Jung e l'esperienza di Dio

 

Riportiamo qui un estratto del seminario su Nietzsche tenuto da Jung negli anni '30. Il passaggio è tratto dal volume terzo della raccolta intitolata Seminari. Lo Zarathustra di Nietzsche (1934-1939). Nelle pagine molto ricche del seminario, lo psichiatra scavalca la particolarità della sua scienza nel tentativo di ricongiungersi a un punto di vista filosofico: l'inflazione dell'Io che ha portato Nietzsche a identificarsi con il profeta Zarathustra è sintomatico, pur nella sua specifica situazione, dell'inflazione generale avvenuta all'uomo moderno dopo la fine del mito. Non solo il soggettivismo sembra ingiustificato, ma risulta altresì foriero di conseguenze psicologiche nefaste. La negazione di Dio è, per Jung, la negazione di fenomeni di evidenza quotidiana.  

 

 

Badate: l'immagine non è la cosa, l'esperienza di Dio è sempre presente. E. l'esperienza più frequente dell'uomo, ma lungo l'intero sviluppo avvenuto nei secoli passati è divenuta l'esperienza più rara. Ci sono persone che vanno in giro per il mondo e dicono che non hanno mai avuto un'esperienza di Dio: non hanno idea di che cosa sia. Ma è ciò che vi è di più semplice. Quando uscite dalla stanza e inciampate sulla soglia, dite «dannazione!», perché nella stanza c'era uno spirito maligno che vi ha fatto lo sgambetto per farvi cadere: si tratta dell'esperienza originaria di qualcosa che vi accade e che non volevate accadesse. Il fato vi attraversa la strada tutti i giorni. Noi tutti facciamo sempre proprio ciò che non desideriamo fare. E chi lo sta facendo? Be', è quell'altro, e se ne seguite le tracce – se esaminate attentamente le intenzioni di quell'essere che vi attraversa la strada – scorgerete qualcosa. Ma noi non siamo in grado di vedere lontano, mai: per noi tutto si spiega da sé. In un caso siamo caduti inciampando sulla soglia, in un altro nella sedia, e il fatto che siamo caduti su entrambe non ha per noi alcuna importanza. Oppure raccontiamo una frottola, e diciamo che si tratta solo di questo caso in particolare, e il giorno dopo si tratta di un altro. È il modo in cui eliminiamo le cose. Eliminiamo costantemente dalla nostra vita l'esperienza di Dio, e così è ovvio che non facciamo mai esperienza di Dio; esperiamo solo determinati fatti minuti, privi di significato. Non significano nulla perché non poniamo in essi alcun significato. E come se steste leggendo soltanto una lunga fila di lettere, ed è ovvio che sembri qualcosa di folle, ma mettetele insieme, e per esempio leggerete: «Sulle isole beate», e ciò significa qualcosa.

 

Ma è proprio questo il modo in cui leggiamo la nostra psicologia, o la psicologia della divinità: quell'entità che come il fulmine s'interpone, che attraversa le nostre intenzioni. Leggetela in maniera fondata e vedrete cose mirabili. È ciò che facciamo nella psicologia analitica – non leggiamo solo le lettere, cerchiamo di metterle assieme. Per esempio qualche notte fa avete sognato questo e quest'altro, la notte successiva una ferrovia, quella dopo un batta glione di fanteria e la notte scorsa di aver dato alla luce un bambino. Ogni notte avete sognato, e dite che questi sogni non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro. Ora, io vi consiglio di scrivere tutte quelle lettere assieme nella loro sequenza naturale, e poi di studiare tale sequenza; vedrete qualcosa di notevole: che si tratta di un testo continuo. Scoprirete qualcosa sulla psicologia del non-Io, scoprirete perché la gente l'ha chiamato Dio o demone, come preferite. Dato che si tratta di uno svolgimento continuo, ha un senso, non è soltanto un mucchio di elementi che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro.

Bene, ora Dio è una supposizione nella misura in cui la sua immagine è diventata una forma dogmatizzata e codificata, e, come ho detto, questo fatto costituisce la ragione per cui una tale idea dovette alla fine essere mandata a gambe all'aria. La vita stessa non poteva più tollerare una limitazione così blasfema dei poteri o delle possibilità del fenomeno psichico che alla fine viene chiamato Dio. Questo stesso processo psichico stava istintivamente operando in vista di un momento in cui l'immagine dogmatizzata dovesse essere distrutta. E Nietzsche appartiene a un tempo il cui elemento distintivo era la detronizzazione di quest'immagine. Ma come sempre accade, naturalmente ci si spinge troppo in là, e poi se ne subiscono le conseguenze, in questo caso la supposizione che Dio non esista quando l'uomo dice che non esiste.

 

Allo stesso modo oggi certe persone presumono che l'inconscio non esista poiché affermano che non esiste. Si tratta di una cosa puerile, ovviamente, ma dato che le persone infantili sono ancora molte, questi giudizi infantili sono ripetuti spesso e persino creduti veri. Basta che siate in possesso di un barlume d'intelligenza, anche non eccelsa, e sapete che si tratta soltanto di una sciocchezza: non potete eliminare una cosa dichiarando che non esiste; il fenomeno esiste a dispetto di ciò che ne dite. Ora, quando si suppone che Dio non esista poiché, a quanto si afferma, sarebbe solo un'invenzione – il che è come presumere che l'inconscio non esista perché voi dite così –, poi capita una cosa assai singolare: e cioè qualcosa intralcia la vostra volontà. E che cosa potete dire? Non potete fingere che siate stati voi stessi a intralciare la vostra volontà; non lo avete fatto. Qualcos'altro le sbarra la strada. A questo punto come potete spiegare un tal fatto – se pensate in termini filosofici, intendo? Naturalmente, se pensate in termini pratici – il che significa non pensare affatto – non dovete spiegarlo. Potete allora lasciar perdere e dire che si tratta solo di un caso, non ne fate un oggetto in senso filosofico o scientifico. Con ciò ovviamente non vi ponete il compito di spiegare alcunché, ma rifiutate semplicemente di pensare.

 




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