Nell’articolo intitolato La sintassi applicata alla semantizzazione dell’essere di Severino Luigi Pavone ha presentato una critica alla struttura originaria sostenuta dal filosofo Emanuele Severino, secondo la quale essa sarebbe affetta da indeterminatezza semantica. Nel presente scritto si intende dimostrare che l’argomento proposto da Pavone non sia corretto, in quanto basato su di una premessa parziale che conduce a una conclusione inesatta, ovvero che la considerazione di un significato parziale di “essere” sia responsabile della attribuzione di indeterminatezza semantica alla struttura originaria e che invece, tenendo presente il significato complessivo di “essere” proposto da Severino, tale attribuzione non segua affatto.
Come riportato nella sua critica, secondo la semantizzazione dell’essere applicata alla teoria del giudizio sostenuta da Severino, il campo semantico di un enunciato in cui si predichi qualcosa di un soggetto implica il campo semantico di quello esistenziale (tale per cui affermare un enunciato nel quale si esprime, ad esempio, che “un albero è verde”, implica il campo semantico dell’enunciato esistenziale “l’albero è (esiste)”), da cui se ne fa seguire che “ciò implica che non si può determinare (/comprendere) il significato di “a e b” senza determinare (/comprendere) il significato di “a è (esiste)”. Inoltre, per Severino, «ogni giudizio affermativo è una determinazione del giudizio esistenziale» (E. Severino, La struttura originaria). Ciò implica in aggiunta che non si può affermare che “a e b” senza affermare “a è (esiste)”.. Nell’applicare tali nozioni Pavone, nel prosieguo dell’articolo, ha sostenuto: «Consideriamo dunque un enunciato qualunque, per es. “Socrate è saggio”. Il campo semantico di “Socrate è saggio” include il campo semantico di “Socrate esiste”, con la conseguenza che non si può determinare (/comprendere) il significato di “Socrate è (esiste)”. In virtù della semantizzazione dell’essere, affermare che Socrate è (esiste) equivale a dire che Socrate non è un nulla.» (L. Pavone, La sintassi applicata alla semantizzazione dell’essere di Severino, Pangea, 19 Giugno 2021).
Il senso della proposizione che Socrate è (esiste) dipende allora dal senso della negazione della proposizione che Socrate è nulla, dal momento che “Socrate non è un nulla” è logicamente equivalente alla negazione di “Socrate è un nulla”» (Ibidem). Siccome, secondo Pavone, non sarebbe possibile determinare, nella struttura originaria, cosa significhi “essere un nulla” senza determinare prima cosa significhi “è (esiste)” e di quest’ultimo è tenuto in considerazione soltanto il significare “non essere un nulla”, seguirebbe la indeterminatezza semantica al suo interno: se infatti non fosse determinato il significato di “essere (esistere)” che è incluso nel campo semantico del significato “essere un nulla” non sarebbe possibile nemmeno determinare cosa significhi “essere qualcosa” e nemmeno “non essere un nulla” e dunque la struttura originaria sarebbe affetta da indeterminatezza semantica.
Tuttavia, gli errori commessi nella struttura argomentativa di Pavone sono almeno due. Innanzitutto, in essa è tenuto in considerazione solo una parte del significato complessivo del termine “essere” affermato da Severino: quello per il quale “essere (esistere)” significa “non essere un nulla”, e in conseguenza di ciò non risulta determinabile il significato dei giudizi esistenziali e di quelli affermativi.
Per confutare l’obiezione proposta da Pavone occorre innanzitutto mostrare che il significato del termine “essere” sia stato ben determinato da Severino e non si riduca soltanto a significare “non essere un nulla”:
« Il significato complesso di “essere” non contraddice il significato semplice di “essere”. Questi due significati anzi si implicano con necessità. Il significato complesso di “essere” è l’“esser sé”, ossia l’identità, l’identità che si costituisce come non isolamento tra il qualcosa che è e ciò che esso è (dove ciò che esso è è anche questo “è”), cioè si costituisce secondo la concretezza dell’equazione (x = y) = (y = x) […] In quell’equazione – in cui si afferma “x-che-è-y è y-che-è-x” – l’ “è”, l’indicato dal simbolo “=” è un significato semplice , non analizzabile (“essere formale”). Ciò non significa che “è” non sia significante. “È” non ha alcun significato, solo se è separato dalla equazione dell’essere… Implicando la concretezza dell’equazione dell’essere, l’“essere” semplice è un significare determinato. Semplicità non significa indeterminatezza semantica. E l’“essere” semplice significa, da un lato “essere identico” (“identità”), dall’altro significa “significare” […] “Questa lampada è accesa” significa: “Questa lampada è identica al suo essere accesa. » (E. Severino, Oltrepassare)
Da tali passaggi risulta che il significato semplice, formale, di “essere” sia determinato e significhi “essere identico”, “significare”; siccome i giudizi esistenziali esprimono il significato semplice di “essere” e quest’ultimo è determinato, lo è di conseguenza anche quello dei giudizi affermativi e della loro negazione.
Inoltre, riguardo al significato del termine “esistere” Severino ha sostenuto che «…che qualcosa ‘esista’ significa innanzitutto che non è un niente e cioè che riesce a starsene presso di sé senza disciogliersi in un niente. L’esistenza, invece, come ex-sistere, come cioè un riuscire a costituirsi mediante un venir fuori alla luce, è soltanto un modo particolare di esistere assunto nella sua valenza trascendentale, ossia come negazione del nulla. E, in generale, la pluralità dei modi di esistere è la stessa pluralità dei modi, secondo i quali non si è nulla […] Questa lampada, che è qui accesa mentre sto scrivendo, è una determinazione dell’essere, ossia è un modo determinato di non essere nulla. C’è qui, indubbiamente, una distinzione tra la determinatezza e il suo non essere un nulla: questa determinatezza è ciò che non è nulla, e, appunto per questo, si distingue dal suo non essere un nulla, così come il determinante (ossia la determinatezza) si distingue da ciò che viene determinato (ossia il non essere un nulla). » (Essenza del nichilismo). Dunque, a maggior ragione, nella struttura originaria il significato di giudizi esistenziali come “Socrate è (esiste)” sta ad esprimere che il soggetto sia una determinazione dell’essere distinta, seppur congiunta, al suo non essere un nulla: una determinazione dell’essere che è identica a sé.
Da quanto esposto si evince che il rinvio circolare dei significati degli enunciati considerati non segua affatto. Il rinvio circolare dei loro significati nell’argomentazione di Pavone scaturisce dal non tener presente il significato semplice di “essere” sostenuto da Severino. Tenendo presente tale significato, il rinvio circolare non si realizza, in quanto è originariamente determinato il significato di “essere” e di conseguenza lo sono i significati degli enunciati considerati, pertanto è esclusa la loro indeterminatezza e quella della struttura originaria.
In conclusione, l’argomentazione qui sviluppata mostra che le ragioni esposte da Pavone siano insufficienti e scorrette e non consentano, pertanto, di derivare la indeterminatezza semantica della struttura originaria: non essendo stato preso in considerazione il significato semplice di “essere”, nella sua argomentazione non è stata dimostrato che il significato di “essere” sia indeterminato e di conseguenza non è stato dimostrato che la ricerca della determinatezza dei significati degli enunciati considerati porti a un rinvio circolare che segnali la indeterminatezza semantica della struttura originaria. È stato invece dimostrato che il rinvio circolare, da cui Pavone ha fatto seguire la indeterminatezza semantica della struttura originaria, non abbia motivo di prodursi tenendo presente i chiarimenti sul significato di “essere” esposti da Severino, dato che il rinvio è prospettabile solo se il suo significato non fosse già in origine determinato, il che è invece esattamente il caso. Essendo già determinato in origine il significato di “essere”, non segue il rinvio circolare e non segue pertanto la indeterminatezza del significato dei giudizi esistenziali e di quelli affermativi. In aggiunta è possibile far notare che se anche il considerare il significato semplice di “essere” portasse comunque a indeterminatezza semantica nella struttura originaria, nel suo articolo non si è dimostrato ciò: non si è cioè dimostrato che tenendone conto seguano ugualmente le conclusioni che vi ha sostenuto, pertanto esse non seguono affatto al suo interno. In virtù di ciò, in quanto esposto non si esclude che con altre ragioni sia invece possibile giungere a un simile risultato, ma si sostiene soltanto che le ragioni avanzate da Pavone nell’articolo considerato in questo scritto, non dimostrino la tesi ivi sostenuta.
12 dicembre 2023
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