I popoli non sono inclini alla violenza, è necessario fomentarli con argomenti ad hoc e falsità per accendere in loro l’odio verso lo straniero: una tesi di Benjamin Constant, che risuona profetica a distanza di due secoli. Un monito al progressivo imbarbarimento in cui il mondo globalizzato rischia di cadere, sospinto dai venti di guerra.




I consumatori sono tenuti all’oscuro di quanto accade all’interno degli allevamenti, luoghi misteriosi e inaccessibili per motivi che dovrebbero essere evidenti. Ma affinché una qualunque cosa sia evidente (dal latino “evĭdens”, che significa “che non lascia dubbi”) è prima necessario che sia visibile (dal latino tardo “visibĭlis”, ovvero “che può essere visto”). Per rendere evidente cosa vuol dire produrre carne è essenziale che la crudeltà che c’è dietro tale processo sia resa visibile. Cinema, letteratura e scelte personali altrui possono in questo essere fari folgoranti.




Gli scritti e i discorsi di Albert Camus trovano un fondamento in pochi, chiari principi basilari: amore per la natura e gli esseri, diffidenza verso le ideologie e il potere statuale, difesa della verità e della sincerità, senso della misura... Questo articolo – indirizzato ai miei contemporanei – prende le mosse da questi principi, riproponendo in maniera succinta dei pensieri che continuano ad essere preziosi per un’umanità che deve ancora fare i conti con i mali del Novecento, ma che non smette di aspirare ad un mondo differente, meno ingiusto e più libero.




All’interno della soteriologia buddhista, la mente ha un ruolo preminente, poiché, se da un lato è ciò che incatena all’esistenza, al divenire e in ultima analisi alla sofferenza, dall’altro, quando opportunamente coltivata, può ben servire da strumento di liberazione. Ciò è possibile non solo per mezzo dell’osservazione della mente stessa, ma altresì per mezzo dell’osservazione del corpo nella sua altamente instabile composizione materiale, data dal flusso causalmente ordinato di entità minime chiamate rūpa–kalāpa




La malattia della scomparsa, ecco l'appellativo di una patologia tanto diffusa quanto ignota all'essere umano. La patologia neurodegenerativa per eccellenza che oltre ad interrogare da secoli medici e ricercatori, pone l'uomo di fronte a ad uno dei dilemmi più antichi ed irrisolti della sua natura, quello della soggettività. L’obiettivo di questo articolo non è infatti di indagare le contingenze del possibile insorgere di questa patologia, ma di sbirciare attraverso di essa per toccare con mano la nostra fragilità di "individui" che si scoprono come collezioni di impressioni tenute insieme dall'inconsistenza del tempo e dell'esperienza.




«Il consumismo, in netto contrasto con le precedenti forme di vita, associa la felicità non tanto alla SODDISFAZIONE dei bisogni(come tendono a far credere le sue “credenziali ufficiali”), ma piuttosto alla costante crescita della QUANTITÀ e dell'INTENSITÀ dei desideri, il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si pensa e si spera di soddisfare quei desideri». Così scrive il sociologo Zygmunt Bauman nel suo libro Consumo, quindi sono. Il titolo del suo libro è il punto di partenza per questo articolo: per un'efficace analisi della condizione della persona occidentale del ventunesimo secolo è imprescindibile uno sguardo critico sul tema del consumismo e dell'offerta dei prodotti.




L’empietà della religio può fare danni anche fuori dalla realtà mitologica: non solo il battagliero Agamennone si è macchiato di un atroce omicidio perché sedotto da un dettato non religioso, ma anche Giovanni Barreca e Arne Cheyenne Johnson, uomini in carne ed ossa, hanno ucciso perché spinti da una negativa forza soprannaturale.




Nell'odierno panorama degli studi filosofici, l'ingiustizia epistemica si configura come un argomento di crescente interesse e recente sistematizzazione. Lo dimostrano la letteratura scientifica, i saggi e gli approfondimenti interdisciplinari, che negli ultimi decenni stanno approfondendo il fenomeno: Miranda Fricker, José Medina, Gaile Pohlhaus Jr. sono solo alcuni nomi di studiose e studiosi che hanno contribuito a un’analisi del problema in questione. 



di Riccardo Sasso 


Il 2024 è l’anno delle elezioni per il rinnovamento del parlamento europeo. Mai come oggi c’è bisogno di ripensare il concetto stesso di Europa. Gli eventi dell’ultimo periodo – dalla guerra in Ucraina alla furente e tragica riaccesa del conflitto israelo-palestinese – ci costringono a riflettere seriamente sull’Europa che vogliamo, sui valori di cui questa vuole farsi portavoce e sulla posizione strategica che essa vuole avere nello scacchiere internazionale. Si tratta di questioni gigantesche, a cui, nel seguente articolo, proveremo a dare alcune linee guida. 



Con quanto detto nel precedente articolo parrebbe che il filosofo, lo psicologo, il sociologo o l’analista politico debbano sentirsi forzati a declinarsi in una o l’altra delle mie proposte dialettiche, ma non è così, o almeno io così non voglio e soprattutto (per amore dell’argomento e del dialogo) spero, visto che è troppo grande, incisivo e potente il fenomeno del Postmoderno per scadere in una sua fideistica rilettura dicotomica, o cedere alla tentazione di erigere l’ennesima parrocchia concettuale ben trincerata da cantori instancabili e zelanti armigeri. Dicotomia che, se scelta, da queste figure culturali o da qualsiasi altro studioso o studiosa, porterebbe all’ennesima dicotomia aristotelico-platonica; una analisi e denotazione del fenomeno in chiave puramente dicotomica farebbe proprio perdere il terzo elemento nodale e peculiare del tema in esame, ovvero la sua ibridazione ai fenomeni del passato e la sua capacità di rendere confuso - tra reale ed irreale, tra consapevole ed inconscio - ogni elemento attorno di esso o in esso.




Il termine Postmoderno racchiude in se stesso diversi elementi culturali, filosofici, antropologici, estetici e fattuali, che chiunque, dotato di debita cultura e spirito critico, può rilevare e discutere filosoficamente di questo evento in atto. Essendo, però, il Postmoderno un fenomeno per l’appunto in atto, in questo nostro tempo storico di grandi mutamenti, per lo più imprevisti (sia nelle singole parti componenti che nella loro rispettiva relazione), esso può e deve essere compreso dalla sua stessa genealogia e in quelle che sono le sue determinanti psicodinamiche e dialettiche.





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