Il rapporto tra scienza e politica non è sempre stato lineare, spesso, ha portato a devastanti conseguenze per l’uomo e per i suoi princìpi etico-morali.
di Emma Ferramosca
Cena tra fisici quantistici, 29 ottobre 1927, Bruxelles. In piedi in terza fila: A. Piccard, E. Henriot, P. Ehrenfest, E. Herzen, Th. de Donder, E Schrödinger, J.E. Verschaffelt, W. Pauli, W. Heisenberg, R. Fowler, L. Brillouin. Nella fila centrale: P. Debye, M. Knudsen, W.L. Bragg, H.A. Kramers, P.A.M. Dirac, A.H. Compton, L. de Broglie, M. Born, N. Bohr. Seduti davanti: I.Langmuir, M. Planck, M. Skłodowska-Curie, H.A. Lorentz, A. Einstein, P. Langevin, Ch.-E. Guye, C.T.R. Wilson, O.W. Richardson
Una delle cerniere più importanti della scienza è la ricerca delle verità nascoste attraverso progressive scoperte tecnico-scientifiche. Queste scoperte sono svolte da uomini, i quali, inconsciamente, influenzano la metodologia di studio, l’elaborazione delle teorie, le intuizioni di ricerca, ma anche l’accettazione del risultato stesso attraverso sia la personalità del singolo sia la personalità della comunità di scienziati. Questo attesta, di fatto, che la scienza è composta da più componenti, tra cui lo scienziato, che, non dobbiamo dimenticare, rimane un essere umano. In virtù di ciò, lo scienziato è soggetto all'errore, alla possibilità di essere abbagliato dal prestigio del nome o dal guadagno economico; rimanendo invevitabilmente ancorato al contesto storico-politico in cui vive e dovendo far fronte sia alle richieste dei finanziatori sia ai princìpi morali che condivide con gli altri in quanto cittadino o in quanto uomo.
Alla luce di ciò, fino a che punto lo scienziato deve farsi responsabile delle proprie scoperte? Quando, invece, la responsabilità ricade sui politici? Possiamo delineare un confine stabile tra scoperte scientifiche e problemi morali? Vale la divisione secondo cui lo scienziato ha il ruolo di ricercatore mentre al legislatore spetta la valutazione dei risultati scientifici in relazione alla morale? Come notava Bertrand Russell, però, «il progresso scientifico-tecnico ha un passo più veloce di quello morale».
Una delle vicende storiche esemplari è l'abiura di Galileo Galilei avvenuta nel 1633, che fece detonare le tensioni tra scienza e Chiesa. Il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht nella Vita di Galileo (1943) mise in luce la responsabilità cui gli scienziati sono chiamati, scrivendo: «Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio», e ancora: «Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale!» «La scienza non ha patria», disse Louis Pasteur, per sottolineare che lo scienziato ha lo scopo di placare la sete di verità, difenderla ad ogni costo. Se uno scienziato ritiene di aver svolto una ricerca e di essere giunto a una scoperta utile, da lui ritenuta un progresso, ha il dovere di educare gli altri: illustrando ogni tassello che la compone, ma anche il processo tramite il quale vi è giunto, affinché i politici, con il loro contributo, possano prendere la decisione migliore in rapporto al bene della comunità.
Ragazzi della via Panisperna, Roma. Da sinistra: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi. Foto scattata da Bruno Pontecorvo. (Manca Ettore Majorana)
Strumenti che però sono mancati più di qualche volta nella storia; esempio celebre è quello del Progetto Manhattan che portò alla creazione della bomba atomica: il 31 maggio 1945, ci fu il primo ritrovo tra i maggiori scienziati dell’epoca con lo scopo di soppesare il potere militare dell’ordigno nucleare appena realizzato. Tra essi vi era anche l’italiano Enrico Fermi, prima appartenuto al gruppo di giovani scienziati soprannominato i Ragazzi di via Panisperna, sciolto nel ‘38 con l’emanazione delle leggi razziali.
Una volta verificato il potere distruttivo di tale arma, alcuni scienziati si posero il problema morale nel caso fosse stata usata, problema che purtroppo non trovò capisaldi a cui aggrapparsi, poiché la mentalità – com’è naturale – era figlia dell’epoca e di quella ricerca scientifica, e non si dimostrò pronta a considerare le conseguenze che avrebbe portato.
Possiamo capire, quindi, quanto questo progetto abbia contribuito a manifestare l’unione tra scienza e politica, facendo vacillare la presunta libertà della prima. Si iniziò a parlare di responsabilità, sia da parte dei singoli, sia da parte degli scienziati stessi, i quali oramai, con la costruzione della bomba, avevano già preso una decisione politica ed etica. La scelta era di ciascuno di loro, individuale: è chiaro che in tale situazione la decisione fosse presa non più in qualità di soli scienziati, ma in qualità soggetti morali. Valgono anche qui le celebri parole di Martin Luther King: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla».
Esplosione del Trinity
Il 16 luglio 1945, si effettuò il Trinity: una specie di prova generale che portò molti scienziati ad abbandonare il progetto. Fu nel 1955 – dopo la distruzione di Hiroshima e Nagasaki – che Bertrand Russell ed Albert Einstein stilarono un Manifesto con cui invitavano alla discussione dei rischi per l’umanità che l’uso delle armi nucleari comportava. Nel 1957, invece, si venne a creare un’organizzazione di scienziati provenienti da ogni parte del mondo con lo scopo di contribuire alla compatibilità dello sviluppo scientifico con la pace internazionale.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nacque anche il CERN (European Organization for Nuclear Research) che, grazie ad Edoardo Amaldi, un altro membro dei Ragazzi della via Panisperna, decise di imporre delle condizioni con le quali queste ricerche potessero svilupparsi: la ricerca doveva essere di base, non doveva avere nessun legame con le attività militari e doveva essere aperta a tutti i ricercatori senza vincoli di segretezza.
I membri della comunità scientifica non possono limitarsi alle questioni particolari perdendo di vista il loro significato complessivo, sia per i singoli scienziati stessi sia per la comunità tutta.
« Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fanno del loro meglio ma non vanno lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentale per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso. »
Come sottolineato da queste parole di Fermi, il buon senso è un aspetto importante nell’uomo e lo è ancora di più in uno scienziato. È singolare come a dirlo sia proprio uno dei collaboratori per la costruzione di una delle armi più distruttive mai create, che di fronte alla potenza realizzata non si preoccupò minimamente, secondo la testimonianza di Gino Segrè.
« E quando, coll’andar del tempo avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che, un giorno, a ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale. » (B. Brecht, Vita di Galileo)
Oggigiorno stiamo vivendo una situazione in cui vediamo esperti sostituirsi ai politici, o, peggio ancora, la scienza strumentalizzata dai politici. Scienziati, biologi, epidemiologi corrono alla ricerca di una soluzione per chiudere – o almeno contenere – la finestra Covid-19; al contempo vediamo altresì politici pronti a divulgare informazioni scientifiche non in loro possesso e non confermate o smentite da esperti. Il nodo si è formato in questa “gara al rimedio” nella quale tutti si sentono in diritto di sapere e consigliare, da cui è derivata la poca fiducia nelle istituzioni ma anche nella scienza e nella medicina. Il premier Conte, ci aveva lasciato spiragli di speranza nel marzo 2020: «Quando dico che ci basiamo su informazioni tecnico-scientifiche non dico che facciamo alla lettera quello che ci dicono i tecnici. Noi abbiamo una responsabilità politica. Valutiamo a tutto tondo gli aspetti in gioco. Noi seguiamo la trasparenza. Ma io e i miei ministri ci assumiamo tutta la responsabilità». Ma, ahimè, è passato più di un anno e gli atleti in gara continuano a cambiare; consapevoli che sia la scienza sia la politica – in quanto formate da uomini – commettono errori, auguriamoci che dagli errori del passato si impari cercando un equilibrio capace di mantenere viva l’umanità in tutte le sue componenti, fisiche e morali.
« Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra. » (Hans Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, 1979)
17 settembre 2021
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