dell'altro, AM edizioni 2021
[Dipinto in copertina di Vittorio Bustaffa]
24 giugno 2021
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