Bartleby il democratico

 

Bartleby, che molte letture hanno tentato di interpretare come incarnazione di uno zeitgeist, come uomo perfettamente coerente allo spirito dei tempi, è il perfetto uomo democratico, nel senso di perfettamente aderente a quella democrazia deleteria e contraddittoria dove ogni ideale si è dissolto e nulla si può opporre all’inerzia di ciò che accade nel presente.

 

di Alberto Giuseppe Pilotto

 

Antonello da Messina, "San Girolamo nello studio" (1474-75)
Antonello da Messina, "San Girolamo nello studio" (1474-75)

 

Ne sono state tentate a bizzeffe di interpretazioni del famoso racconto di Herman Melville intitolato Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street, anche da parte anche di intellettuali di spicco come Giorgio Agamben e Gilles Deleuze nel loro famoso testo Bartleby: la formula della creazione. Come la critica ha messo in luce, il racconto di Melville anticipa molti temi della letteratura esistenzialista e dell’assurdo – Kafka e Camus fra tutti. Ma forse il personaggio dello scrivano Bartleby incarna anche una forma di democraticismo e di relativismo che sarebbero poi esplosi nel '900.

 

La trama del racconto è semplice: un avvocato assume questo copista di nome Bartleby, che però tutt’un tratto comincia a rifiutarsi di svolgere i propri compiti. Il suo rifiuto avviene sempre tramite la stessa formula: «Preferirei di no» («I would prefer not to»). Man mano che passa il tempo, questa formula passa dal riguardare il rifiuto di svolgere altri incarichi oltre a quello di copista, al rifiuto di svolgere in toto il proprio lavoro. Licenziato, l’ex scrivano continua ad aggirarsi per lo studio, rifiutando di andarsene. Solo una volta che l’avvocato avrà venduto lo studio, i nuovi proprietari lo faranno arrestare per vagabondaggio. In prigione, il rifiuto di Bartleby diventerà sempre più radicale, fino a rifiutare di mangiare, morendo d’inedia.

 

Chiaramente, per le molte interpretazioni che si sono susseguite, è stato importante cercare di decifrare il significato della formula di Bartleby. Perché il suo rifiuto non è mai rigido e categorico? Perché avviene sempre tramite la figura retorica della litote, che, si sa, è un modo più blando di affermare qualcosa? Perché il verbo usato, poi, è il verbo preferire, che non indica una ferma volontà?

Ecco, forse Bartleby, che molte letture hanno tentato di interpretare come incarnazione di uno zeitgeist, come uomo perfettamente coerente allo spirito dei tempi, è il perfetto uomo democratico, nel senso che egli è perfettamente aderente a quella democrazia deleteria e contraddittoria dove ogni ideale si è dissolto e nulla si può opporre all’inerzia di ciò che accade, dove ogni decisione viene presa in base al semplice capriccio del giorno, dove sono assenti sia la dimensione di un passato su cui costruire che la prospettiva di un futuro da sognare, in un contesto, dunque, dove nulla è in grado di riscattare l'individuo dal suo piatto e insensato presente.

 

A ben vedere, il suo rifiuto bulimico di ogni presa di posizione, il continuo rinnegare il suo dovere da parte di Bartleby, rappresenta l’ethos tipico di quella classe borghese al potere nella democrazia, che Juan Donoso Cortés, nel suo Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, pubblicato un paio di anni prima del racconto di Melville, apostrofava come clasa discutidora (classe disquisitrice). Ciò che segna il democraticismo borghese è proprio, secondo Donoso Cortés, l’incapacità di decidersi, ossia di esercitare quel potere – il potere decisionale – che Carl Schmitt indicava come condizione essenziale della sovranità.

Ma, nonostante il continuo rifiuto di prendere una posizione, emerge comunque la contraddittorietà della posizione di Bartleby, che è la posizione di chi pretende di non-far-niente, sperando però che il mondo lo stia ad aspettare. Questa contraddizione consiste proprio nel fatto che l'in-decisione, e l’inazione che ne deriva, non sospendono il movimento del mondo che sta intorno, ma semplicemente lo lasciano così com'è, permettendo che vada come deve andare, senza esercitare su di esso alcun potere o trasformazione. Così viene a galla, in tutta la sua ovvietà, il fatto che anche il non-decidersi su qualcosa sia in realtà già a monte una decisione. Essa è, implicitamente, la decisione di lasciare le cose così come stanno, è dare il nostro “sta bene” a ciò che c’è già. E il categorico rifiuto di prendere una posizione porterà Bartleby a diventare una presenza ingombrante, ad essere arrestato ed a morire di inedia, in  modo paradossale ma allo stesso tempo coerente al suo rifiuto mangiare – che è poi la scelta di non mangiare.

 

Herman Melville (1819-1891)
Herman Melville (1819-1891)

 

Così, il "preferire-di-no" di Bartleby si ritrova perfettamente nelle parole di un altro grande critico dell’incapacità decisionale democratica:

 

« Il democratico individualista e liberale non può dichiarare che una norma è falsa, ma che ne desidera un’altra; né che una legge non è giusta, ma che ne vuole un’altra; né che un prezzo è assurdo, ma che gliene conviene un altro. » (Nicolás Gómez Dávila, Textos)

 

Bartleby incarna in pieno questo atteggiamento, in quanto egli non ricorre ad alcuna argomentazione per spiegare la sua scelta, ossia non tenta di spiegare perché preferisce non fare qualcosa, non tenta di addurre delle motivazioni al suo rifiuto, ma rimane convinto che la semplice ed immotivata preferenza sia sufficiente a rendere legittima la propria scelta.

Bartleby, dunque, è il democratico relativista, il fanatico di una libertà astratta che non riconosce né un dovere né un'autorità diversi dal proprio capriccio: egli rappresenta quell’individualismo anarchico che non accetta alcuna norma fuori di sé, quintessenza di quella “libertà negativa” che nega ogni ordine che la trascenda, ma che alla fin fine si ritrova senza terra sotto ai piedi, fluttuando immersa nel bulimico rifiuto di prese di posizioni stabili – un rifiuto talmente bulimico ed insicuro che si esprime come mera preferenza.

 

Non è un caso che la formula complementare di questo «preferirei di no» sia la frase «non ho esigenze particolari» («I am not particular»), come indica Deleuze nel suo saggio dedicato all’opera Bartleby o la formula:

 

« Bartleby è l’uomo senza referenze, senza possessi, senza proprietà, senza qualità, senza particolarità: è troppo liscio perché una qualsiasi proprietà possa farvi presa. […] Tutto il XIX secolo sarà attraversato da questa ricerca dell’uomo senza nome, regicida e parricida, l’Ulisse dei tempi moderni “Io sono Nessuno”: l’uomo schiacciato e meccanizzato delle grandi metropoli, da cui ci si attende tuttavia che nasca l’Uomo del futuro o di un nuovo mondo. » (G. Deleuze, Bartleby: la formula della creazione)

 

Bartleby è il prodotto compiuto e raffinato di quel livellamento che le società democratiche tendono a compiere per mezzo della società stessa e della tirannia dell’opinione pubblica, come denunciato da Guido De Ruggiero:

 

« Più latente ed insidiosa è la tirannia che la società stessa esercita non tanto con le leggi politiche quanto con le tradizioni, coi costumi, con la routine, con l’opinione pubblica. […] C’è pertanto nella democrazia un’opera assidua di livellamento, che rende tutti gli uomini egualmente mediocri; una specie di tirannia anonima e collettiva, che abbassa ogni cima, smussa ogni spigolo, smorza ogni tono vivace. » (G. De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo)

 

Con questa forzosa mediocrità che impedisce ogni possibilità di differire dalla norma, le società democratiche tendono a generare un’uguaglianza coatta per mezzo dell’opinione pubblica, producendo degli individui con la stessa incapacità che Bartleby di argomentare – sia linguisticamente che dialetticamente – la propria preferenza o il proprio rifiuto per qualcosa, preferenza o rifiuto che avvengono ora semplicemente sulla base del senso comune o dell’usanza o del capriccio arbitrario.

Il grande pericolo che si genera da questo livellamento forzato è quello di arrivare a considerare i soggetti come oggetti intercambiabili, in quanto nulla più li differenzia moralmente l’uno dall’altro:

 

« Gli uomini, più si sentono uguali, più facilmente tollerano di essere trattati come pezzi intercambiabili, sostituibili o superflui.

L’uguaglianza è la condizione psicologica previa alle stragi scientifiche e fredde. » (Nicolás Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito)

 

Bartleby, infatti, all’interno dell’economia dello studio legale in cui si svolge il racconto è già dal momento del suo arrivo un pezzo intercambiabile, in quanto egli può facilmente essere licenziato ed un’altra persona può svolgere il suo compito. L’avvocato nonostante tutto continua a dimostrare un’umana preoccupazione verso di lui, fino ad andarlo a trovare in galera. Per il resto della società, però, Bartelby rimane un Signor nessuno, uno dei tanti pezzi che, rivelatisi improduttivi, possono morire di fame in galera, senza che nessuno di preoccupi di loro.

Il grave pericolo di questa (falsa) uguaglianza democraticista, dunque, è che essa sfocia nel considerare le persone come oggetti intercambiabili, senza dunque intravedere nulla della loro particolarità e della loro individualità, se non – oggigiorno – la profittabilità economica delle loro prestazioni. E chiunque non garantisca questa profittabilità o qualora arrivi qualcun altro le cui prestazioni siano maggiormente profittevoli, non si tarderà a sostituire il pezzo meno produttivo.

 

 5 marzo 2021

 








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