I Totalitarismi del secolo breve: una necessità storico-spirituale

 

Per Aristotele, nella Metafisica, la sapienza è conoscenza delle cause, dei principi e dei fini. Oltre le ragioni storico-contingenti che ne hanno promosso la travolgente affermazione, indaghiamo il movente spirituale dietro e dentro gli eventi che hanno determinato, in un sorprendente caso di sincronicità, l’ascesa al potere dei Dittatori e l’instaurazione dei regimi totalitari che nel secolo scorso hanno sconvolto la fisionomia del mondo. 

 

 

« Quando un fatto interiore non viene reso cosciente, si produce fuori, come destino. » (Carl Gustav Jung, Aion: ricerche sul simbolismo del Sé)

 

Chi scrive ne è cosciente: presentare il fenomeno dei Totalitarismi del XX secolo come una necessità storica e spirituale è quanto mai temerario e oltraggioso. L’occhio del filosofo non deve però lasciarsi avvincere dai sentimenti che eventi tragici e dolorosi possono suscitare. L’occhio del filosofo deve muoversi secondo puro pensiero, seguendo la logica che da sé emerge se si avvia un’ermeneutica del tutto spregiudicata dei fatti che si intendono sottoporre a giudizio, e da questa poi trarre le conclusioni. 

 

Prendendo dunque le mosse dal materiale grezzo degli eventi storici evocati, applichiamo il criterio epistemologico enunciato da Johann Wolfgang Goethe: 

 

« Ogni elemento di fatto è già teoria. Non si deve dunque cercare nulla dietro i fenomeni, perché essi stessi sono la dottrina. » (Weimarer Ausgabe)

 

e proviamo a tratteggiare una “fenomenologia dello Spirito”, così da ascendere alla scienza e quindi alla coscienza di essi.   

A beneficio del Lettore, diamo anzitutto la definizione del fenomeno

 

« Il Totalitarismo è un sistema politico di governo autoritario in cui tutti i poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) sono concentrati in un partito unico, nel suo ristretto gruppo dirigente ma più in particolare nel suo capo, che tende a dominare l’intera società grazie al controllo centralizzato dell’economia, della politica, della cultura e alla repressione poliziesca. » 

 

Ripetuto con i concetti di Assoluto e Relativo: l’io singolo (Relativo) assomma su di sé le forme del potere, così da elevarsi e fare della sua figura un Tutto-Universale (Assoluto). Nei totalitarismi il relativo aspira dunque ad assolutizzarsi. Da questa condizione psico-logica sorge il fenomeno: riconoscendosi come un intero (l’io singolo, essendo un individuo unico e concluso, è in sé un intero), il Condottiero supremo – Fuhrer, Duce, Caudillo – si impossessa del potere intero (dell’Assoluto-Universale) per imporsi sull’intero (Popolo): “Il Popolo sono Io”. Movimento opposto osserviamo invece nelle moderne democrazie liberali: in queste l’Assoluto si relativizza – nella Parte, nel Cittadino: “Io sono il Popolo”. (La Costituzione italiana recita all’art. 1: «la sovranità appartiene al popolo». Va da sé però che senza il cittadino il popolo non esiste, essendo il cittadino il popolo minimo. La reale sovranità appartiene dunque a ogni singolo cittadino).  Il Cittadino (ma più in generale l’essere umano) è dunque oggi investito della potenza dell’Assoluto che soltanto fino a pochi secoli fa era detenuta da monarchi e dittatori. 

 

 

(L’insigne giurista Stefano Rodotà, nella video-intervista Filosofia - Etica e libertà al tempo delle nuove scienze, reperibile su YouTube, usa l’espressione, gravida di senso, di «soggetto morale». Anch’egli parla di «capovolgimento della prospettiva» nella considerazione del soggetto umano dopo la fine dei regimi e la nascita delle democrazie liberali). Ciò implica che il Cittadino, la minoranza minima, costituisce oggi la maggioranza, perché la sua volontà verso di sé è assoluta, imponendosi sui desideri e sulle istanze della maggioranza. La sua sfera personale, la sua dignità umana (così recita, tra gli altri, l’articolo 1 della Costituzione tedesca) è intangibile, quindi assoluta. Il Cittadino, spiritualmente e giuridicamente, è stato dunque elevato ed è diventato la nuova figura dell’Assoluto.

 

Nella storia recente vediamo quindi agire la legge spirituale di conversione di un opposto nell’altro che il venerabile Eraclito, con scienza e sapienza delle cose divine, chiamò enantiodromia (dal greco antico ἐναντιοδρομία, composto di enantios, opposto, e dromos, corsa. Enantiodromia significa dunque: corsa verso l’opposto[1]): dai totalitarismi sorgono le democrazie moderne rette da Costituzioni liberali; da “Il Popolo sono Io” asseverato dal Dittatore all’“Io sono il Popolo” scandito dal Cittadino; da “La Legge sono Io” dell’uomo al vertice a “Io sono la Legge” dell’uomo alla base, il quale governa e legifera attraverso la libera scelta elettorale dei suoi rappresentanti parlamentari; dall’intangibilità e inviolabilità del Capo supremo all’intangibilità e inviolabilità del Cittadino e dell’Uomo (vedi Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo); dall’aura di santità dell’uno a l’aura di santità dell’altro. La base, prima conculcata, è dunque diventata il nuovo vertice. Il potere, pur rimanendo concettualmente nella figura del Singolo, è passato di mano: dal primo (Dittatore) all’ultimo (Cittadino), da chi comandava a chi era comandato, che è oggi il comandante. Egli è infatti portatore di diritti della persona assoluti costituzionalmente riconosciuti e garantiti. Di quei diritti e poteri assoluti che prima erano concentrati nella persona del Despota. Il Dittatore, per usare la logica eraclitea di conversione, è stato rovesciato. Dal suo rovesciamento è sorta la figura spirituale-morale-giuridica dell’Uomo Cittadino (segno esteriore, fisico sensibile e simbolico, di questo processo psicologico e spirituale è la statua del Dittatore che il popolo, alla caduta del regime, abbatte nelle piazze rovesciandola). Dai fatti, come vuole Goethe, abbiamo tratto la teoria. 

 

L’ascesa al potere del Tiranno è dunque favorita dall’inganno che egli instilla nell’anima dell’individuo e del popolo di essere il portatore dell’Assoluto che essa custodisce e al quale anela. Questo atteggiamento psico-logico, che potremmo definire fascinazione e impulso all’Assoluto, dà ragione del perché inizialmente il popolo e gli individui inneggino e si riconoscano nel Capo supremo: proiettano sulla sua figura l’Assoluto che invece vive in loro e che essi sono chiamati a realizzare (realizzazione che, come abbiamo visto, si compirà con la presa di coscienza una volta caduti i regimi). 

 

Dal lato opposto, il Dittatore, riconoscendosi un intero e percependo, più di ogni altro, quasi la potenza del Destino lo avesse dotato di una eccezionale sensibilità interiore, la necessità di proiezione dell’Assoluto da parte del popolo e dell’individuo al fine di oggettivarlo (in quanto appunto ancora incapaci di soggettivarlo), se ne sente investito[2]. Sorge allora in lui una fatale vocazione alla guida. Tale vocazione e investitura, essendo incaricata nel modo più ampio della potenza dell’Assoluto, fa sì che egli possa agire incontrastato. Giustificata quindi è ogni sua decisione, finanche disumana, in quanto interpretando l’Assoluto di fatto egli è Dio, completamente divinizzato, e i comandamenti e le scelte della divinità non si discutono: si accettano in forza della loro suprema necessità storica e spirituale. Quando però l’inganno viene svelato, quando cioè il popolo e i singoli individui si accorgono dell’impostura e della falsificazione (assolutizzazione del Relativo), quando cioè ritirano la proiezione e prendono coscienza che l’Assoluto non vive nel Capo ma in loro (relativizzazione dell’Assoluto), smettono di sostenerlo. Il Dittatore viene allora rovesciato con la ferocia della disillusione dagli stessi individui che lo avevano acclamato. Dalla sua caduta, con un movimento eracliteo di conversione nell’opposto, l’Assoluto viene quindi trasferito dall’usurpatore al legittimo detentore, dal Dittatore al Cittadino Uomo. Questo è appunto quello al quale abbiamo storicamente assistito. Il processo psicologico-spirituale, avviato dalla carenza di forze coscienti degli individui e dei popoli, è quindi giunto alla sua meta, ha ottenuto il suo scopo: il passaggio dell’Assoluto.

 

Il Dittatore, come egli stesso soleva ripetere, sapeva meglio di chiunque altro qual era il bene del suo popolo, e con un’astuta eterogenesi dei fini lo ha realizzato, cedendogli appunto il bene più grande: l’Assoluto.  Il Dittatore altro non è allora che la figura medium utilizzata dallo Spirito per portare a effetto, sul piano dell’esistenza individuale, l’essenza dell’Assoluto che si agitava inconscia nelle anime degli uomini del XX secolo. Sotto questo punto di vista, egli fu la vittima sacrificale designata, il baccello svuotato del seme di hegeliana memoria.   

 

Se oggi parliamo di necessità storico-spirituale dei totalitarismi è dunque perché l’individuo doveva esser messo nelle condizioni di prendere coscienza di ciò che viveva in lui e così poter giungere a dire, come il Despota del secolo scorso ma in senso inverso,  "Io sono l’Assoluto. Il Potere mi appartiene. Io sono inviolabile. Io sono intangibile".  

 

[1] Nella psicologia del profondo di Carl Gustav Jung il concetto, che segue quello eracliteo, sta a indicare il manifestarsi, specialmente in successione temporale, del principio opposto inconscio: «Questo fenomeno caratteristico (l’enantiodromia) si verifica quasi universalmente là dove una direttiva completamente unilaterale domina la vita cosciente, così che col tempo si forma una contrapposizione inconscia altrettanto forte, che dapprima si manifesta con un’inibizione delle prestazioni della coscienza e in seguito con un’interruzione dell’indirizzo cosciente.» (Dizionario di Psicologia Analitica)

[2] Sul meccanismo di proiezione psicologica, ancora prima di Freud e di Jung, in Linee fondamentali di una gnoseologia della concezione goethiana del mondo, Rudolf Steiner scrive: «Una facoltà umana di cui l’uomo nulla sapesse non verrebbe da lui riconosciuta come sua, ma attribuita a un ente a lui estraneo […] Questa è la verità destinata a diventare il principio supremo della psicologia.»

 

9 dicembre 2023

 








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