La Storia della filosofia di Piero di Giovanni ripercorre l'intera parabola della storia del pensiero occidentale, proponendo una scansione diversa tra "filosofia classica" e "filosofia nuova", dando risalto al mito come elemento essenziale alla filosofia delle origini, insistendo sulla pluralità delle filosofie e l'approccio interdisciplinare nell'età contemporanea.
La domanda più ricorrente è: che cos’è la filosofia? È il "so di non sapere" di Socrate? L'indagine sull'inizio, su come inizia l’inizio? L’aude sapere di Kant? Dopo Diogene Laerzio (Vite dei filosofi), la filosofia sfocia in molte possibilità pur mantenendo la propria identità concettuale nel corso della storia: è tutto e il contrario di tutto, e non serve a niente (Aristotele). In questo breve articolo, non vogliamo però soffermarci sul significato della filosofia, quanto interrogarci se oggi sia utile parlare di Storia della filosofia, nel senso che intende Hegel: non come una “filastrocca di opinioni”, bensì come insieme di tappe costitutive del pensiero umano, considerato nella sua completezza e complessità, il cui svolgimento consente di elaborare un proprio pensiero sulla scorta di ciò che è stata la filosofia del passato. Ogni storia, della filosofia, della letteratura, della musica, della scienza, è lavoro immane, con tagli differenti, seppure di poco.
Maurizio Chatel, in Sull’utilità e il danno della Storia (della filosofia), (Gazzetta filosofica, 22 febbraio 2021), richiama, soprattutto a proposito di insegnamento della materia, l’attenzione sulla necessità di rivedere i presupposti metodologici (o epistemologici) piuttosto che estendere l’insegnamento di una “neutra” filosofia alle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla crisi che ha investito le ideologie e le scuole di pensiero, da quella crociana e idealista a quella marxista. Per l’autore dell’articolo è impossibile pensare che un solo specialista possa scrivere un manuale per le scuole o una storia esaustiva, ad eccezione dei grandi classici, come Abbagnano, Lamanna, Reale. La critica più forte è verso quella forma di storicismo, che fa della Storia una totalità, forzando le differenze che devono stare “dentro”. Come accordare dunque in uno scaffale di biblioteca, Aristotele, Agostino o Husserl?. Il lavoro per superare il passato storicista è immenso, e a questo proposito, secondo Chatel, hanno dato un notevole contributo la Storia delle idee negli Stati Uniti con Lovejoy (The Great Chain of Being) e in Francia Le Goff e la scuola degli Annales. Infine Chatel indica come punto di riferimento Verità e metodo di Gadamer, in cui a suo avviso si rintraccia l’individuazione di un “post-storicismo” che si fonda su due cardini fondamentali: la tradizione interpretativa e il linguaggio come mondo.
La Storia della filosofia di Piero di Giovanni, docente di Storia della filosofia all’Università degli Studi di Palermo, risponde a questi due criteri? Sicuramente dona più chiarezza e precisione rispetto a altre storie della filosofia; non le tralascia, anzi le tiene in considerazione come momenti storici del pensiero, ad esempio Geymonat, Dal Pra, Abbagnano. In questo caso abbiamo pieno rispetto della tradizione, pur con un taglio diverso. Diviso in quattro volumi che seguono il criterio cronologico, dalla sophìa alla filosofia, dai presocratici alla filosofia di Roma, fino all’Apologetica, alla Patristica e alla Scolastica. A questo proposito, l’autore individua continuità e rotture. A suo avviso nel II-III secolo d.C., vengono elaborate le correnti di pensiero del Neo-platonismo e dell’Apologetica su cui si innesta la Patristica: il Neo-platonismo può essere considerato una naturale prosecuzione dell’antica filosofia greca; invece l’Apologetica e successivamente la Patristica costituiscono una profonda rottura con il passato. Secondo questa chiave di lettura, piuttosto che parlare di filosofia antica e filosofia medioevale è preferibile, sostiene Di Giovanni, parlare di filosofia classica e filosofia nuova. A proposito di presocratici, Di Giovanni preferisce parlare di preplatonici: piuttosto sapienti che filosofi, essi nutrirono un forte interesse per un certo tipo di sophìa rivolta allo studio della natura e dei suoi elementi. La filosofia nasce dallo stupore che i primi pensatori provarono dinanzi al divenire della natura: essi non si chiesero chi avesse creato la materia dal nulla ma come si era sviluppata, erano convinti che la materia esistesse “da sempre” e il problema era spiegare il suo divenire. Sicché la loro filosofia era da intendere come “sapienza”, ovvero come un sapere unico, non ancora scisso nella sua componente umanistica e scientifica. Un ulteriore elemento di interesse di questa Storia della filosofia è l’ importanza che l’autore attribuisce alla tradizione orale tramandataci da Omero nei suoi poemi che ben rappresentano il modo di vivere degli antichi greci, in cui viene esaltata anche una profonda sapienza popolare che nulla ha da invidiare a quella aristocratica. Con Esiodo la cultura greca si evolve verso un divenire storico che dalle colonie dell’Asia Minore del VIII-VII secolo a.C giunge all’Atene di Pericle del V secolo a.C. Secondo lo studioso Jean-Pierre Vernant questo è il momento decisivo in cui si gettano le basi della polis, e grazie alla laicizzazione del pensiero politico, assistiamo all’avvento della filosofia (Le origini del pensiero greco). La cultura del mito, come testimoniano numerosi studi tra cui quello di Kerényi (Gli dei e gli eroi della Grecia. Il racconto del mito, la nascita della civiltà, 1958), non scompare dalla cultura greca così come permane in Platone e in altri pensatori. Dunque, afferma Di Giovanni, se ci si confronta con le origini del pensiero occidentale, segnare un confine netto tra mitologia e filosofia è sempre arduo, sia da un punto storico che dei contenuti.
Gli ultimi due volumi si concentrano sull’età moderna e contemporanea, dall’Umanesimo e il Rinascimento fino all’esistenzialismo e i nuovi saperi. L’autore adotta un linguaggio lineare e più intenso sul senso teorico della filosofia che non tralascia l'indagine sulla materia e la teologia. Considerevole l’ultimo volume sull’età contemporanea: molte pagine sono dedicate a Jacques Maritain e a sua moglie Raissa Oumançoff (Oumanozova), ucraina di origine ebraica emigrata in Francia nel 1983, dove studiando alla Sorbona conobbe Maraitain a cui l’unì “l’amore folle per Dio”, consolidato dalla conversione di entrambi al cattolicesimo; a Manuel Lévinas, a Jacques Derrida, Gilles Deleuze e Michael Foucault, fino alla filosofia della scienza e all’origine dell’epistemologia. Il capitolo diciottesimo si concentra sulla fenomenologia di Husserl fino all’ontologia di Heidegger. Molto interessante il capitolo dedicato all’esistenzialismo di Sartre, all’emancipazionismo di Simone de Beauvoir, alla filosofia della rivolta di Camus. Si accenna infine all’eco-sofia e all’eco-filosofia sollevando quelle questioni che investono la contemporaneità, il rapporto tra natura e cultura a partire da Leví-Strauss, ma anche l’economia, le scienze ambientali, la sociologia, l’antropologia.
Un’ampia parte del lavoro è dedicata alla filosofia del linguaggio, finora in parte trascurata dagli storici. Rispetto alla filosofia tradizionale, la filosofia del linguaggio rappresenta un’ulteriore evoluzione del pensiero contemporaneo che insieme alla psicologia della mente, si caratterizza come analisi delle fonti cognitive di cui dispone l’essere umano. In questo contesto, il riferimento alle opere di Wittgenstein risulta costante. La filosofia del linguaggio copre un’ampia parte del panorama culturale del Novecento e rappresenta una componente significativa della disciplina che spesso si incontra con altre discipline e altre correnti di pensiero (il pragmatismo, la semiotica, la linguistica). Il potere speculativo della filosofia/delle filosofie, va dunque declinato al plurale e messo in dialogo con altri saperi come la psicologia, la psicoanalisi, l’antropologia, la sociologia.
Vi è a mio avviso in questa nuova Storia della filosofia una carenza, è una filosofia quasi tutta al maschile, si dimenticano pensatrici come Simone Weil e Maria Zambrano, mentre per l’antichità vi è un’ampia trattazione di Ipazia e per la contemporaneità di Hanna Arendt. Si nota l’assenza delle mistiche come Teresa D’Avola e Caterina di Siena. Manca la filosofia della differenza, da Luce Irigaray fino alle nostre Muraro, Cavarero, Boccia. Una filosofia che ha contribuito a “destrutturare” il pensiero cosiddetto “neutro”, purtroppo ancora ignorato negli ambienti accademici tradizionali. Nonostante questa lacuna, da colmare in un’eventuale terza edizione, rimane molto valido il tentativo di far dialogare e mettere in comunione le varie discipline per una visione più esaustiva del mondo, soprattutto nell’intento di rompere le barriere tra ciò che è “scientifico” e ciò che è “umanistico”. Come richiede l’urgenza dei tempi.
23 giugno 2021
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