Una società di superuomini

 

Cos'è, per Nietzsche, una società composta da superuomini, persone capaci di uscire dalla mediocrità di chi nega la vera natura umana? Si tratta di un'ideale collettivo o puramente individualistico, caratterizzato da una guerra di tutti contro tutti per affermare i propri desideri, le proprie pulsioni?

 

 

È possibile una società di superuomini? E quale società sarebbe? Dopo la rivoluzione nietzscheana, dopo la morte di Dio, abbiamo attraversato la storia con totalitarismi feroci e inauditi, sostituendo Dio con nuovi ideali rigidi, statici e inflessibili, una vera e propria restaurazione su vecchi e solo in apparenza nuovi principi. Ogni azione era ancora di più funzionale a qualcosa di più alto, ogni cosa trovava senso in un Supersenso, ogni uomo doveva tendere come prima e più di prima al mondo vero, quello del mito della razza superiore o quello del mito dell’uguaglianza in antitesi alla libertà individuale. L’individuo tornava mestamente a sciogliersi nel nome di qualcosa di più alto e importante, perdeva la sua ragion d’essere in nome di qualcosa di più nobile, per qualcosa che necessita una determinata azione. Dal fallimento drammatico di questa restaurazione di Dio attraverso nuove forme è nato il trionfo dell’ultimo-uomo e del politicamente corretto, come abbiamo visto. L’ascesa di un modello piatto, del potere invisibile, dell’omologazione, dell’umanizzazione fittizia dell’umano, in cui lo spazio creativo e vitale è messo al confine.

 

Una società di superuomini è una società sostanzialmente anarchica, ma non nel senso ottimistico della sua accezione, non in una chiave pacifica e conviviale, in cui ogni individuo ha la capacità di autoregolamentarsi. Siamo ad un’anarchia brutale, esclusiva, cattiva, dionisiaca, caotica, abissale. Non c’è alcuna idealizzazione della compassione, della sofferenza e della malattia, dell’anima a scapito del corpo, non c’è alcuna speranza in una vita dopo la morte. C’è l’esaltazione del corpo, dell’individuo, del godimento sfrenato, dell’estasi, del caos, della creazione, dell’arte, della pulsione, della vittoria a scapito di una sconfitta, della gloria. Non si porge l’altra mano se questo porta minore pienezza della propria esistenza, anzi con la propria mano si spinge l’altro, per poter trovare spazio. Non c’è alcun bene e alcun male, tutto può essere legittimo, perché in fondo non c’è legge, al di là del bene e del male. Siamo alla guerra di tutti contro tutti che aveva brillantemente teorizzato Hobbes. Solo che Hobbes aveva colto l’essenza egoistica e brutale della natura umana e da queste premesse cercava un fondamento razionale per la formazione di una società. Tutti fanno un passo indietro, tutti concordano nel perdere gran parte della propria libertà in cambio della sicurezza. In questo modo nasce la società, l’insieme degli individui che delegano la propria libertà ad un sovrano, nel caso di Hobbes, o ad un potere più articolato come professava Locke o semplicemente in una democrazia rappresentativa come oggi, nei paesi occidentali. È in questo scenario che muove i passi il superuomo di Nietzsche. Si muove nella guerra di tutti contro tutti e permane in questa battaglia, senza più paure e senza timori, senza più tendere ad un mondo vero che giustifichi quello stato naturale e che consoli questa perdita drammatica di libertà per il bisogno del calore angosciante della sicurezza. Il superuomo è uomo brutale, sguazza nella guerra, vive per la guerra, per la gloria, per la sopraffazione individuale. La storpiatura nazista del pensiero nietzscheano fu proprio questa trasformazione in chiave collettiva, culturale e sociale dell’essenza del superuomo, al netto dei deliri razziali. Di fatto il nazismo fu l’antitesi dell’idea di superuomo di Nietzsche. Questo era un individuo nella guerra, senza appartenenze di alcun tipo, solo nel mondo e con gli altri, in questa guerra tra uomini per godere sempre più, per espandere sempre più il proprio campo. Questa era la volontà di potenza, nei progetti di Nietzsche. Una continua e infinita autoaffermazione dell’individuo nel mondo, senza alcuna pietà dell’altro, senza alcuna azione per il sociale e in funzione di altro se non di se stesso. Un uomo di nessuno, se non di se stesso. Un uomo senza alcuna appartenenza culturale. Un apolide, come fu lo stesso Nietzsche. Non è un caso, infatti, che Nietzsche odiasse le manifestazioni trionfali e collettive della Germania, in primo luogo quelle teatrali e pompose del suo allora amico Wagner.

 

Quale etica guida una società di superuomini? Nessuna. O meglio tutto si muove per volontà di potenza individuale, mai collettiva e sociale. Tutto si muove secondo l’impulso di autoaffermazione individuale e ognuno respinge ciò che può ostacolare tale volontà. Attenzione, questa volontà è totalmente altro da quella schopenhaueriana. Quella era un principio metafisico universale e si affermava nella semplice autoconservazione di ogni essere vivente. Vivere per vivere. La volontà di cui parla Nietzsche nei suoi frammenti degli ultimi anni della sua esistenza cosciente esprime un bisogno puramente individuale ed immanente, e va oltre il semplice desiderio naturale di autoconservarsi. Questa volontà mira all’affermazione dell’individuo, senza alcuna forma di pietismo. Quella di Schopenhauer era premessa per una liberazione consolatoria, compassionevole, ascetica, nirvanica, dolce, silenziosa. Trova luce nella pace. Quella di Nietzsche trova vita nella tenebra, nel buio, trova vigore nella guerra, non nella pace. 

 

« Che cosa è bene? Tutto ciò che accresce il senso di potenza, la volontà di potenza e la potenza stessa dell’uomo. »

 

« Che cosa è male? Tutto ciò che deriva dalla debolezza. »

 

« Che cosa è la felicità? Sentire che la potenza aumenta, che si vince una resistenza. »

 

« Non soddisfazione, ma più potenza; non pace universale, ma guerra; non virtù, ma abilità (virtù nello stile rinascimentale, virtus, libera da convenzioni morali) . » (F: Nietzsche, L'anticristo)

 

 

Il bene ed il male di Nietzsche sono al di là del bene e del male, sono al di là della cultura, tornano sulla terra, sulla natura, con le sue perfide e brutali regole. Non c’è spazio per una convivenza fittizia e apparentemente pacifica, ma c’è la guerra continua e senza maschere, c’è la volontà libera di ogni individuo. La libertà è inversamente proporzionale alla sicurezza, questo il punto. Tanto più ogni individuo segue la libertà, intesa come perseguimento della sua attitudine, del suo impulso a volere ciò che si vuole, della sua affermazione in contrasto a ciò che gli oppone resistenza, tanto più si produce una lotta, un conflitto, una tensione. La compassione, l’empatia, la pietà trovano terreno solo spontaneamente, non attraverso una educazione, una introiezione di norme e valori condivisi. La felicità non è più cosa astratta, ideale, dell’altro mondo, ma diviene una potenza che aumenta e accresce, che “vince una resistenza”, si stende nel terreno e materiale, fuoriesce dai confini etici. Come scrive Nietzsche, la virtù è qui intesa come «libera da convenzioni morali», si sgancia dalla cultura. 

 

Se riprendiamo le riflessioni di Freud una società di superuomini sarebbe una società senza Super-Io, senza la ricerca individuale e spasmodica di un equilibrio tra ciò che si vuole e ciò che non si può fare o non volere. Non vi è tensione psicologica tra libertà istintuale e regola morale. Qui l’unica tensione possibile e perennemente attiva è quella della ricerca continua del soddisfacimento dell’Es, degli impulsi, dei desideri individuali, della volontà individuale, che è al di là del bene e del male, che trascende ogni possibile confinamento razionale dell’uomo. Ciò che è al di là del bene e del male non ha più, in una ipotetica società di superuomini, l’opposizione del bene e del male. L’unica opposizione vivente e sempre attuale è quella degli altri e del mondo, di tutto ciò che impedisce il raggiungimento dei propri istinti. Tutto diventa guerra, per forza di cose, perché tutto può opporsi a ciò che si vuole. L’aristocrazia che ne consegue non è più basata sul merito intellettuale, sul modello platonico, ma sulla forza, sulla potenza di ogni individuo, sulla sua capacità di affermazione. Ha chi riesce ad avere. Ottiene ciò che vuole chi ha la forza di ottenere ciò che vuole. Chi non riesce, soccombe. È questa la tragicità che Nietzsche svela, è questo il recupero brutale e inquietante della natura umana, è questo il superamento dell’uomo, è questo il nuovo mattino. L’uomo che viene superato è quello che, per paura, perdeva se stesso. Quello che, per timore di perdere e della guerra, accettava di non fare la guerra, di disumanizzarsi, in modo da trovar pace.

 

« E per paura è stato voluto, educato e ottenuto il tipo opposto: l'animale domestico, la bestia del gregge, l'insano animale umano, il cristiano... » (Ivi)

 

L’animale domestico dimentica la sua natura vera, è il leone che vive nella gabbia e abbandona la sua natura, è l’animale che perde la sua essenza in cambio di una vita totalmente estranea alla sua natura. Vive una vita decadente, una vita avulsa dalla sua natura, senza rischi, senza cacciare, senza azzannare, senza ferire, senza opposizioni, nel calore delle mura domestiche. Si sente al sicuro, dopo aver perso sé stesso. Diventa bestia del gregge, segue le orme comuni, senza più seguire la propria identità. Trionfa “l’insano animale umano, il cristiano”, quello che evita la guerra e la battaglia esaltando la malattia e la debolezza, sublimandola in virtù. E così, in questa ottica, il leone in gabbia guarda con disprezzo il leone nella savana. Il leone in gabbia si erge a virtuoso, mentre cammina spento nei pochi metri che può calpestare, sicuro che nessuno possa entrare a fargli male, in quella gabbia, e sereno dal cibo che altri gli procurano, con regolarità, senza più cacciare e fare male. Il leone in gabbia guarda il leone della savana tacciandolo di essere il male, il peccatore, il vizio, l’assassino, l’immorale. Il leone della savana azzanna, cerca prede, le ferisce, le colpisce, le morde, le uccide, gode ogni volta che aumenta la sua potenza, gode ogni volta che gli si oppone resistenza e questa viene vinta e superata, corre senza gabbie e gode dell’aria. E quando guarda il leone in gabbia lo disprezza, per aver tradito la sua natura, per non essere più un vero leone.

 

« Non si dovrebbe abbellire né mascherare il cristianesimo: esso ha intrapreso una guerra a morte contro questo tipo superiore di uomo, ne ha scomunicato tutti gli istinti fondamentali e ne ha distillato il male, il cattivo, l'uomo forte come il riprovevole, come «l'abietto». Il cristianesimo ha preso le parti di tutto ciò che è debole, vile, malriuscito; ha fatto un ideale dell'opposizione agli istinti di conservazione della vita forte. Ha persino corrotto la ragione delle nature intellettualmente più vigorose, insegnando agli uomini a considerare i valori supremi della spiritualità come peccaminosi, come ingannevoli, come tentazioni. L'esempio più deplorevole è la corruzione di Pascal, il quale riteneva la propria ragione giunta alla perversione per colpa del peccato originale, mentre era solo stata corrotta dal suo cristianesimo! » (Ivi)

 

2 agosto 2023

 









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