«Lo sguardo disinfettante dell'intelligenza è l'unica profilassi contro le purulenze della vita» (Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito).
Il libro dello studioso Aldo Vitale è di grande lucidità, permettendo una analisi razionale e puntuale degli accadimenti occorsi tra il 2020 e il 2022 e delle questioni ad esse implicite, dei possibili sviluppi futuri e delle trame complessive, nonché di carattere sistemico.
Il testo è opera di uno sforzo intellettivo che sonda gli eventi ricollegandoli alle questioni principali (es. dalla dichiarazione di pandemia dell’OMS e dello stato di emergenza, alla promulgazione dei lockdown e l’utilizzo dei DPCM e decreti-legge, passando per l’estensione del metodo delle zone a colori, alle tappe della campagna vaccinale e all’istituzione del green pass).
In primo luogo, già solo aver ordinato gli eventi, gli annunci e le varie dichiarazioni degli esperti sui vari temi inerenti (a livello storico tutto è datato, anche se riportato sul web) è sufficiente per smentire una intera narrazione (propagandata mediante TV e media). Quest’ultima è entrata prepotentemente nella comunicazione quotidiana, fino a scavare l'inconscio di una intera popolazione, eppure la narrazione pandemica è stata contraddittoria, anzi schizofrenica. Essa è stata fonte di incertezza continua ed ininterrotta, investendo anche quegli elementi che credevamo certi, quali dati, studi, sperimentazioni cliniche, efficacia di ritrovati farmaceutici. La mancanza di trasparenza e di evidenze chiare ha portato alla rassegnazione e allo stremo, in un gioco mediatico amplificato dai talk show e dagli esperti in TV che ha esaurito l’intera psiche collettiva. Le continue capriole e giravolte, infatti, hanno reso i molti passivi e incapaci anche solo di comprensione; quanto è stato oggetto di decisione politica è diventato ombra di ciò che è ineluttabile e ineludibile, mentre l’autorità di scienziati e medici è stata disintegrata dall’estremizzazione di formule quali “avere fiducia nella scienza”.
L’opera di Aldo Vitale, dunque, è un sollievo per la mente e per la psiche, che trovano ristoro dopo due anni di ininterrotta chiacchiera pandemica. La lettura del testo permette di poter rivedere razionalmente e con dovizia di particolari l’intero percorso storico-evolutivo degli eventi che hanno messo a dura prova non solo le nostre esistenze, ma finanche lo stato di diritto.
Non solo. L’opera garantisce anche il ritrovamento della vera ratio iuris che permea il nostro ordinamento giuridico, ossia ciò su cui si fonda lo Stato di diritto, nonché una serietà e una problematizzazione di questioni vitali di ordine biogiuridico. Le questioni che si intrecciano, dunque, sono sia di ordine giuridico, che filosofico, oltreché storico.
Un capitolo è, ad esempio, dedicato alla “epistemologia pandemica”; un altro ancora sul diritto “empirico-emergenzialista”; si ritrova pure un capitolo sulla questione dal punto di vista del cattolicesimo, non a caso denominato “note sul cattolicesimo emergenzialista”. Non mancano, però, vette di acume unito ad ironia, e così è possibile anche leggere alcune riflessioni sul ruolo che certi soggetti hanno ricoperto nel corso di questi anni. I capitoli “Virologi, viromani, virostar” e “Scienziati, scienziologi e scienziomanti” sono dedicati a loro.
Sono molti, in realtà, i punti affrontati e le questioni cruciali che non possono essere lasciati al semplice accadimento degli eventi. Direbbe Gómez Dávila:
«Oggi si è soliti negare l’influenza delle “idee” per poter attribuire ad avvenimenti volgari il peso di un destino».
Così, è essenziale porre una riflessione sulle evidenti discriminazioni che sono state ispirate dall’apparato normativo dei decreti-legge. Si legge nel capitolo “Depurati, puri ed epurati”, ad esempio:
« Le depurazione, tuttavia, per essere reale, per essere effettiva, per essere definitiva non poteva fondarsi solo su alcol e sapone, divenendo compiuta soltanto tramite l’inizio della campagna vaccinale, cioè soltanto grazie al vaccino […] era stato assicurato che… il vaccino prevenisse il contagio garantendo così la depurazione ideale, la depurazione totale, la depurazione massima.[…] Il vaccinato ha cominciato a percepirsi e ad essere inteso come moralmente superiore e più degno di vivere in società: inoculo ergo sum, è presto divenuto il pensiero non detto, anche con sfumature pedagogiche, su cui ha cominciato a reggersi la legittimità sociale della distinzione tra i diritti fondamentali tutelati dei vaccinati e i diritti fondamentali compressi o perfino soppressi dei non vaccinati. »
Ancora, rilevante è la questione della decadenza democratica che ha investito l’intero Occidente. Un essere minuscolo e invisibile ha portato le nazioni occidentali a adottare modelli liberticidi. Dalla democrazia si è passati alla “virocrazia”, che poi è tecnocrazia. Scrive l’autore a proposito:
« La tecnocrazia instaura un sistema autoreferenziale che non ha legittimità e non la chiede, ma che ugualmente procede in modo meccanico, automatico nella gestione della macchina statale, come se non dovesse aver mai fine. […] La tecnocrazia impone ex autoritate il proprio razionalismo che, dunque, diventa irrazionalismo, mentre la democrazia impone la propria autorità ex ratione proprio perché tende a mitigare l’aspetto passionale della relazionalità umana in favore di quello razionale […] la tecnocrazia è sostanzialmente incompatibile con la democrazia e la democrazia… viene a trovarsi in pericolo ogni volta che si tenta di affiancarla o sostituirla silenziosamente con la tecnocrazia. »
Non bisogna, poi, aver paura di mettere in luce la natura totalitaria della questione pandemica, di quello che è stato un “virus totalitario”. Le riflessioni dell’autore abbracciano alcune questioni storiche (come la propiska utilizzata in URSS), per poi estendersi a più riflessioni. Molto utili sono le incisive parole di Carlo Blengino (in Tecnologie di sorveglianza e contenimento della pandemia, “Questionegiustizia”, 2/2020), il quale avverte del reale rischio «che misure temporanee di sorveglianza accettate inizialmente per limitati periodi emergenziali diventino progressivamente prassi e consuetudini delle nostre società, modificando i rapporti interpersonali e, soprattutto, il rapporto bio-politico dei cittadini con l’autorità e lo Stato».
Merita, infine, una digressione l’importanza del pensiero. Quest’ultimo non sempre è razionale; se lo è, a volte manca di lucidità. Altre volte ancora, il pensiero manca di un vero confronto col reale e col dato empirico. Nel libro di Vitale, tuttavia, il pensiero è razionale sia perché lucido, sia perché filosoficamente fondato, al punto che permette di analizzare gli eventi, sondando al contempo le questioni più rilevanti conseguenti, scavando verso le fondamenta che sorreggono i vari discorsi sulla scienza, sul diritto, sul pensiero. L'ammissione del dato ontologico, insieme alla preponderanza delle fondamenta epistemologiche e assiologiche che il testo sottolinea, permettono di avere una analisi che non si esaurisce in sé stessa, ma rimanda a questioni che andrebbero (visto anche quanto accaduto) ampliate e maggiormente comprese, per esser meglio conosciute.
Le lunghe note o le spesso lunghe citazioni contenute nel testo sono concordanti con lo spirito e con le intenzioni del testo, in sintonia con un lavoro che trasuda di sincero interesse per le questioni affrontate. In fondo, si riconosce l'impronta del testo solo tra chi, forse, in un modo o nell'altro, ha affrontato una certa "pena", una certa "sofferenza" nel comprendere appieno alcune questioni cruciali, specialmente sul piano filosofico. Ciò comporta che il testo non sarà alla piena portata di tutti non perché non sia chiaro, anzi, ma per il tipo di lettura che se ne farà. Non a caso si tratta di una “guida critica”, e la prima critica da affrontare è quella verso noi stessi, sulla nostra percezione di questi ultimi due anni, sulla pregnanza che certe questioni (di carattere epistemologico, morale, assiologico) hanno nella realtà concreta di ogni giorno e su come vediamo (e viviamo) il mondo.
22 luglio 2022
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