La nascita della tragedia dallo spirito della musica è la prima e vera opera di carattere filosofico oltre che filologico di Friedrich Nietzsche. Caratterizzata da un’esposizione asistematica, esprime un percorso in parallelo tra la storia della tragedia e quella della società greca.
Di Mario Magini
La nascita della tragedia di Friedrich Nietzsche inizia in medias res, introducendo il lettore alle forze opposte e simmetriche presenti nella dinamica della cultura e società greca, di Apollo, simbolo del sogno, delle arti plastiche, della calma e della magnificenza delle divinità olimpiche, e Dionisio, simbolo invece dell'ebbrezza, della musica, della frenesia. In quest'ultimo, nello Spirito Dionisiaco, Nietzsche specificatamente identifica il motivo e l'origine del pessimismo greco e la sua natura però non decadente. Per Nietzsche lo spirito dionisiaco è la forza, la tensione e lo spirito che "getta lo sguardo nell'abisso", che incontra, vede pienamente e si confronta con l'orrore dell'esistenza senza esserne impaurito, piegato, anzi addirittura ne è euforico. Potentemente e irrevocabilmente supera la dottrina stoica, che considera la vita e la morte come un unicum indifferente e invece "dice «sì» alla vita" come esperienza di avanzamento, elevazione, consunzione in tutti i suoi aspetti, idee, emozioni, sentimenti, possibilità e scelte.
PRIMA QUESTIONE: dal Mito allo Spirito in Coincidenza di Opposti
Nel mito fondante sulla Titanomachia, Apollo, vedendo Dionisio lacerato dalla battaglia, lo cura, lo lenisce e lo salva, e da ciò si trae il principio di come la cultura greca (Apollinea) reprima gli impulsi umani. Li contenga e/o redarguisca, con gli strumenti della ragione, della dialettica, dell’arte teatrale, della musica e della calma.
I due spiriti secondo Nietzsche si trovano tuttavia in equilibrio nella concezione ed attuazione della tragedia attica, il "miracolo metafisico" a volerlo nominare, formando un'unica, suprema, forma d'arte che è in sé molte e differenti cose quali riverbero col Divino, ricerca filosofica, dinamica sociale, dialettica e spinta evolutiva interiore dell’uomo. In questo “miracolo metafisico” lo spettatore apollineo guarda, come distaccato e disinteressato, la condizione e conseguente volontà naturale dell'uomo, ossia lo spirito dionisiaco che, nella scrittura del testo in Nietzsche, è represso dall’emergere e diffondersi della cultura socratica, considerata antesignana e prototipo della cultura cristiana nel suo senso più critico e spregiativo.
Di tutte le affermazioni e ricerche filosofiche di Nietzsche questa, certamente, è quella più “orientale”, quella che più di tutte travalica l’Europa e riceve ispirazione da quelle terre che dall’Iran conducono all’India; questa prospettiva più di tutte supera il dualismo ebraico-cattolico di Bene e Male intesi come una dicotomia derivante da un incatenamento all’etica europea e Nietzsche disvela come per i greci la Realtà e la Vita fossero più un fenomeno di accettazione che una esperienza di metabolizzazione e superamento di esse.
In questo specifico contesto il superamento del bene e del male significa liberarsi dai giudizi morali tradizionali, che limitano la comprensione del Mondo, che censurano la creatività specialmente laddove essa è un ritorno ad un primordio della Storia senza la contaminazione cristiana e il recupero di una fierezza e fiducia nella propria individualità. Creare nuovi valori è tanto automatico quanto imperativo rispetto questo superamento, e tale creazione inizia con la proposizione concettuale e la scelta individuale di non accettare in alcun modo passivamente i valori proposti (prima) e imposti (poi) dalla società: è l'individuo che deve creare i propri valori, spesso contro la società stessa piuttosto che riceverli da essa. Questa creazione ex novo segue, nel disvelamento nietzschiano dell’individuo assoluto, tre elementi sincronici generativi:
● Una concezione ulteriore di Bene e Male in base al proprio livello di evoluzione personale.
● Un’estrinsecazione fattuale, un progetto del vivere, derivante dalla propria sola volontà di potenza.
●Un’affermazione prospettica che in ogni minimo particolare è riassuntiva e distinguibile circa la propria interpretazione della vita.
Tutto questo lavoro di Nietzsche è risolvere ed affrontare l'ambiguità dei concetti di Bene/Male ed Arte rappresentativa, quando sono nelle mani degli uomini, ma il percorso è anti-intuitivo, perché Nietzsche stesso ci invita ad abbracciare totalmente, senza riserve, l'ambiguità e la complessità dell'esistenza, piuttosto che i concetti e l’uso che ne viene fatto dai molti, solo così l’uomo interrompe il suo errare alla ricerca di risposte banali ascritte ad un asfittico sistema binario, fallacemente definitive.
Diventare "oltreuomo", così come è già silenziosamente posto in questa opera giovanile di Nietzsche, è l'obiettivo finale: un individuo cioè che ha superato i limiti umani eretti a fronte di paure e punizioni, e che ha creato una propria esistenza autentica, non corruttibile, evolutiva e significativa.
SECONDA QUESTIONE: Nietzsche e la Soglia dell’Oriente
Deve essere specificato un punto, per amore di verità: sebbene Nietzsche non abbia mai personalmente effettuato viaggi in Oriente e non abbia studiato a fondo le filosofie asiatiche, è innegabile che alcune delle sue idee presentino affinità sorprendenti con le prospettive filosofiche e i concetti presenti nel buddhismo, nel taoismo, nell’induismo, nello zoroastrismo, nello gnosticismo e altre particolari tradizioni orientali.
È importante sottolineare che queste affinità non implicano un'influenza diretta delle filosofie orientali sul pensiero di Nietzsche. È più probabile che si tratti di convergenze tematiche dovute a una profonda riflessione sull'esistenza umana e sulla condizione dell'uomo nel mondo.
Tengo a sottolineare solo i punti che nodali che ci interessano in quanto studiosi di Nietzsche, ovvero il superamento dell’ego, la critica alla morale del volgo, la simmetria tra Volontà di Potenza e Tao, l’Eterno Ritorno.
Sia Nietzsche che le filosofie orientali sottolineano l'importanza di comprendere, assorbire e annientare l’Ego, di prodursi in una evoluzione oltre i meccanismi e le istanze egoiche, di assorbire in una Coscienza più elevata e maggiormente raffinata l'Io individuale, ciò al fine di raggiungere una comprensione incondizionata, profonda ed efficace della realtà. Difatti Nietzsche parla dell'oltreuomo come di una figura che ha eroicamente, felicemente ed irreversibilmente superato i limiti dell'ego, ma senza uno scopo salvifico, mentre il buddhismo e il taoismo si concentrano sul concetto di annullamento dell'ego per raggiungere l'Illuminazione.
La critica alla morale tradizionale e del volgo è un ulteriore elemento interessante, perché sia Nietzsche che le filosofie orientali mettono in discussione la morale tradizionale verticistica di una società e l’ordinamento di comunità ad uso e consumo dell’individuo medio; tale morale è considerata come (in un prima o in un poi dello sviluppo positivo individuale) una costruzione/costrizione sociale e non come una verità assoluta capace di far interamente fiorire un uomo superiore ed emancipato dai limiti e dalle dualità.
La volontà di potenza di Nietzsche, se interpretata in modo non riduzionistico, può tranquillamente e serenamente essere accostata al concetto taoista di Tao perchè entrambe le prospettive rappresentano una forza vitale, un meccanismo, un ordinamento assoluto eretto su una base creativa e in continua trasformazione, che permea, legifera, direziona tutto ciò che esiste, che è esistito e che esisterà.
In ultimo prendiamo in esame il concetto di Eterno Ritorno e specifichiamo che il concetto nietzscheano di ritorno, ovvero l'idea che ogni istante si ripeta infinite volte sino al raggiungimento di un sommo grado di perfezione armonica cui segue una dissipazione di un cosmo e la sua rigenerazione, ha delle affinità sorprendenti, suadenti, affascinanti con la concezione esoterica dell’Eterno Ritorno neoplatonico e l’induismo di matrice vedanta.
TERZA QUESTIONE: gli Spiriti e la Danza
Per Nietzsche l'arte tutta, e in particolare la musica, è una manifestazione della "volontà di potenza", dell’impulso intrinseco alla vita che spinge gli individui ad essere in un determinato modo, ad esprimersi secondo le loro vocazioni e a creare. La musica diventa, quindi, un mezzo per affermare la vita, un gesto che confluisce nella vita, anche nel suo inevitabile declivio che è la morte e in ogni sua tragica, soverchiante, bellezza. Nietzsche riteneva che la musica possedesse una potenza comunicativa unica, in grado di esprimere ciò che le parole non possono: la musica trascende le barriere antropologiche, linguistiche, fideistiche e culturali, parlando direttamente all’anima. È il modo per affrontare la vita e la morte poiché attraverso la sua capacità di evocare il sublime, in una successione temporale che dipana un discorso senza strutture particolareggiate la cultura dell’individuo, la musica diviene l’atto di esplorare le contraddizioni e le tensioni dell'esistenza ma sempre in riferimento a un sublime, a un Oltre rispetto la mera esperienza umana.
Nietzsche cerca di andare oltre le convenzioni culturali e morali della sua epoca, riscoprendo valori e pulsioni che considera più autentici e vicini alla natura umana: il "primordiale" è, sempre è stato e sempre sarà, nell’esperienza stessa della musica, rappresenta un contatto diretto con l'essenza trascendente, sovrumana, oltreumana della vita. L’uomo è intero ed armonico nella musica ed è, già nelle sue prime note, liberato dalle sovrastrutture personali, familiari, sociali, produttive e religiose tanto che al cospetto della musica il fideismo clericale (o di qualsiasi altro credo) non esiste semplicemente più. La musica è un’istantanea, chiara visione di purezza connessa alla vitalità ed all'autenticità che sostiene e conduce il genere umano. La vera purezza è quella che si manifesta attraverso l’eruzione delle passioni, l’affermazione della vita sopra chiunque e contro chiunque, la creatività e l’autosufficienza sono quasi sinonimi, e il vivere piuttosto che l'adesione a norme esterne è l’assunzione profonda di un codice che è in alleanza ed esaltazione della Vita, poiché implica un abbraccio delle passioni umane e delle esperienze senza tentativi di ammansirle, ammaestrarle o reprimerle.
Lo Spirito Dionisiaco è rappresentazione del caos primordiale ed immanente, all'irrazionalità come annullamento di confini e regole, all'ebbrezza data dal vino o da sostanze psicotrope ed l'estasi sia essa spirituale che del godimento sessuale, inoltre è proprio della musica, della danza e della esperienza mistica di unione con la natura.
QUARTA QUESTIONE: la Perversione Socratica
Nelle premesse filologiche di Nietzsche lo scontro è violentissimo con l’ottimista atteggiamento socratico – al limite del perverso – che stabilisce la possibilità di conoscere ciò che è Bene o Male, ciò che è Virtù e ciò che è invece deviazione da essa. Il testo stabilisce un vallo tra il primigenio spirito greco e la pretesa di arrivare a comprendere l'interezza dell'universo con il solo uso della ragione. Nietzsche condanna il socratismo come quell’atteggiamento depotenziante il genere umano, in sé ingannatore, artefatto nelle premesse e nelle conclusioni, mutilante, che si sostituì all’azione pedagogica della Passione, che giace nell’animo umano e necessita di essere accolta ed esperita.
La base fondante in Nietzsche è l’assoluta accoglienza delle passioni e degli istinti poiché sono tutto ciò che costituisce e direziona l’uomo e sono le uniche vere esperienze – mortali e formative – innanzi l'incomprensibilità e irrazionalità dell'esistenza umana.
Se la consunzione del corpo è inevitabile, se la morte è la fine e se l’uomo in vita deve sobbarcarsi il giogo del verticismo sociale (come addomesticazione in senso socratico alla Virtù) che inganna e svilisce, ecco che il dionisiaco rappresenta l’unico vero atto e cammino vitalistico e il riscatto del singolo. Socrate, con tutto ciò che ne comporta, è visto come una forza dialettica e limitante, che imbastardisce e ammaestra ciò che di più genuino è nell’uomo, che si sostituisce sediziosamente alla rivelazione spirituale e carnale del dionisiaco.
Tale rilettura della figura laicamente santificata di Socrate ci conduce ad alcune domande, prospetticamente connesse proprio al discorso Nietzschiano presente in questa opera: qual è la definizione di virtù per Socrate? In che modo la sua ricerca della virtù e la sua maieutica dialettica confuta e ridicolizza il suo dirsi “non sapiente” o che sa di non sapere? Come concepisce Socrate il rapporto tra l'individuo e la comunità? Quali sono i limiti dell'obbedienza alle leggi? Cos'è più importante tra il singolo individuo che pratica la filosofia e la Città Stato che deve ponderare, scegliere ed agire in base a concrete contingenze di una moltitudine? Come si propone Socrate nella sua stessa morte per mandato della Città Stato? Rappresenta, la condanna a morte, un atto di violazione morale o è una scelta inevitabile da parte di un sistema che deve poter reggersi anche su imperfezioni etiche?
Non sono, forse, tutte queste domande che traslate da Socrate possono essere poste (in modo analogo) al discendente diretto di Socrate ovvero il topos del prete cristiano? Insomma: Socrate, come il prete cristiano, corrompe la natura umana o la educa? E chi servono Socrate e il prete cristiano, l’uomo, oppure lo Stato o, ancora, la loro personale posizione fideistica rispetto alle piagate coscienze degli uomini?
Nietzsche nel presentare la figura di Socrate la collega a quella di Euripide (simbolo della tragedia decadente), in un parallelo tra società greca e la tragedia attica come rappresentazione della sua più intima contraddizione e deviazione da un primigenio insegnamento al fine di essere non solo abili alla Vita ma, anche, addirittura, esserne degni. Viene esplicitato e dimostrato come lo spirito razionalistico socratico abbia minato l'equilibrio, ma sarebbe meglio dire in senso figurato e poetico, abbia fermato e criminalizzato la sublime danza tra forze apollinee e dionisiache nella società greca, muovendo da una danza creativa, purissima in senso artistico, ad una fissità e sclerotizzazione amorfa, enucleando una degenerazione che si è espressa anche nella trasformazione della tragedia dionisiaca da spirituale, ieratica, rivelatoria ad una tragedia euripidea incentrata sulla rimembranza – quasi biblica – circa il dolore di vivere, il terrore instillato e quasi la condanna del libero arbitrio, all’erranza eterna e il Destino inteso come connaturatamente nemico dell’uomo.
Questo eccesso razionalistico, questo tradimento delle forze più feroci nell’uomo, avrebbe portato ad una degenerazione di tutta la nostra società, della sua visione d’insieme del Cosmo, del Mondo, delle Vicende Umane e della sua capacità creativa di accogliere, sperimentare, sopportare, metabolizzare ed usare ogni Piacere ed ogni Dolore possibili. Il significato più profondo di questo lavoro di Nietzsche, attraverso l'analisi della tragedia greca, è rivedere le origini della cultura occidentale e le radici del marcescente pessimismo esistenziale imperante in Europa. La tragedia greca non è solo un'opera d'arte, ma un'espressione di liberazione, disvelamento ed esaltazione dell'animo umano. Tale disvelamento è, in forma artistica, la posizione di una domanda e un movimento dinamico rispetto le domande fondamentali dell'esistenza, che Nietzsche però trasvaluta in esperienze, in passaggi ascendenti d’intensità e via via più tremebondi di energie quali il dolore, la morte, l’ambigua connaturata relazione tra individuo, società e potere costituito. La dialettica tra dionisiaco e apollineo è la chiave per comprendere la tragedia ed un ritorno, attualizzato, a queste due forze in una dinamica quasi orientale è l'antidoto – filosofico ed esperienziale – a chi è ed a ciò che rappresenta Socrate, alla sua razionalità in sermoni, al suo indottrinamento, allo svilimento di ogni elemento di abrasione e superamento che è poi il motore e propellente della conquista umana. Conquista sia nel senso etico che materiale. In questo senso, si potrebbe interpretare la critica di Nietzsche come un'accusa di "inganno", nel senso che Socrate avrebbe nascosto la complessità e la profondità dell'esperienza umana dietro un'apparente semplicità razionale.
11 dicembre 2024
DELLO STESSO AUTORE
Psiche collettiva e trauma sociale nel XXI secolo
Genealogia e morfologie del postmoderno
SULLO STESSO TEMA
G. Avellino, Il problema della natura in Nietzsche
G. Avellino, Su verità e menzogna passando per La Gaia Scienza
E. Rossi, Il cavaliere oscuro e Nietzsche: mentire non è mai stato cosi eroico