Il governo spagnolo dà il via libera alla scomparsa della Filosofia e dell'insegnamento cronologico della Storia nell'ESO (istruzione secondaria obbligatoria).
Il quotidiano spagnolo «El Mundo» riferisce che martedì 29 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il progetto di riforma dell'ESO (istruzione secondaria obbligatoria), che specifica quanto gli studenti di età compresa tra i 12 e i 16 anni dovranno imparare in modo obbligatorio in Spagna.
Tra le novità più importanti vi è l'assenza del dettaglio degli avvenimenti storici da insegnare e la rinuncia a uno studio cronologico della Storia. Peggiore sorte è capitata alla Filosofia, che scompare del tutto dal ciclo obbligatorio.
Gli studenti studieranno invece Valori Civici ed Etici, dove troveranno temi quali “memoria democratica”, “ecofemminismo”, “etica della cura” e “diritti LGTBIQ+”, «le bandiere politiche del governo di coalizione», specifica «El Mundo».
Il Ministero della Pubblica Istruzione spiega che l'approccio necessitava di una riforma perché “molto accademico” e “troppo enciclopedico”. L'intento è quello di lasciare spazio di azione agli insegnanti, affinché siano gli stessi a decidere cosa devono studiare gli studenti.
Spaventa terribilmente la scomparsa della visione d'insieme che forniscono la Storia e la Filosofia, anche se la direzione può avere un'aura di sensatezza per il messaggio di autonomia e di attualizzazione del sapere per il corpo docente. È un'esigenza che si cerca di attuare da anni qui in Italia con la didattica per competenze, l'interdisciplinarità e l'Educazione Civica da ultimo – pur con risultati molto scarsi. Ciononostante, molto meglio la nostra soluzione: quella di cercare di vitalizzare un sapere ambizioso, piuttosto che toglierne completamente l'orizzonte di possibilità.
Costantemente denunciamo l'autoreferenzialità universitaria, riprodotta poi nelle aule della scuola secondaria di secondo grado. Ma non sarà spezzettando il sapere che esso si rinnoverà: piuttosto, si volatizzerà ancora più.
Lo spirito critico, obiettivo di ogni insegnamento, lo si apprende esercitandolo: da chi andare a scuola, però, se l'insegnamento è per lo più basato sulla ripetizione, se gli accademici sono esperti di monologhi e non conoscono il confronto dialettico; se negli spazi pubblici si assiste quasi solo alla polemica; se la politica non conosce che la forma del comizio?
La soluzione non verrà da una riforma, da corsi di formazione, da manuali, ecc. Solo eventualmente da chi sappia agire la competenza del confronto, del dialogo, del confilosofare critico. Dovremmo scovare questi casi fortunati e farci mostrare per ore, mesi, anni come si fa: ecco la formazione, l'unica formazione possibile. Oggi nessuna riforma potrà propiziare questo compito immane. Per questo, ogni riforma, deve temere di privarsi ora – per quanto inefficace – di ciò che rimane pure sempre fondamentale, almeno come compito, come meta, come ideale – e che bisogna perciò mantenere in vita, benché moribondo.
30 marzo 2022
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