Dopo l’avvento dell’evoluzionismo, si è tentato di applicare le categorie darwiniane alla società umana e in particolar modo alla storia dell’uomo. Concetti come quelli di “sviluppo” ed “evoluzione” sono stati molto spesso utilizzati per descrivere processi storici. È necessario però domandarsi se e in quale misura questi concetti possano essere applicati alla storia e che rapporto intercorre tra l’uomo e la natura nell’applicazione delle leggi evoluzionistiche.
di Margherita Moro, Scambi festival
Scambi festival mette al centro la relazione in tutte le sue sfaccettature, come quella del riconoscimento. Detta con Hegel, a Scambi i partecipanti «si avvicinano sì con incertezza e timidezza, ma anche con fiducia, giacché ognuno sa immediatamente sé nell’altro, e il movimento è soltanto l’inversione attraverso cui ognuno fa esperienza che anche l’altro sa sé nel proprio altro».
di Leonardo Guglielmini
Eh, sono cose da italiani. Proprio un lavoro all’italiana! Sono solo un paio delle tante frasi che si sentono dire tutti i giorni nel nostro Paese, con le varie declinazioni di “italiano” utilizzate con un significato tendente al negativo: cercando di parafrasare, qualcosa fatto all’italiana è pressapochista, impreciso e, talvolta, dal fare truffaldino e sottobanco. La domanda sorge spontanea: quali sono i comportamenti tipici degli italiani? Quali le loro abitudini?
Non si è mai felici, ma innamorati sempre del non essere ancora eterni.
di Fausto Trapletti
Muovendo da testi di Dostoevskij e Huxley si vuole porre e cercare di analizzare brevemente la questione se sia possibile essere contemporaneamente liberi e felici.
di Riccardo Sasso
Socialismo e cristianesimo, qualcuno dirà, “due storici avversari”. Ma è veramente così? Forse sono stati i cristiani e i socialisti a combattersi, ma Cristo non sarebbe stato nemico del socialismo. Forse è stata la Chiesa che, tra XIX e XX secolo, ha strenuamente combattuto il socialismo, senza rendersi conto di come questo non fosse antitetico alla corretta interpretazione del messaggio di Gesù Cristo. Questa è la tesi del teologo e pastore luterano svizzero Karl Barth (1886-1968), sostenuta nel discorso tenuto presso il Circolo operaio di Safenwil, il 17 dicembre 1911.