Dopo l’avvento dell’evoluzionismo, si è tentato di applicare le categorie darwiniane alla società umana e in particolar modo alla storia dell’uomo. Concetti come quelli di “sviluppo” ed “evoluzione” sono stati molto spesso utilizzati per descrivere processi storici. È necessario però domandarsi se e in quale misura questi concetti possano essere applicati alla storia e che rapporto intercorre tra l’uomo e la natura nell’applicazione delle leggi evoluzionistiche.
Per il filosofo scozzese David George Ritchie, che nel corso della sua ricerca filosofica ha tentato di mettere assieme evoluzionismo e idealismo, il processo storico consiste nell’avanzamento verso il compimento di quegli ideali di vita che l’uomo si è posto come animale sociale. Questo non vuol dire che la storia proceda lungo una linea retta verso un progresso sempre maggiore: possono esserci regressioni o impoverimenti spirituali. Se a volte, all’interno della storia, sono stati fatti dei passi indietro, questo è indice, per Ritchie, della differenza che c’è tra uomo e animale: la condizione dell’uomo dipende dalle istituzioni sociali in cui è inserito, le quali sono soggette alla libertà morale e non a qualche istinto originario. Proprio perché il processo storico è influenzato dal pensiero dei singoli individui, per Ritchie è possibile che si presenti quel movimento dialettico che viene alla luce chiaramente nella storia della filosofia. Il concetto può avanzare solo grazie a continue opposizioni, non segue quindi un percorso lineare, ma è soggetto a correzioni che gli indirizzano la rotta. Proprio in virtù di questo carattere dialettico, il passato non è qualcosa di statico, che segue sempre la stessa idea di sviluppo: lo spirito del tempo è in continua evoluzione e proprio in virtù di questa sua caratteristica va studiato ed esaminato.
« Ritchie crede che, siccome questo spirito cambia nel tempo, i filosofi e i grandi storici abbiano bisogno di analizzare il passato non semplicemente come un oggetto statico, ma come parte di un flusso di cambiamento. » (C. Tyler, D.G. Ritchie on Socialism, History and Locke)
Il progresso avviene in modo differente nella specie umana, rispetto al mondo organico inferiore. Mentre nelle specie meno avanzate l’inadatto soccombe alle circostanze e perde la lotta per l’esistenza, nell’uomo non avviene questo e non è detto che l’individuo meno avanzato debba necessariamente soccombere di fronte a colui che è più avanti nel processo. Ciò che qui Ritchie vuole sostenere è che la sopravvivenza fisica di un determinato individuo o gruppo di individui non dipende dal successo delle istituzioni sociali in cui è inserito. Un individuo può vivere lo stesso anche se le sue istituzioni, lingue, religioni, forme di governo vengono dialetticamente superate in meccanismi più avanzati. Mettendo da parte il concetto di razza, che nell’epoca di Ritchie non godeva delle stesse conoscenze di cui possiamo beneficiare ora, ciò che il filosofo scozzese vuole affermare è molto chiaro: una popolazione può avanzare senza che i suoi membri debbano per forza soccombere: questo è possibile grazie alla razionalità, che permette di modificare all’interno della storia il contesto sociale in cui l’uomo è inserito.
« Una razza vigorosa può vivere attraverso numerose istituzioni politiche e sociali; d’altro canto, istituzioni di successo possono diventare appannaggio di più razze. Ora, sebbene non in ogni campo così chiaramente come nella storia della filosofia, nella storia della civiltà noi possiamo vedere generalmente l’incedere di questa critica dei costumi e delle idee. Le rivoluzioni, pacifiche o meno che siano, sono transizioni da uno stadio a un altro, solitamente innescanti una contro-rivoluzione, ma nelle società del progresso coadiuvano il movimento in avanti attraverso ogni tipo di rotta a zigzag. » (D.G. Ritchie, Darwin e Hegel)
La storia umana non si basa solo su elementi biologici, ma ha a che fare con idee e ideali che muovono le azioni dell’uomo. C’è differenza tra il «processo cieco della mera natura e il processo parzialmente consapevole dell’evoluzione umana» (D.G. Ritchie, Evolution and Democracy), in quanto nell’uomo è presente quella razionalità che rappresenta la cifra distintiva rispetto agli altri esseri viventi. Lo studio della storia diventa quindi fondamentale per rileggere il processo razionale che caratterizza l’evoluzione dell’uomo nella società. In particolare, la filosofia della storia è quella disciplina che permette di rileggere questo processo alla luce del materiale che le viene fornito dalla storia. Sembra impossibile interpretare gli avvenimenti presenti senza risalire alla loro origine storica e al loro processo di formazione: è proprio questo il compito della filosofia della storia, studiare come dal conflitto si ottenga il progresso, inserendo i vari passaggi della storia umana all’interno dell’evoluzione di un’idea. La filosofia della storia analizza i fatti storici alla luce del pensiero, ossia «mostra la loro razionalità, il loro significato come parte dell’unico grande processo che il filosofo, assieme alle persone più schiette, ritiene essere la storia.» (D.G. Ritchie, The Rationality of History) Se vista sotto un aspetto dialettico, la storia non rappresenta più una serie cronologica di eventi, ma è «l’autorealizzazione dell’uomo nel tempo», «un tentativo di leggere i significati» (D.G. Ritchie, Cogitatio metaphysica). Il movimento dialettico della filosofia della storia, per Ritchie, parte da un’unità astratta, si dirige verso la molteplicità, per poi approdare all’unità concreta, ossia l’unità del molteplice. Ritchie puntualizza però che la razionalità soggiacente le azioni umane e il fine in vista del quale queste sono inserite non sempre sono consapevoli all’interno dell’individuo, anzi, a volte sono inconsci. Il processo sviluppato dalla filosofia della storia non è quindi necessariamente un processo consapevole, ma molto spesso è lo spirito del tempo che incarna lo stare al mondo inconscio degli individui.
« Le società raggiungono questo progresso attraverso processi evolutivi, molti dei quali sono intrapresi dagli individui in modo consapevole, razionale e deliberato per raggiungere un compito particolare, e altri invece sono risposte inconsce, imitative e involontarie a simili compiti e problemi o a problemi che al momento non sono riconosciuti come bisognosi di essere raggiunti, o anche come esistenti. » (C. Tyler, D.G. Ritchie on Socialism, History and Locke)
L’uomo non è semplicemente parte della natura, ma ha un motore interiore che lo distingue dagli altri organismi biologici, ossia il libero arbitrio. Esso non deve essere visto come l’interruzione della catena causale naturale, che porta i diversi organismi ad agire, ma rappresenta piuttosto quella spinta interiore che caratterizza l’uomo. Questa spinta nasce dai fini che l’uomo si prefigge di realizzare, i quali fanno sì che si senta responsabile delle sue azioni: «è una causa efficiente e finale, non semplicemente una casa materiale e formale». (Ivi) L’uomo è libero nella misura in cui riesce a costruirsi da sé i propri fini e si sente responsabile nell’agire per adempierli. Mentre l’evoluzionismo tende a produrre una sorta di fatalismo nella visione della natura, l’idealismo portato avanti da Ritchie cerca di dare il giusto spazio all’interno dell’evoluzione al campo di possibilità dell’azione umana. L’uomo non è solo una lunga serie di meccanismi biologici che lo portano ad essere ciò che egli è, non è una catena predeterminata di cause che lo determinano, ma è caratterizzato invece dalla coscienza di sé, la quale lo spinge ad agire in base ad un fine che egli si impone. Come scrive Lombardi, in Ritchie questa causa ultima scaturisce dalle relazioni organiche che si instaurano tra i diversi elementi dell’universo, è interna alla Natura, non è la finalità «“esterna” dell’orologiaio onnipotente, ma esattamente quella che consiste nella visione, ancorché solo formale, del processo compiuto: la consapevolezza della sua idealità ultima.» (A. Lombardi, David George Ritchie. Un darwinista hegeliano nell’Inghilterra vittoriana) A partire da questo guadagno, la storia diventa quindi la lotta che spinge l’uomo ad emanciparsi dalla mera naturalità, mentre la filosofia della storia si occupa di cercare le cause finali verso cui l’uomo è diretto e di dare una visione teleologica ai fenomeni.
« La storia è la lotta per la liberazione dal fato. Questa consapevolezza, che rende possibile la conoscenza, non deve essere immaginata come una mera ricezione passiva di impressioni. […] Maggiore è l’avanzamento della conoscenza, maggiore sarà lo sforzo nel creare (o ricreare) il mondo per noi stessi: molto di più che lasciare che una serie di immagini passino davanti i nostri occhi chiusi. » (D.G. Ritchie, Confessio fidei)
« La filosofia della storia […] è il tentativo di leggere il piano della Provvidenza, di rivelare la trama del grande teatro che è stato rappresentato nel corso dei secoli. » (D.G. Ritchie, The Rationality of History)
Con Provvidenza qui Ritchie non intende quella delle religioni rivelate, inaccessibile all’uomo, ma un disegno intelligibile, in quanto intelligente. Essa rappresenta «lo Scopo realizzato, via via sempre più chiaro e decifrabile nei sentieri che ha imboccato per giungere alla propria attuazione.» (A. Lombardi, David George Ritchie. Un darwinista hegeliano nell’Inghilterra vittoriana) Il percorso che spinge l’empirico a realizzarsi è l’evoluzione, la quale è da concepirsi sia dal punto di vista spirituale, sia da quello prettamente biologico.
Sembra esserci però una contrapposizione tra la libertà dell’arbitrio umano e la necessità del nesso causale che caratterizza i processi biologici, tra la libertà del bene morale e la verità dei concetti scientifici. Ritchie critica questa contrapposizione partendo dalla definizione di “necessità” dal punto di vista scientifico, la quale non è altro se non la necessità di una sequenza logica. Date certe condizioni x, ci si aspetta che scaturiscano gli effetti y. È possibile determinare questa “necessità”, in quanto la natura è interpretabile e coerente e quindi ci si può prefigurare i suoi movimenti con una certa prevedibilità. Ritchie però sottolinea come sia diverso credere che una cosa sia necessaria in base alle cause che la determinano e credere nel fatalismo che sia tutto predeterminato. La necessità, intesa nel primo significato, può essere applicata anche all’uomo e ai suoi comportamenti, senza per questo pensare che l’uomo sia meccanicamente legato ad una serie causale di avvenimenti che non gli lasciano possibilità di scelta.
« La necessità indica un mondo ordinato e intelligibile, nel quale certe cause producono certi eventi. Il fatalismo o la chiaroveggenza implica un modo caotico, nel quale gli eventi possono accadere in qualsiasi modo, o, almeno, sono presenti interferenze arbitrarie con la sequenza ordinata di eventi. » (D.G. Ritchie, Studies in Politcal and Social Ethics)
Ritchie prosegue poi prendendo in considerazione il libero arbitrio. Per Aristotele e Tommaso un atto è libero quando la causa dell’azione è contenuta nell’agente stesso, o, in altri termini, quando la causa dell’azione risponde ad un dettame della ragione. È quindi possibile parlare di libero arbitrio quando le motivazioni delle azioni si discostano dai meri impulsi naturali e si spostano nel piano della ragione. Così concepito, il libero arbitrio non è diverso dalla necessità scientifica riscontrabile negli organismi biologici, ossia che data una determinata causa, segue un certo effetto.
« [L’uomo] è libero in un senso più alto solo quando agisce in accordo con i dettami della sua ragione, quando la ragione determina i contenuti della sua volontà, quando le motivazioni non sono intese solamente come distinte dagli impulsi, ma sono quelle motivazioni che la sua ragione approva. In questo significato di libertà non c’è alcuna opposizione tra libertà e necessità. La libertà in questo senso è opposta alla schiavitù, ed è identica alla razionalità. » (Ivi)
Nell’intersezione tra razionalità e libertà si apre quindi la possibilità per uno studio dell’evoluzione nella storia, senza queste due componenti non sarebbe possibile rintracciare un percorso all’interno dell’esistenza naturale. Solo fondando il valore del libero arbitrio e facendo vedere come questo sia soggetto alle leggi della ragione, è possibile pensare ad una storia che si compia in vista di un fine. Una volta approdati a questo punto, si apre lo spazio per la morale, ossia il tentativo del singolo di conformarsi al fine che la ragione gli detta.
29 agosto 2022
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