Ritchie tenta di superare la separazione astratta tra individuo e Stato, cerca di demolire il fondamento della società attuale. La proposta di Ritchie è ancora interessante perché attacca la nostra concezione di Stato, fa quello che la filosofia deve fare se vuole essere degna di questo nome: mettere in discussione quello che è dato per presupposto.
Nel suo testo intitolato I principi dell’ingerenza dello Stato. Quattro saggi sulla filosofia politica di Mr. Spencer, J.S. Mill e T.H. Spencer David George Ritchie prende in esame, come sottolinea già il titolo, la questione dell’interferenza statale nei confronti dell’individuo. Viene preso in considerazione il rapporto conflittuale tra Stato ed individuo. Questo problema non è nuovo, ma al contrario ha una grande tradizione nell’ambito filosofico britannico. In questo contesto la celebre opera di Spencer intitolata L’uomo contro lo Stato può essere considerata il punto di riferimento del dibattito. Ritchie, infatti, decide di dedicare la prima parte del suo libro a Spencer e al tentativo di confutare le sue affermazioni liberali.
Prima di continuare con l’analisi della proposta di Ritchie, ha senso accennare al motivo per cui questa analisi può essere ancora interessante. Ritchie indaga e cerca di confutare la pretesa di separare l’individuo dallo Stato: basterebbe forse questo spunto per capire l’importanza attuale di questo filosofo. Questa riflessione di Ritchie è estremamente importante perché mette in dubbio la concezione odierna dello Stato: una visione liberale che ha dimenticato la relazione indissolubile tra singolo e Stato. Ritchie tenta di superare la separazione astratta tra individuo e Stato, cerca di demolire il fondamento della società attuale. La proposta di Ritchie è ancora interessante perché attacca la nostra concezione di Stato, fa quello che la filosofia deve fare se vuole essere degna di questo nome: mettere in discussione quello che è dato per presupposto.
Per Spencer l’individuo è sempre in opposizione allo Stato, il singolo deve lottare con tutte le proprie forze contro l’interferenza statale. I problemi dell’individuo, per Spencer, sono tutti derivanti da un’eccessiva presenza dello Stato. Spencer si rifà alla categoria del laissez-faire per tracciare il proprio ideale di Stato: un’istituzione che lascia libero l’individuo in tutti i suoi ambiti e non interferisce con la vita del singolo. Questa visione liberale si esplicita ancora di più nell’ambito economico, dove l’intervento dello Stato viene considerato come irrimediabilmente deleterio. Qualsiasi misura statale, che vada a modificare lo scorrimento naturale del mercato, è dannosa al benessere dell’individuo. Il parallelo con la concezione odierna dell’economia è fin troppo lapalissiano, lo Stato attuale si può vedere come l’applicazione della concezione liberale spenceriana. Uno Stato in cui qualsiasi misura è atta a liberare le leggi del mercato, dove ogni governo parte dal presupposto che l’unico obiettivo da raggiungere è quello dell’aumento percentuale del PIL. Pensare all’andamento economico di uno Stato come l’unico fattore che stabilisce la bontà di un governo significa affermare che l’importanza dello Stato è minore di quella del mercato. Lo Stato vede se stesso come inferiore al mercato: è questo l’ideale a cui Spencer si ispirava e l’attualità porta avanti, coscientemente o meno, questo tentativo di stabilire uno Stato del laissez-faire.
La concezione liberale dello Stato che abbiamo appena delineato poggia le proprie basi sul concetto di individuo astratto. Ritchie scrive che il laissez-faire è possibile solo se l’individuo è effettivamente e irrimediabilmente separato da ciò che lo circonda. Il liberalismo, che tanto critica le elucubrazioni metafisiche, fonda il proprio pensiero su un concetto metafisico: «l’individuo è pensato […] come se avesse un significato separato da ciò che lo circonda e dalle relazioni che lo rendono membro di una comunità». Il fondamento del liberalismo è tutto qui: l’individuo esiste al di fuori delle relazioni in cui è immerso, il singolo non è determinato da ciò che lo circonda. Se le relazioni dell’individuo sono separate dall’individuo stesso, allora ogni ingerenza statale è indebita poiché va a diminuire le possibilità dell’individuo. In questa concezione «lo Stato è visto come un elemento che si oppone all’individuo». Lo Stato e l’individuo, scrive Ritchie, si trovano in antitesi: il singolo può essere più libero solo se lo Stato diminuisce il suo potere, allo stesso tempo lo Stato può aumentare la propria sfera d’azione solo se l’individuo perde una parte della sua libertà.
Ritchie procede con la confutazione del principio metafisico del liberalismo. Il concetto di individuo astratto è contraddittorio. Per il filosofo scozzese, la separazione tra l’individuo e le sue relazioni è un’operazione fallace: «L’individuo, separato da tutte le relazione che intrattiene con una comunità, è una negazione». Si potrebbe forse dire, rimanendo all’interno del ragionamento di Ritchie, che l’individuo astratto del liberalismo è un non-individuo. Il liberalismo afferma ciò che non si può dire: l’individuo al di fuori delle sue relazioni con la comunità. L’individuo non è separato dalle sue relazioni perché esiste solo in queste relazioni. Non esiste e non è possibile pensare un individuo al di fuori delle sue relazioni, l’individuo astratto del liberalismo è la negazione stessa dell’individuo. Allo stesso modo lo Stato liberale è un non-Stato: se un’istituzione decide già a priori di non voler intervenire nella vita dei suoi membri, allora non ha senso di esistere. Spencer pensa che sia possibile pensare una cosa al di fuori delle relazioni che la determinano, questa pretesa viene ulteriormente esplicitata nella sua concezione di organismo sociale.
Per Spencer l’analogia tra Stato e organismo naturale mette in evidenza la distanza che intercorre tra i vari individui. Anche questa analogia è vista alla luce della separazione tra gli individui, i membri che compongono la società sono considerati come degli atomi che non si incontrano, non si parlano, non si relazionano. Eppure, come ci ricorda Ritchie, il concetto di organismo dovrebbe suggerire proprio il contrario, ossia la relazione che intercorre tra le parti del tutto. L’organismo umano esemplifica questo rapporto tra le parti e il tutto: le parti del corpo sono sempre in relazione tra loro e concorrono al benessere del tutto, che è anche il proprio. Lo sviluppo delle parti va di pari passo con lo sviluppo dell’organismo, non è possibile che le parti dell’organismo si sviluppino autonomamente. Uscendo dall’immagine dell’organismo: i membri dello Stato sono sempre in rapporto con quest’ultimo e lo sviluppo di questi due versanti avviene all’unisono. Se l’essere umano è progredito, allora vuol dire che anche lo Stato dovrà essere più presente. Credere che una società più avanzata non abbia bisogno di uno Stato, significa dimenticare l’indissolubile relazione tra l’organismo e le sue parti. «Se la società è un organismo, più la comunità è avanzata, più l’organismo, a cui le corrisponde, dovrebbe essere sviluppato».
Tutta la concezione spenceriana dello Stato poggia sulla separazione indissolubile tra membro e comunità. Eppure, il collegamento indissolubile tra le parti e il tutto sembrerebbe un fatto inconfutabile, qualcosa che incontriamo continuamente nella nostra esperienza quotidiana. La stessa esperienza quotidiana esemplifica questo collegamento indissolubile: ogni nostra azione è influenzata dagli altri, ma allo stesso modo li condiziona a sua volta. Come ci ricorda Ritchie: si può capire un individuo solo se si capiscono le relazioni che lo determinano, non si può comprendere il singolo al di fuori delle sue relazioni con gli altri perché questo individuo separato non esiste. «L’individuo, ossia il cittadino con diritti e doveri, è un complesso di idee, emozioni e aspirazioni che sono comprensibili solo come il prodotto dell’incessante azione e reazione del mondo spirituale (cioè intellettuale, morale, ecc.), che non si limita a circondare l’individuo, ma che in definitiva lo costituisce».
Dimenticare la relazione che intercorre tra gli individui e negare che lo Stato sia la manifestazione cosciente di questo legame tra i suoi membri è un atteggiamento proprio della nostra società. Questa dimenticanza della società moderna, attribuibile come abbiamo visto anche a Spencer, ha un significato più profondo che oltrepassa la questione statale. È lo stesso Ritchie ad indicarci la via per andare oltre la questione statale, anche se poi non svilupperà questo spunto. Il filosofo scozzese mette in evidenza la seguente problematica: se l’individuo è costituito dalle sue relazioni, allora si può conoscere l’individuo solo se si conoscono tutte le sue relazioni. Conoscere tutte le relazioni di un individuo significherebbe sapere l’insieme di tutto ciò che ha fatto, pensato, provato, ecc. Ogni singola relazione dell’individuo è inscindibile dall’insieme delle relazioni del tutto, per sapere una singola relazione dell’individuo sarebbe necessario sapere la totalità delle cose. Una singola cosa è determinata da tutto ciò che non è quella cosa, pertanto per conoscere completamente una cosa sarebbe necessario sapere la totalità. Da quest’ultimo ragionamento abbozzato si può intravedere quell’impossibilità che lo stesso RItchie delinea: «non possiamo mai conoscere completamente una cosa o una persona, perché non possiamo comprendere l’universo».
Questa impossibilità di conoscere completamente qualcosa potrebbe sembrare la perfetta giustificazione dell’atteggiamento del laissez-faire: se la relazione tra gli individui è inconoscibile allora tanto vale eliminare lo Stato, visto che quest’ultimo non può instaurare un’effettiva relazione tra i suoi membri. L’impossibilità dell’effettiva conoscenza dell’altro non deve però essere un punto di arrivo, come sostiene Spencer, ma un punto di partenza. L’esistenza umana è possibile solo da questo punto di partenza, da questo scarto che ritroviamo in ogni situazione. Una distanza inseparabile tra sé e l’altro, una distanza che però è il riflesso della stessa impossibilità di conoscere completamente se stessi. La frase di Ritchie può essere applicata anche alla conoscenza di se stessi: non posso mai conoscere completamente me stesso, perché non posso comprendere l’universo. Dimenticare questo scarto essenziale significa equivocare lo sfondo da cui l’essere umano agisce, pensa, vive. L’essere umano fa quello che fa perché esiste questa distanza, solo in questa situazione l’individuo sente la necessità di fare qualcosa, provando a superare questa impossibilità di capire se stesso e gli altri. Lo Stato è il tentativo interminato e interminabile di superare questa separazione tra gli esseri umani, cercando di portare a coscienza le relazioni che intercorrono tra gli uomini. Dire che lo Stato non serve a niente equivale a dire che gli sforzi umani sono vani. Si può fare una critica allo Stato solo se lo riconosciamo come uno dei tanti tentativi umani di riconciliare la totalità con le sue parti. Come è già stato detto prima: l’eccedenza della totalità è il punto di partenza dell’essere umano e dei suoi tentativi, non è il punto di arrivo con cui giustificare il laissez-faire dello Stato.
10 gennaio 2022
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