Tutto deriva dalla cultura, e ogni discorso su Dio (se ce n’è uno) è posizionato solo in un determinato spazio e tempo, il che va a svantaggio della sua supposta onnipresenza divina. Scaturisce quindi una domanda: Dio senza cultura cos’è? Un Re nudo? O qualcosa di più concreto?



di Andrea Allegra


L’uomo è segnato ontologicamente dall’inquietudine, la quale può condurlo alla “disperazione assoluta” (per utilizzare un’espressione kierkegaardiana). Gabriel Marcel invita l’uomo a scoprire da sé la realtà profonda della sua inquietudine, la fonte di essa e, a partire da questo riconoscimento, ad affrontarla a partire dalla sua condizione esistenziale. L’uomo è infatti un essere libero che può far fronte all’inquietudine almeno in due modi differenti: intraprendendo il percorso della comprensione razionale della realtà – in cui l’uomo basta a se stesso – oppure quello della fede – in cui l’uomo vuole riallacciare i rapporti con Dio – riscoprendo la via della salvezza.




La storia è fatta di cose e di persone: le cose sono inanimate e su di loro agisce l’inesorabilità del tempo, le persone sono invece agenti attivi della storia e plasmano il tempo storico e le cose che possiedono. L’attenzione deve essere sulle persone, quindi, e ciò che è una persona da sola ha una sua definizione, ma ciò che tante, tantissime, persone sono, costituisce tante menti che diventano una unica, proteiforme, energetica, mente e quindi Psiche Collettiva.

In questo primo quarto del XXI secolo possiamo proclamare, la manifestazione non solo dell’epoca postmoderna ma anche la irrevocabile nascita e manifestazione della Psiche Collettiva postmoderna.

Che ogni epoca storica e culturale abbia la sua propria e peculiare psiche è faccenda indiscutibile, e questa psiche epocale è il risultato di un processo materiale, dialettico, culturale e spirituale che diviene direttamente dalla interazione e polarità di due elementi: la Weltanschauung – etica  e morale – manifesta nelle masse e nell’individuo e lo Zeitgeist temporale definito da una specifica sequenza di eventi identificati come determinanti – lunghe stagnazioni o improvvisi cambiamenti – sia volontari di un progetto sociale, che improvvisi e meccanicistici dovuti ad alcune condizioni.




Il testo analizza il percorso artistico di Van Gogh, sottolineando come abbia cercato di esprimere la sua visione interiore attraverso la pittura, spesso mal compresa o ignorata durante la sua vita. Si riflette inoltre sul contributo di Artaud nel rivalutare il ruolo della società nel giudicare e influenzare la vita e il lavoro di Van Gogh, evidenziando la sua sensibilità artistica e la profondità emotiva dei suoi dipinti. 




Anche chi ha votato la sua esistenza alla conoscenza, facendo di sé un ricercatore appassionato, dovrebbe ritornare a riflettere sul senso della sua stessa volontà di sapere. Perché si è scelto di conoscere, e quali sono le reali ragioni per cui ogni giorno mi siedo difronte alla scrivania? Ripensare al motivo per cui si desidera conoscere permette di intervenire qualora la propria fonte di motivazione fosse diventata quella falsa e pericolosa credenza di cui, talvolta, si fanno suoi adepti gli accademici e che consiste nel convincersi di appartenere ad una casta superiore. La cultura, per poter produrre frutti saporiti e dai colori invitanti, ha bisogno dell’umiltà, del rifiuto di ogni infondata convinzione che ci vuole intrinsecamente diversi e, per questo, migliori degli altri.





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