L’interfacciarsi del pensiero con la realtà del Divino non è mai statica ma dinamica. Il parlare di Dio non è una “sublime ricapitolazione” com’ebbe a definirla il venerabile Jorge de “Il nome della rosa”. Quale arroganza acceca l’uomo che pensa di esaurire con la sua ragione l’Inesauribile …
Tradizionalmente, la filosofia e la teologia hanno concepito Dio alla stregue del parmenideo “Essere assolutamente necessario” (ontoteologia). Questa concezione, però, è stata messa in discussione da filosofi come Luigi Pareyson. Pareyson ha visto in questa concezione, ‘necessitarista’, un elemento di svilimento del Divino. Dio dovrebbe essere concepito invece come Libertà assoluta. Nel seguente articolo andremo a ripercorrere i punti salienti della concezione di Pareyson
Nel testo Ontologia della libertà [NOTA: tutti i passi pareysoniani citati nel seguente articolo sono tratti dall’edizione L. Pareyson, Ontologia della libertà - Il male e la sofferenza, prefazione di G. Riconda e G. Vattimo, Einaudi, Torino, 2021] Pareyson propone una nuova interpretazione dell’ego sum qui sum con cui Dio si presenta a Mosè. Il filosofo italiano specifica subito di non essere d’accordo con l’interpretazione tradizionale di questo passo biblico: “Io sono colui che sono”, e cioè, il puro Essere. L’Essere inteso alla maniera di Parmenide: ciò ch’è che non si da alcuna possibilità che non sia. L’interpretazione di ‘Esodo 3, 13’ proposta di Pareyson si distacca dall’idea di Dio come “Essere necessario”, in favore di un’idea di Dio come “Libertà”.
Sostituendo la “libertà” alla “necessità” non si ottiene più “Io sono colui che sono”, ma “Io sono chi voglio essere”. Il filosofo italiano così afferma: «Dio vuole esistere e vuole essere quello che è, ciò significa ch’egli è libero non solo riguardo all’essere in generale, ma innanzitutto riguardo al suo proprio essere, non legato insomma né alla propria esistenza né alla propria essenza». Con questa concezione, Pareyson svincola Dio da quel residuato di costrizione (necessità) a cui filosofia e teologia tradizionali l’avevano legato.
Dio, nella prospettiva pareysoniana, non è costretto neppure da “se stesso” e può scegliere liberamente se essere e che cosa essere.
In un passo successivo, Pareyson rimarca ulteriormente il concetto di “libertà di Dio” con le seguenti parole:
« Dio stesso come libertà assoluta e volontà originaria contiene, anzi è, la risposta alla “domanda fondamentale” [Qual è il suo nome? (Es. 3, 13)], ma non la enuncia in termini espliciti: si limita a dire “io sono chi mi pare, io sono chi voglio”, che è una dichiarazione definitiva. Non c’è altro da dire: è un atto assoluto di volontà e libertà, col quale Dio si fa e si dice padrone del proprio essere e dell’essere in generale. »
Con questa nuova concezione ermeneutica, Pareyson ridà la dignità della Sovranità a Dio. Il Divino non è obbligato a se stesso dalla necessità, ma può decidere con la sua libertà anche di se stesso. Servendoci di alcune categorie del pensiero di Karl Jaspers, possiamo dire che, nell’ottica di Pareyson, mentre l’uomo è vincolato all’interno del raggio del suo “se stesso”; Dio è assolutamente libero e non è vincolato neppure dal suo “se stesso”. Egli, in altri termini, sceglie la sua stessa essenza ed esistenza, un livello di libertà ulteriore rispetto all’essere umano. La concezione da me proposta, attraverso l’applicazione della categoria esistenzialista di Jaspers, sarebbe forse accettata anche da Pareyson secondo cui «Dio è padrone della sua propria essenza, perché il lui atto ed essenza, essenza e volontà sono tutt’uno».
Andiamo ora ad approfondire ulteriormente la nuova concezione di Dio come “assolutamente libero” proposta da Pareyson.
Quali sono gli esiti a cui porta la concezione di Dio come libertà? Come abbiamo detto, nell’ottica del filosofo italiano, la libertà di Dio non si limita alle azioni da Lui compiute, ma si estende anche all’autodeterminazione di Dio stesso. Questo porta Pareyson a postulare un momento anteriore, naturalmente non in senso temporale, all’atto della creazione. Il momento “ante-creazione” è quello in cui Dio ha scelto che cosa voleva essere, l’istante in cui Dio ha vinto il nulla (la negatività). Che cosa s’intende sostenere con questa concezione? Riproponiamo un passo dello stesso Pareyson per offrire una migliore spiegazione:
« [Prima di tutto] C’è l’abissalità di Dio, cioè: quel vuoto che c’è prima di Dio ed è Dio stesso (la libertà di Dio, Dio come libertà) è Dio come puro inizio, che implica appunto il nulla della libertà. Prima di Dio non c’è che Dio. Ma Dio, prima di Dio, c’è. L’esistenza di Dio non può dipendere che da Dio stesso; per forza bisogna ammettere questa specie di sdoppiamento divino. L’esistenza di Dio è un atto della sua libertà originaria, è un atto di libertà che si istituisce. La libertà di Dio pone l’esistenza di Dio, la libertà di Dio, cioè: l’abissalità divina, il nulla della libertà come inizio, pone l’esistenza di Dio, cioè il frutto di questa libertà, che diventa quindi un fatto storico. Il primo fatto storico in assoluto è l’esistenza di Dio, che perciò è indeducibile – che perciò è iniziale. »
La prima cosa che balza all’occhio è “lo scacco del linguaggio ordinario” dinanzi alla priorità di Dio: il difficile utilizzo di una terminologia ordinaria per esprimere ciò che sta oltre l’ordinario. Nonostante questa difficoltà, assai affascinante è vedere come Pareyson riesca a far passare l’idea Inesprimibile.
Per comprendere pienamente il passo sopra citato, si deve innanzitutto comprendere che cosa vi fosse prima della creazione (s’intenda sempre il prima non in senso temporale) e prima di Dio. Il filosofo italiano afferma che prima di tutto c’è «l’abissalità stessa di Dio e il nulla insieme». Allo stesso tempo, Dio c’è e non c’è, l’Abisso supremo e, a questo punto, avviene la primissima scelta: Dio si autopone e respinge la possibilità del nulla, la negatività è per sempre sconfitta. La possibilità del nulla del negativo è persa per sempre. Dio, scegliendo liberamente, ha posto se stesso per l’eternità e così si può parlare di esistenza di Dio come primo fatto storico in assoluto. Ciò che per secoli, tanto dalla teologia quanto dalla filosofia, è stato inteso come necessità è in realtà l'irrevocabilità dell’atto libero. I fatti storici non sono necessari, in quanto, essi potrebbero essere accaduti diversamente. In questo senso, la scelta del ‘bene’ da parte di Dio, scelta che costituisce il primo fatto storico, è irrevocabile e definitiva.
L’esistenza di Dio, però, va intesa in un modo ben preciso. Pareyson afferma chiaramente che l’esistenza di Dio è “indeducibile”, in quanto, essa è la prima e non v’è nulla da cui essa possa essere dedotta.
L’esistenza di Dio non deve essere intesa come si è soliti concepire l’esistenza d’essente in quanto tale, ma in un modo totalmente diverso. Il filosofo italiano dice espressamente come questa debba essere intesa: «”Dio esiste” vuol dire “è stato scelto il bene”». Le cose sembrano complicarsi ulteriormente ma non spaventiamoci e proseguiamo con la spiegazione.
La scelta originaria di Dio, con cui Egli si è autoposto, è la scelta con cui il bene è stato posto definitivamente trionfando, in Dio, una volta per tutte, Pareyson dice: «Dio è l’essere, il bene, la verità, o il positivo in genere, ma in quanto voluto e scelto, vittoria sul possibile nulla». In sostanza, afferma Pareyson, Dio ha trionfato sul negativo (nulla) e sul male: «La scelta positiva è essa stessa scelta del bene e la scelta negativa è essa stessa scelta del male». Dio è quindi “Positività originaria”.
Pareyson si domanda, dopo aver esplicitato la scelta iniziale di Dio, che cosa sarebbe successo se Dio avesse scelto il negativo, ci sarebbe forse stato un Dio malvagio? Il filosofo italiano risponde che non ci sarebbe stato un Dio malvagio, semplicemente Dio non ci sarebbe stato. Se “è stato scelto il bene”, significa “esistenza di Dio”, mentre “è stato scelto il male”, significa “non esistenza di Dio”.
Secondo Pareyson, quindi, quando il non credente asserisce che "Dio non esiste" non fa altro che sostenere l’assurdità o il vuoto del mondo. Ad ogni modo, il filosofo italiano afferma che, la domanda intorno al "cosa sarebbe accaduto se Dio avesse scelto il negativo", non ha senso d’essere posta, perché non è avvenuto (possiamo dire che «la storia non si fa con i ‘se’»). Dio ha vinto definitivamente sul male e la possibilità del negativo è respinta per sempre.
Pareyson si domanda anche che cosa rimanga di questa possibilità del nulla e del male che è stata respinta e si risponde che questa persiste, in maniera latente, come pura possibilità:
« Il primato della realtà è di per sé una vittoria sul nulla, e la scelta del bene è sempre un giudizio sul male, sì che Dio ha in sé i due aspetti: quello per cui ab aeterno il bene è stato scelto con atto irreversibile e il male è riprovato come possibilità respinta; e quello per cui il male in quanto alternativa scartata sussiste per sempre come retroscena della possibilità e come possibilità occulta ma disponibile. »
Il male è la possibilità che rimane irrealizzata e sconfitta. Dio, con la sua libertà, ha scelto il Bene. Il nulla e il male sono pure potenzialità ma respinte e sconfitte in modo definitivo. Il negativo, però, osserva il filosofo, è presente, seppure come possibilità. Il negativo mantiene il suo livello di disponibilità. Questo fatto, sostiene Pareyson, mette in luce un lato opaco in Dio. In un passo successivo di Ontologia della libertà, il filosofo italiano ci aiuta a chiarificare ulteriormente i concetti trattati fino a questo punto:
« In Dio ci sono allora due aspetti: quello per cui il bene è scelto e il male è respinto con atto irreversibile, e questa è la positività originaria, è l’esistenza di Dio cui ha messo capo la scelta prima; e quello per cui il male come alternativa scartata rimane per sempre come il retroscena della positività, come una presenza sia pure scordata e messa da parte, come una possibilità vinta ma disponibile. Non si può dire allora che il male sia presente come tale nell’essenza o nella natura divina; né che il male istantaneo come tale si trovi a risiedere già in Dio, e Dio per diventare se stesso debba individuarlo e liberarsene. Ma si deve dire che il male è contemporaneo all’esistenza divina, nel senso che esso nasce in quell’atto intemporale in cui la libertà originaria afferma se stessa solo sconfiggendo la possibilità alternativa del nulla. Nell’atto in cui Dio si origina e quindi è Dio, cioè nella stessa esistenza divina, il male si delinea come realtà già istituita, ma come possibilità già scartata. »
Come possiamo vedere, quindi, la possibilità scartata del male, e del nulla, è eliminata nella scelta originante di Dio. Dio diventa quella ‘Positività originaria’ che coincide con la sua stessa ‘esistenza’. Il male rimane solo come ‘retroscena’ di questa ‘positività originaria’, rimane come possibilità disponibile, ma sempre possibilità del tutto scartata.
La visione proposta da Pareyson elimina la necessità, se c’è la libertà non vi può essere necessità. In questo senso, anche l’azione dell’uomo va considerata come libera e, oltre a ciò, quella che la tradizione patristica e scolastica ha chiamato “prescienza divina”, secondo Pareyson, deve essere intesa come “scienza dell’azione libera dell’uomo”. Dio quindi non conosce le cose prima che queste avvengano ma, nella sua atemporalità, vede le scelte libere compiute dall’uomo ed ha scienza di esse nel momento in cui queste vengono compiute. Tutto questo avviene nell’istante.
Dal nostro punto di vista, la concezione proposta da Pareyson è assai migliore rispetto alla visione necessitarista. Pareyson, con la sua prospettiva, ci propone un nuovo risvolto della riflessione sul Divino: un Dio talmente “in alto”, talmente libero da vincoli esterni da poter decidere della sua stessa esistenza, tanto da poter dire “io sono chi voglio essere”, un vero e proprio “io decido di tutto l’essere, financo del mio”. Sembra quasi di sentire la risposta di Bohr all’asserzione di Einstein: «Dio non gioca a dadi con l’universo», «Einstein, smettila di dire a Dio quello che deve fare». Ironico come uno scienziato non propriamente credente, quantomeno non nel senso ordinario del termine, sia riuscito a cogliere l’aspetto essenziale del Divino e cioè la Libertà.
Tutto viene posto da Dio e Dio è quello che è perché Lui l’ha scelto. bene e, per questo, è bene. La possibilità del male e del nulla è definitivamente respinta. Dio, in quanto ‘positività originaria’ è vittorioso sulla negatività e sul male. La concezione di Dio come Libertà è, dal nostro punto di vista, il nuovo paradigma che dovrebbe essere adottato tanto dalla filosofia quanto dalla teologia, in quanto, la concezione necessitarista, come abbiamo spiegato in precedenza, è una prospettiva eccessivamente vincolante. La concezione di Dio come Libertà, invece, è assai più esaltante, come afferma lo stesso Pareyson: «Attribuire a Dio libero arbitrio […] non significa diminuirlo, ma istituirlo nella sua assoluta sovranità, come libertà e arbitrio puro».
La concezione di Pareyson dovrebbe diventare il nuovo paradigma della riflessione teologica e filosofica su Dio: una nuova “grammatica ermeneutica” per un migliore discorso sul Divino. D’altra parte, nella dottrina cristiana, ciò che rende l’uomo a immagine e somiglianza di Dio è proprio la ‘Libertà’; si tratta ora di sviluppare e approfondire e portare tale idea alle sue estreme conseguenze (così com’è stato fatto da Pareyson).
16 giugno 2022
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