Nel sistema di Hegel la musica, come la pittura e la poesia, esprime un contenuto talmente profondo e spirituale che non è in grado di trovare una forma sensibile adeguata. Ma qual è la sua specificità?
Nel sistema hegeliano l’arte, la religione e la filosofia sono le tre forme che costituiscono, nel loro movimento dialettico, lo spirito assoluto. Esse condividono lo stesso contenuto, ma ciò che le distingue è la modalità in cui tale contenuto viene espresso. Dunque, l’arte assume un’importanza radicale in quanto è espressione dello spirito assoluto; è il tentativo di rendere presente sensibilmente per l’intuizione ciò che la filosofia tenta di comprendere tramite il concetto speculativo. Con essa si può mostrare ciò che con la filosofia si può pensare.
L’arte, a sua volta, presenta in sé stessa una divisione triadica e ogni momento differisce dall’altro per la relazione fra la forma sensibile e il contenuto spirituale che descrive. Nell’arte simbolica si osserva uno squilibrio nel rapporto fra la forma e il contenuto, dove invece è perfettamente equilibrato nell’arte classica e nuovamente sbilanciato, verso il contenuto, nell’arte romantica. Proprio in quest’ultima si trova la musica nel sistema di Hegel, e ciò vuol dire che in essa, come nella pittura e nella poesia, il contenuto è talmente profondo e spirituale che non è in grado di trovare una forma sensibile adeguata. In quest’arte prevale lo spirituale, il soggettivo per mezzo del quale il sensibile acquista significato.
La musica segna il passaggio fondamentale dalla spazialità alla temporalità, cioè dal senso della vista al senso dell’udito che si traduce nel «completo ritirarsi nella soggettività sia dal punto di vista interno che dell’esterno» (Ä, III, p. 993). Dalle tre dimensioni della scultura, ridotte a due dimensioni dall’arte pittorica, si passa alla cancellazione della dimensione spaziale attraverso un materiale che nega di per sé la sua esteriorità, il suono. Il colore, come il marmo, resta, mentre il suono svanisce immediatamente, e questo venire meno dello spazio e del suono stesso, subito dopo essere sorto, si conforma alla soggettività interna. Così, la musica è quell’arte in cui la soggettività si sente, per la prima volta, veramente a casa.
Essendo il suono totalmente astratto, per il suo negarsi da sé e la conseguente negazione dello spazio, solo l’interiorità astratta, l’io completamente vuoto, è adeguata all’espressione musicale. Così «il compito principale della musica consisterà nel far risuonare […] il modo con cui l’io più intimo è in sé mosso secondo la sua soggettività ed anima ideale» (Ä, III, p. 994). I suoni non sono come i colori o il materiale della scultura, i quali esprimono una determinata distanza fra noi e l’opera. Infatti, quando siamo di fronte ad un quadro o ad una scultura osserviamo qualcosa che è esterno e distinto da noi; mentre, quando ascoltiamo un’opera musicale, quel grande sistema di suoni scorre nei sentieri più profondi dell’anima coinvolgendo tutta la nostra soggettività mostrando una sorta di unità, e non più una distinzione, con l’opera artistica. «Quando si afferma [la musica] — dice sempre Hegel — l’io non rimane per sé stesso, ma si sente rapito» (Hotho 1823, p. 255), cioè l’anima rimane incantata smarrendo quella libertà che coglie quando l’opera artistica è distinta da lei nello spazio. Nella musica vi è il tempo, e i suoni succedono fra di loro creando una perfetta comunione con la soggettività in quanto anch’essa diviene nel tempo.
La potenza della musica non sta nel comprendere qualcosa, o di comprendere meglio, ma si determina nel vivere nel profondo dell’anima mediante il sentimento. L’arte musicale non propone allo spirito nessuna considerazione intellettuale, o intuizione, di un particolare contenuto poiché il suo effetto, che può tradursi nel suo fine principale, è poter rendere vivo quel contenuto nell’interiorità soggettiva. Dunque, il contenuto della musica si può cogliere nell’interno della soggettività stessa, dove viene percepita la totalità dei suoni composti e ideati elevando il sentimento. Quest’ultimo è l’oggetto della musica, «la prima espansione della soggettività» nella quale, durante il movimento dei suoni, è presente un contenuto che il soggetto sente: il pianoforte rompe il tedio dell’aria ferma e con il vibrare delle note ricorda un motivo amoroso, allora io sento e vivo intensamente questo amore poiché nella vita l’ho vissuto, lo sto vivendo o lo voglio vivere. Per questo «il sentimento è sempre quel che riveste [l’involucro] il contenuto, quando viene posto in relazione alla mia soggettività» (Hotho 1823, p. 257). L’interno che coglie sé stesso come sentimento, tale è il fine della musica. Tuttavia, i sentimenti possono accendersi nello spirito anche senza l’opera dell’artista, è sufficiente l’esistenza stessa. Si comprende che il lavoro proprio della musica sia quello di levigare il sentimento, come lo scultore leviga il marmo. Il materiale della musica è sempre il suono, ma questo permette al sentimento di essere cadenzato e determinato o, più semplicemente, ordinato e non gridato.
Hegel nella sua spiegazione si trova a dover distinguere più forme di musica: la musica solo strumentale e la musica vocale, cantata o di accompagnamento. Si nota come l’autore, anche se non lo esplicita, predilige la seconda in quanto la musica solo strumentale può soddisfare, ovvero determinare e levigare il sentimento, solo coloro che hanno una buona conoscenza ed esperienza nell’ambito musicale. Nella musica di accompagnamento, più libera e in comunione con lo spirito, il contenuto non è dato dal sentimento della sola intimità soggettività, ma vi è già una rappresentazione elaborata. Inoltre, «alla musica si unisce sempre il discorso, è questa la determinazione originaria di essa» (Hotho 1823, p. 261). L’arte musicale trova la sua origine proprio nel discorso e dunque è prima di tutto accompagnamento, che non significa subordinazione della musica alla parola, bensì rivestimento. La musica, prima di tutto, riveste parole, e quest’ultime sono al servizio di lei. Ora, la musica che suona una determinata composizione testuale non svolge tale lavoro per il pensiero, per comprendere meglio o interamente il testo. Quel che la musica fa è vivere il significato più profondo che il testo vuol dire, ossia immergersi con tutto il proprio animo nel senso stesso della rappresentazione: se la filosofia esiste per comprendere il significato, la musica è l’arte che esiste per vivere il significato.
Nel Crucifixus di Antonio Lotti, evocato da Hegel, si canta un breve passo del Simbolo apostolico: "Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato: passus, et sepultus est". Quest’opera riassume tutta l’argomentazione della musica in Hegel. Il passo citato ricorda la passione di Cristo, e le otto voci che dialogano tra loro non ci dicono qualcosa che prima non sapevamo, non ci fanno sapere la ragione del dolore di Cristo trafitto dalla lancia romana al costato destro. Il suo scopo non è sapere più di quanto già si sa; l’opera di Lotti ha la grande potenza di farci vivere il grido di Cristo. In essa tutto il nostro animo viene rapito, tutto ciò che c’era si dissolve per rimanere solo la verità dell’Uomo sulla croce. Veniamo privati della nostra libertà per accoglierla nel significato profondo dell’opera, rivivendo «nel […] io più intimo quel che di più intimo vi è in questa morte e in questi dolori divini» (Ä, III, p. 1045). Viviamo nel profondo dell’anima la bellezza di queste voci poiché rivestono delicatamente Cristo sofferente. Questo è il sentimento che proviamo grazie alla musica, levigato e reso più bello.
I testi citati:
G. W. F. Hegel, Estetica, Einaudi, Torino 1997 [Ästhetik]
G. W. F. Hegel, Lezioni di estetica, Laterza, Bari 2007 [Hotho]
30 aprile 2022
SULLO STESSO TEMA
M. Chatel, I filosofi e la musica. Piccola guida storica
E. Nadai, Wittgenstein e la musica
F. Pietrobelli, Libera da tutto o diretta al concetto? Lo sviluppo della musica nell’“Estetica” di Hegel