L’identità nazionale è un fenomeno sociale da trascurare o da tutelare? L’obiettivo di questo breve testo è considerare alcune argomentazioni a supporto dell’opinione per cui l’esistenza di un sentimento nazionale, condiviso all’interno della comunità, è un fatto positivo.
Non è raro imbattersi in riflessioni che hanno per oggetto le identità nazionali; di queste ultime si discute nei vari ambiti in cui viene esercitata l’attività culturale, come le scuole, i giornali, o le università. All’interno di questi contesti, c’è un’opinione che sembra ottenere sempre maggiore consenso: l’idea per cui le identità nazionali sono fenomeni storici privi di valore, eredità del passato da guardare con indifferenza. Si tratta di una posizione che media tra altre due concezioni opposte: quella di chi afferma che le identità nazionali sono un bene da tutelare, e quella di coloro che desiderano un mondo non più diviso in nazioni distinte.
Per diverse ragioni, chi oggi vuole discutere di culture nazionali, non solo deve mettere in conto la possibilità di suscitare diffidenza in chi lo ascolta, ma soprattutto deve assumersi il rischio di essere frainteso. Nonostante questo, l’obiettivo del presente testo è il seguente: esporre alcune considerazioni a supporto dell’idea che l’identità nazionale, intesa in un senso ben preciso, è un valore. In questo breve saggio, si vuole argomentare in favore dell’opinione secondo cui la presenza di un sentimento nazionale, condiviso all’interno della comunità, ha degli effetti benefici sulla comunità.
Prima di entrare nel merito della questione, è necessario partire da una definizione orientativa di “nazione”, e di “identità nazionale”.
Una nazione è una comunità composta da persone che condividono dei caratteri culturali. Più precisamente, una società è una nazione quando i suoi membri hanno in comune uno specifico gruppo di attributi spirituali, condividono un insieme di proprietà che possono essere definite “caratteristiche nazionali”. Una nazione si forma quando un insieme di persone è legato dai seguenti aspetti determinati: 1. Il possesso di un proprio linguaggio, la capacità di comprendere e parlare una lingua nazionale. 2. Il sentirsi profondamente uniti a un territorio nazionale, cioè il desiderio di rimanere in contatto con esso e di averne il controllo. 3. L’essere animati da un forte senso di appartenenza: i membri di una nazione si sentono, si pensano come parte della propria nazione, e, allo stesso tempo, percepiscono la nazione come qualcosa di proprio; questa identificazione tra gli individui e la comunità di appartenenza, implica in essi la presenza di un sentimento di amore nei confronti della propria nazione. 4. La consapevolezza dell’esistenza di una molteplicità di simboli della propria nazione, cioè di una serie di elementi che richiamano alla mente tale comunità; esistono numerose tipologie di simboli di questo tipo: nomi, monumenti, personaggi illustri (per es., eroi, artisti, scienziati, sportivi), eventi storici, inni, bandiere, ecc.
Questa sintetica definizione va integrata sottolineando due aspetti decisivi:
1. La presenza di un’unica religione comune non è un fattore necessario per il costituirsi di una nazione; in altri termini, si può essere parte di una comunità indipendentemente dalla propria fede religiosa. La Germania e gli Stati Uniti, per es., sono società prive di un unico credo ma allo stesso tempo animate da un unico senso di appartenenza.
2. Le nazioni sono fondate esclusivamente da caratteri spirituali. Una nazione è una società composta da individui che condividono quegli specifici attributi mentali, non fisici, che la definiscono; in altre parole, si può essere parte di una nazione indipendentemente dalle proprie caratteristiche corporee. Anche di questo gli Stati Uniti sono un chiaro esempio, infatti da decenni persone provenienti da tutto il mondo diventano parte della nazione statunitense.
Alla luce di quanto detto finora, è possibile proporre una definizione di “identità nazionale” (qui per comodità definita anche “sentimento”). Si tratta di una caratteristica che può appartenere a un individuo. Più precisamente, l’identità nazionale è l’essere parte di una nazione, è il fatto di possedere le proprietà spirituali che sono condivise dai membri di una nazione. Una persona ha un sentimento nazionale quando ha le “caratteristiche nazionali” di una comunità. Quindi, avere una specifica identità significa parlare una specifica lingua, mantenere un legame strutturale con un certo luogo, sentirsi parte e amante di una specifica comunità, ed essere consapevole di una serie di simboli che la rappresentano.
Tutte le seguenti riflessioni si basano su un primo presupposto basilare: è positivo che tra i membri di una comunità sia ampiamente diffuso l’amore per essa. L’amore, in senso ampio, può essere definito come un desiderio di percepire ciò che è amato, e, allo stesso tempo, di fare in modo che l’amato esista e sia felice. Quindi, una persona che ama la propria comunità è una persona che desidera migliorare la condizione di chi ha intorno, e che agisce per soddisfare questo impulso; l’amore per la propria collettività è causa di solidarietà, disposizione al sacrifico, e, di conseguenza, è un fatto che produce un effettivo miglioramento dell’esistenza per i propri vicini. A sua volta, data la natura comunitaria di ogni individuo, il perfezionamento delle condizioni sociali promuove un miglioramento delle condizioni individuali. Una società composta da persone animate da un amore per essa, è una società più solidale e più felice.
Il punto fondamentale, che innerva tutte le prossime considerazioni, è il seguente: l’identità nazionale è un bene perché è causa di amore per la propria comunità, e di tutte le conseguenze benefiche che tale sentimento produce; un territorio abitato da una collettività in cui gli individui condividono un’identità nazionale, è un territorio dove è più diffuso l’amore per la propria collettività.
Prima di analizzare alcune argomentazioni a sostegno del punto fondamentale appena accennato, può essere utile esemplificarlo rapidamente. Sembra evidente che, in qualsiasi società estesa, fatti dannosi come il furto, l’evasione fiscale, il nepotismo, la corruzione, l’assenteismo, l’astensionismo, sono ineliminabili, ma sembra altrettanto chiaro che il sentimento nazionale è un fattore che allontana da queste e altre pratiche antisociali. Un sincero senso di appartenenza non solo promuove un atteggiamento più onesto nei contesti quotidiani, ma risulta importante anche nei momenti più tragici della storia, come quando il proprio territorio è invaso da eserciti stranieri. Un altro ambito in cui l’identità comune gioca un ruolo positivo è quello della crisi ecologica: se si è animati dal desiderio che la propria nazione fiorisca nel presente e nel futuro, si è più disposti a rinunciare a delle comodità molto inquinanti per mantenere in salute il proprio territorio. Sempre in questo senso, come sottolineato da Roger Scruton, l’identità nazionale è un fattore decisivo per il mantenimento di legami sociali stabili:
« Non può esistere una società senza l’esperienza di questo genere di appartenenza. È questo sentimento, infatti, che permette a me di occuparmi degli interessi e dei bisogni degli estranei come se fossero una mia preoccupazione, che mi permette di riconoscere l’autorità di chi decide e le leggi a cui devo obbedire, anche se non sono direttamente concepite per il mio interesse […]. Privandolo dell’esperienza dell’appartenenza, il terreno stesso del contratto sociale si dissolve: gli obblighi sociali diventano temporanei, problematici e contestabili, e l’idea che si possa essere chiamati a dedicare la propria vita a una collettività di estranei arriva a rasentare l’assurdo. » (Roger Scruton, Il bisogno di nazione)
A questo punto è opportuno chiedersi: in che modo effettivamente l’identità nazionale alimenta l’attaccamento alla propria comunità? Innanzitutto, l’identità comune ha questo effetto perché ha tra le sue componenti essenziali il senso di appartenenza, uno stato d’animo che implica amore per la propria nazione. Avere una specifica identità nazionale significa anche essere animati da un senso di appartenenza rivolto a una specifica collettività (cioè sentirsi parte di quest’ultima, percependola allo stesso tempo come qualcosa di proprio), il quale genera un desiderio che tale collettività sia libera e felice. Il fatto che il senso di appartenenza implica un amore per la propria nazione può essere spiegato in questo modo: ogni individuo è naturalmente mosso dall’amore di sé, quindi, nel momento in cui si percepisce appartenente a una società, sviluppa in modo immediato una forma di amore rivolto ad essa. Dunque, quanto appena visto permette di dire per prima cosa che l’identità nazionale produce direttamente uno sforzo finalizzato a perfezionare la condizione dei propri vicini.
Oltre che in modo diretto, ed è forse questo l’aspetto più interessante da considerare, l’identità nazionale condivisa è causa di solidarietà in un modo che può essere definito indiretto; più precisamente, essa svolge questa funzione in quanto è un fattore che determina una situazione di somiglianza tra gli individui che compongono una comunità. L’identità comune rende i membri di una società più simili, e in virtù di ciò promuove l’affetto tra di loro. Per cercare di comprendere meglio questo punto, è necessario riflettere su alcuni caratteri della natura umana, dei caratteri che vengono analizzati nell’opera di David Hume.
Innanzitutto, bisogna porre l’attenzione su una facoltà umana decisiva. Gli esseri umani possiedono una capacità di percepire i sentimenti altrui, di sentire le emozioni che vengono provate dalle altre persone; questa facoltà, per es., determina il fatto che si prova piacere alla vista del sorriso gioioso di uno sconosciuto, e che si prova dolore quando si osserva un malato che esprime il suo disagio. Quando un individuo osserva i segni di un’emozione sentita da un altro individuo, tale capacità fa in modo che l’osservatore percepisca l’emozione della persona osservata, la senta come se fosse una propria emozione. Si tratta di una meravigliosa caratteristica dello spirito umano, che Hume, nel suo Trattato, definisce con il termine di “simpatia” (sympathy). Egli, nel corso delle sue approfondite riflessioni su di essa, dice: «non c’è qualità della natura umana più notevole […] della nostra propensione a provare simpatia per gli altri, e a ricevere per comunicazione le inclinazioni e i sentimenti altrui»; e aggiunge: «il piacere di un estraneo, per il quale non abbiamo nessuna amicizia, ci allieta soltanto per simpatia» (David Hume, Trattato sulla natura umana). Non tutti sono in grado di provare simpatia con la stessa regolarità e intensità, e in molti casi essa è annullata da altre emozioni, ma generalmente tale capacità è attiva, producendo numerosi stati d’animo.
La simpatia è soltanto uno dei numerosi elementi strutturali che si trovano nello spirito umano; insieme ad essa, si può notare la presenza di una tendenza naturale che può essere definita come “amore di sé”: l’amore di sé è il desiderio di esistere e percepire il massimo piacere possibile. Ogni individuo è mosso da uno slancio insopprimibile volto ad aumentare la propria soddisfazione e a ridurre il proprio dolore. Ebbene, l’amore di sé e la simpatia, agendo insieme, sono causa di un fatto decisivo: essi producono una tendenza naturale finalizzata a diminuire il dolore altrui e ad incrementare il piacere altrui. In altri termini, questi due fattori basilari, agendo allo stesso tempo, fanno in modo che ogni essere umano è frequentemente animato dal desiderio di generare piacere nella persona che ha di fronte, e di allontanarla dal dolore. Si tratta di una passione che può essere definita come “amore per il prossimo” o “amore per l’altro”.
Data l’importanza di questa passione, è opportuno cercare di spiegarsi meglio. Come visto poco fa, ogni essere umano è mosso dall’amore di sé, cioè desidera la propria massima soddisfazione possibile; allo stesso tempo, ogni individuo, grazie alla capacità di simpatizzare, prova piacere quando osserva una persona gioiosa e sente dolore quando si rappresenta una persona sofferente; di conseguenza, ogni essere umano, quando osserva un’altra persona, desidera che la persona osservata provi piacere e non dolore, perché in questo modo egli sente piacere e non dolore. Si può fare un esempio, analizzando il caso di un soggetto che, camminando tra le strade di una città, vede una persona che ne maltratta un’altra, generando in quest’ultima evidenti segni di dolore: l’osservatore, grazie al suo egoismo e alla sua simpatia (e in assenza di altre emozioni ostacolanti), è immediatamente mosso da una volontà di interrompere le percosse e di ridurre il dolore della vittima, perché quest’ultimo sentimento diventa anche suo. Il meccanismo appena descritto sembra essere motivo di innumerevoli comportamenti solidali, come, per es., la genuina intenzione di partire volontari per aiutare chi è in condizione di miseria nel resto del mondo.
Le ultime considerazioni effettuate sono una sintetica rielaborazione di alcuni contenuti presenti nell’opera di Hume; egli, infatti, riflettendo sulla natura e sugli effetti della simpatia, sottolinea che grazie a tale facoltà nasce il desiderio di aiutare il prossimo; più precisamente, egli afferma che la capacità di simpatizzare causa innanzitutto un sentimento di amore per l’altro, e, successivamente, un sentimento di benevolenza, cioè un desiderio di realizzare la felicità dell’amato (Hume distingue l’“amore” dalla “benevolenza”, ma sostiene che il primo causa la seconda). I passaggi del Trattato più rilevanti su questo punto sono i seguenti:
« [...] allorquando la miseria di un mendicante appare davvero estrema, oppure viene dipinta a colori molto vivaci, allora simpatizziamo con lui per le sue sofferenze, e troviamo nel nostro cuore tracce evidenti di pietà e benevolenza. »
« La visione di una città in cenere ispira sentimenti di benevolenza; infatti, ci immedesimiamo tanto profondamente negli interessi dei suoi infelici abitanti, da desiderare la loro prosperità e da fare nostre le loro avversità. »
« Ci rallegriamo per i piaceri altrui, e soffriamo per i loro dolori semplicemente in forza della simpatia. Nulla di ciò che li riguarda ci è indifferente e, dato che questa corrispondenza di sentimenti costituisce ciò che abitualmente accompagna l’amore, essa produce immediatamente questa affezione. »
Quanto è stato detto finora non sarebbe particolarmente rilevante per una riflessione sulle identità nazionali, se non si analizzasse un’altra caratteristica della simpatia. Si tratta, anche in questo caso, di un aspetto evidenziato da Hume, il quale afferma: «troviamo che lì dove, oltre alla generale rassomiglianza della nostra natura [cioè alla somiglianza che, per natura, ogni essere umano ha con qualsiasi altro essere umano], vi è anche una peculiare somiglianza nelle nostre maniere, carattere, paese o lingua, è più facile che nasca la simpatia». La tesi che sembra emergere da queste parole, e condivisibile, è la seguente: all’aumentare della somiglianza tra due soggetti, cresce anche la loro capacità di simpatizzare reciprocamente; in altri termini, quando ci si rappresenta una persona, più sono i caratteri che si ha in comune con la persona osservata, e più si è in grado di sentire le sue emozioni. Per es., quando si percepiscono segni di piacere in un proprio connazionale, si prova maggiore soddisfazione rispetto a quando (in una situazione per il resto identica) si percepiscono segni di piacere in una persona con cui si condivide soltanto la natura umana; questa differenza si spiega perché con i propri connazionali, cioè gli individui con cui si condivide una determinata identità oltre alle caratteristiche di specie, si ha una maggiore relazione di somiglianza. In questo senso, il passaggio di Hume permette di pensare questo concetto: se il soggetto osservatore ha un’identità nazionale in comune con il soggetto osservato, allora prova una simpatia maggiore di quella che proverebbe se il soggetto osservato fosse privo di tale identità; in altri termini, un individuo che ha un certo sentimento nazionale tende a simpatizzare in misura superiore con chi appartiene alla sua stessa comunità nazionale. Quest’idea sembra essere confermata dall’esperienza; infatti, per es., ci si preoccupa e attiva maggiormente quando una calamità naturale colpisce il proprio territorio, rispetto a quando una catastrofe simile devasta un’altra nazione seppur confinante; inoltre, i connazionali che si trovano all’estero in situazione di pericolo sono soggetti a un’apprensione superiore rispetto ai membri di altri popoli che si trovano nella stessa condizione. Si tratta di una preferenza naturale, ineliminabile, che fortunatamente non impedisce di fraternizzare anche con chi appartiene ad altre nazioni (infatti, per es., è naturale che uno straniero che soffre profondamente sia oggetto di una simpatia superiore rispetto a un connazionale che prova un dolore lieve).
Ora è utile riassumere alcune delle considerazioni che sono state riportate finora, in modo da esporre più agevolmente una considerazione decisiva: 1. L’essere umano è caratterizzato dalla capacità di simpatizzare; 2. La simpatia è concausa del desiderio di aiutare gli altri; 3. All’aumentare della somiglianza che si ha con un soggetto, aumenta la simpatia nei suoi confronti, e quindi cresce il desiderio di migliorare la sua condizione. Sulle affermazioni appena riassunte si fonda l’argomento principale di questo testo.
L’identità nazionale condivisa è un valore per questo motivo: essa è un fatto sociale che genera una forte somiglianza tra gli individui che compongono una comunità; di conseguenza, alla luce di quanto visto finora, essa è un fatto che incrementa la simpatia, la solidarietà tra tali individui, e tutti gli effetti benefici che un atteggiamento solidale comporta. Se all’interno di una collettività sussiste un’identità nazionale comune, allora c’è maggiore conformità tra i membri di tale collettività, c’è maggior simpatia tra di loro, e, di conseguenza, c’è un più forte desiderio di aiutarsi reciprocamente. Sembra evidente che ogni essere umano tende a impegnarsi in modo più stabile se il prossimo ha la sua stessa lingua, la sua stessa bandiera; la percezione, più o meno consapevole, del fatto che la propria azione inciderà su persone che fanno parte della propria comunità nazionale, rafforza la propria attenzione al fatto che l’azione sia socialmente utile. In questo senso, per es., il desiderio di svolgere al meglio la propria professione viene rafforzato dalla consapevolezza che lavorare bene contribuisce al progresso della propria nazione. Chiaramente, il possesso di una specifica identità comune non può ridurre in modo radicale gli atteggiamenti antisociali, ma sembra evidente che la presenza di una certa similitudine con il vicino costituisce un freno a tali comportamenti. Quindi, si può sostenere che l’identità nazionale è un valore in quanto è un fattore che stabilisce una superiore somiglianza, e così una superiore solidarietà, tra i membri di una collettività.
Come si cercherà di sostenere nella seconda parte di questo discorso, argomentare in favore dell’identità nazionale non implica giustificare teorie guerrafondaie, antidemocratiche, esclusive o razziste.
13 novembre 2023