La proposta di lavorare in gruppo è sempre più presente nell’ambiente scolastico. Ma lavorare in gruppo è effettivamente così utile? E come dovrebbe essere formato questo gruppo?
di Ilenia Giangrande
Con il reinserimento dell’Educazione Civica nell’a.s. 2020/2021 è tornata in auge la scelta di trattare argomenti quali diversità e inclusione, spesso sviluppati tramite lavori di gruppo per “applicare” ciò che viene affrontato. Solitamente ciò viene fatto per istruire i ragazzi e renderli “cittadini coscienziosi”. Ma diversità e inclusione sono davvero così utili e fondamentali per la società?
La società contemporanea ci porta a confrontarci con il “diverso”, che però non è sempre associabile alle solite macro categorie imposte dalla società stessa. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’etichetta di diverso viene ricondotta a una condizione generale, ma la diversità può essere trovata anche in caratteristiche particolari della singola persona. Ampliando il concetto di diverso si può parlare di eterogeneo.
Facciamo un passo alla volta. Innanzitutto cosa intendiamo per diverso? L’idea generale di diverso è quella di qualcosa che può essere distinta da un’altra per certe caratteristiche che possono essere colte. Questa sorta di definizione potrebbe essere adeguata per oggetti non animati, ma, qualora parlassimo di esseri viventi, non sarebbe più sufficiente. Questi infatti si distinguono gli uni dagli altri non solo per caratteristiche fisiche immediate, ma anche per aspetti complessi, come il comportamento.
Se dovessimo parlare di eterogeneità, non potremmo non parlare di omogeneità. Ma cosa intendiamo per omogeneo?
L’aggettivo omogeneo, riferito alle persone, ne identifica caratteristiche fisiche e psicologiche riscontrabili in altri membri della società, quali sesso, etnia ed estrazione sociale.
In un gruppo omogeneo il tempo di elaborazione dei concetti sarà limitato grazie a vari fattori, il più importante dei quali è l’idioma. L’esposizione delle proprie idee sarà più fluida e permetterà l’uso di termini specifici più complessi, qualora si usi la stessa lingua, e altrettanto rapida sarà la comprensione dei concetti da parte degli altri membri. Già l’uso di dialetti locali complicherebbe la veicolazione dei messaggi.
Altro aspetto importante è quello della cooperazione. Essendo tutti i membri del gruppo allo stesso livello sarà abbastanza difficile che uno prenda il sopravvento sugli altri.
Bisogna inoltre considerare l’aspetto dei pregiudizi. Nonostante si pensi che in un gruppo omogeneo non si possano riscontrare pregiudizi, in realtà è molto facile che ne esistano anche tra persone dello stesso stato.
Un gruppo omogeneo, però, non stimolerà molto la creatività e il ragionamento dei suoi componenti, in quanto questi avranno idee piuttosto simili e quindi faticheranno a trovare stimoli e spunti per andare oltre.
Spesso, però, tendiamo a confondere omogeneo e uguale. Come abbiamo già detto, per omogeneo intendiamo qualcosa di simile ad un’altra, mentre usiamo l’aggettivo uguale per intendere due o più cose che hanno le stesse caratteristiche, da quelle generali a quelle più particolari. Ciò testimonia che tutti noi abbiamo un’idea generale per questo concetto: di conseguenza ci aspetteremmo che nella realtà ci siano effettivamente delle cose che possiamo definire uguali. Se poi andiamo a confrontare delle cose che vengono così definite, noteremo che mai tutte le caratteristiche di una possono essere trovate anche nell’altra. Ciò significa che questa idea che abbiamo non l’abbiamo tratta dalla nostra realtà. Questa teoria viene affrontata da Platone nella sua teoria delle idee. Egli sostiene che esistano due mondi separati: il mondo delle idee, irraggiungibile all’uomo, e il mondo sensibile, ossia quello in cui viviamo noi tutti. Ciò, quindi, vuol dire che la diversità è consueta e onnipresente nelle nostre vite.
Possiamo ora analizzare i gruppi eterogenei. Usiamo quindi l’aggettivo eterogeneo per indicare quelle persone che si differenziano dagli altri, non solo per aspetti più generali, quali sesso o etnia, ma anche per tutti i particolari, come colore degli occhi o dei capelli.
Un gruppo eterogeneo, quindi, va inteso come formato da persone di diverso genere, diversa provenienza sociale e geografica, e caratterizzate da tutti quegli elementi che hanno diversificato la loro esperienza di vita.
Parlando di questi gruppi, possiamo notare come siano molto più produttivi rispetto ai gruppi omogenei. Questo perché, avendo membri con differenti esperienze, ognuno avrà una visione diversa dell’argomento trattato, quindi sarà anche più semplice vagliare le opzioni ed eventualmente trovare quella migliore.
Fattore da non tralasciare è quello della differenza linguistica. Un gruppo così formato presenterà sicuramente barriere linguistiche, più o meno accentuate. Tuttavia, se un’idea riesce a essere veicolata e ben compresa, colui che la espone migliora le sue capacità retoriche e chi la metabolizza amplia la propria conoscenza. È questo un aspetto molto importante dei gruppi eterogenei. Come detto, qualora un membro del gruppo migliori un suo aspetto, di conseguenza, anche un altro migliorerà qualcosa di se stesso.
Queste dinamiche si possono ben riscontrare nelle scuole, in particolare nei già menzionati lavori di gruppo. Oggigiorno sarà difficile trovare una classe che possa essere definita omogenea, non solo per provenienza geografica, ma anche per le capacità cognitive dei singoli studenti. Qualora, infatti, un insegnante dovesse dividere la classe in gruppi, tenderà a unire studenti che arrancano di più con coloro che eccellono. Questo creerà stimoli positivi per entrambe le categorie di studenti: infatti, coloro che solitamente fanno più fatica avranno un esempio da poter seguire e i più bravi potranno mettersi in gioco e aiutare gli altri. Allo stesso tempo, tuttavia, uno studente più brillante potrebbe essere infastidito da un tale raggruppamento, pensando che gli siano stati posti dei limiti e che quindi non potrà sfruttare al meglio le sue capacità.
Quello di cui non si rende conto, però, è che solo nel momento in cui uno aiuta gli altri a progredire allora anche lui potrà effettivamente migliorare. Per spiegare quest’ultimo concetto possiamo fare riferimento a quello che dice Jean-Jacques Rousseau nel suo saggio Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini. Rousseau scrive: «Gli uomini, che fino ad allora avevano errato nei boschi, avendo preso un assetto stabile si avvicinano a poco a poco, si riuniscono in gruppi diversi e alla fine costituiscono in ogni contrada una nazione particolare [...]. Alla fine un vicinato permanente non può non produrre qualche legame tra le diverse famiglie». Possiamo identificare questo legame con una connessione emotiva, che si rafforza sempre più con il passare del tempo e che ci porta a interagire sempre più spesso con gli altri. Solitamente per essere accettati dal “vicinato” tendiamo ad aiutare gli altri, suscitando in loro emozioni positive che verranno poi provate anche da noi. Questo processo viene definito empatia e sottintende che noi proviamo ogni emozione sentita dagli altri, quindi che noi siamo l’emozione degli altri.
Non possiamo però negare che questo ambiente possa dar vita a tensioni e incomprensioni tra i membri. Anche Randall Peterson, professore e presidente della Organizational Behaviour Faculty dell’Università di Business di Londra, attesta che: «La diversità può essere un vantaggio, ma anche uno svantaggio all’interno di un’organizzazione. La performance di un team è strettamente correlata alla diversità e più un gruppo di lavoro è eterogeneo, più è in grado di portare a risultati migliori. Per contro questa eterogeneità implica un costo, che è quello di gestire i possibili conflitti che possono emergere».
In questo caso, quindi, è importante, se non cruciale, la figura del leader. Il leader dovrebbe essere quella persona che, rimanendo imparziale, deve ascoltare le varie parti della disputa e trovare una soluzione. È indispensabile, però, che questa soluzione non venga presa esclusivamente dal leader: questi dovrebbe promuovere il confronto all’interno del gruppo, in modo tale che tutti comprendano perché è stata presa quella decisione.
Per concludere possiamo quindi dire che tutte le nostre azioni quotidiane sono svolte in funzione di un grande gruppo eterogeneo chiamato società che è indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo.
31 marzo 2022