Dopo un anno scolastico particolarmente segnato da continui cambiamenti, opacità burocratica, colpi di scena dell'ultimo minuto e decisioni prese in fretta e furia, una riflessione è doverosa rispetto al percorso del docente precario italiano. Sono un’insegnante di scuola superiore che ha sognato questo lavoro sin da adolescente. Tuttavia, durante quest'anno scolastico, ho messo più volte in discussione la mia scelta, a causa delle continue modifiche e della mancanza di chiarezza che ha travolto noi docenti precari. Nonostante la costante ricerca di informazioni online e offline, presso sindacati, formatori, colleghi, il cambiamento delle regole del gioco è sempre dietro l’angolo.
Ogni anno, il primo verdetto che attende noi docenti è la chiamata degli Uffici Scolastici Regionali attraverso i bollettini che attingono dalle graduatorie, le cosiddette GPS.
Ogni docente occupa un determinato posto in graduatoria in base al suo punteggio, in prima o seconda fascia, a seconda che sia abilitato o specializzato, o semplicemente laureato con i crediti necessari per l’insegnamento. La prima fascia è riservata agli abilitati su materia e agli specializzati sul sostegno, la seconda fascia ai neolaureati o ai docenti precari senza alcuna abilitazione o specializzazione.
Con le chiamate dai bollettini, i docenti possono ambire ad un contratto annuale fino al 30 giugno o al 31 agosto in qualsiasi scuola della provincia scelta, spesso lontana da casa, soprattutto se si ha un punteggio basso. Inoltre, gli Uffici scolastici, per “aiutare” gli insegnanti precari e permettere loro di organizzarsi in tempo con gli spostamenti, pubblicano i bollettini il 31 agosto per far prendere servizio agli insegnanti entro il 2 settembre.
La prima delusione per un giovane insegnante è vedersi scavalcato da colleghi altrettanto giovani e altrettanto laureati come lui senza anni di servizio alle spalle. Questo avviene spesso a causa di un punteggio più alto ottenuto grazie all’accumulo di certificazioni linguistiche, informatiche, CLIL e master.
Nella maggior parte dei casi i docenti sono costretti ad accumulare punti attraverso il mercato nero delle certificazioni. Più certificazioni possiedi, maggiore è il tuo punteggio in graduatoria, maggiore è la possibilità di essere chiamati per una supplenza. Ma è di tanto maggiore anche la possibilità di essere chiamati in scuole vicine alla propria residenza. Per non parlare di quei docenti che firmano contratti falsi con le scuole paritarie per accumulare 12 punti che corrispondono ad un’annualità di servizio, spesso sotto pagamento da parte dell’aspirante docente. Un sistema che premia chi riesce ad accumulare titoli, a discapito dell’autenticità e sostanzialità del titolo stesso.
Nonostante molti docenti cerchino di rifiutare questo meccanismo, è inevitabile sentirsi costretti a ottenere il maggior numero di certificazioni per aumentare le proprie chance lavorative, specialmente nelle province del centro e sud Italia, dove è chiara la mancanza di cattedre e posti per una supplenza.
Per chi vuole seguire un percorso più lineare e formativo, le strade sono due: superare e vincere un concorso bandito dal Ministero, ottenendo l’abilitazione nella propria materia o, nella migliore delle ipotesi, un posto in ruolo, oppure seguire il percorso di specializzazione nelle attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. L’inclusione è un valore fondamentale della scuola italiana e la specializzazione nel sostegno rappresenta un valore aggiunto per ogni docente.
Il percorso di specializzazione richiede il superamento di tre prove: preselettiva, scritta e orale. Una volta superate, è possibile iscriversi al percorso di specializzazione della durata di otto mesi, composto da laboratori, lezioni frontali teoriche, esami a conclusione di ogni modulo, un tirocinio diretto presso le scuole del proprio ordine e grado e una tesi finale (per un totale di 60 CFU), al costo di circa 3000 euro. Questo percorso dovrebbe essere seguito senza interrompere l’attività lavorativa, sebbene alcuni aspiranti docenti, a fronte dell'impegno gravoso richiesto dalla specializzazione, siano stati costretti a dimettersi per inseguire il sogno di diventare insegnanti senza alcuna garanzia di ottenere una supplenza.
Di recente, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha introdotto un percorso di specializzazione abbreviato, di 30 CFU, probabilmente senza prove selettive per valutare le competenze in ingresso, per agevolare i docenti precari con 3 anni di servizio alle spalle nella attività di sostegno didattico (già agevolati nelle prove di accesso del percorso di 60 CFU in quanto possono accedere ad una riserva del 30% dei posti). La misura è stata introdotta dal D.L. 71 del 31 maggio 2024, che attende ancora la sua trasformazione in legge.
Oltre a questo, il D.L. 71, per garantire la continuità didattica dei docenti di sostegno e agevolare le famiglie degli alunni con disabilità, stabilisce che le famiglie stesse abbiano la possibilità di decidere se avvalersi dello stesso insegnante di sostegno per gli anni successivi, creando un evidente sistema di clientelismo e favoritismi. Questa decisione è stata presa dal Ministro Valditara a causa della «mancanza cronica di docenti di sostegno e della loro mancata continuità didattica». Questo però non si verifica per tutti gli ordini e i gradi di scuola.
Infatti, questa penuria di docenti specializzati, soprattutto in Nord Italia e per gli ordini e gradi di scuola inferiori, deriva da una mancanza di organizzazione delle Università italiane che continuano a bandire numerosissimi posti per i docenti precari del Sud e pochi per i docenti del Nord.
Per indicare alcuni numeri: per l’anno accademico 2022/23 l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha offerto 950 posti complessivi per la specializzazione sul sostegno, mentre l’Università di Milano-Bicocca ne ha offerti solo 420. Se si consultano però le graduatorie delle province del nord e del sud Italia la differenza è clamorosa: 1524 docenti specializzati nel sostegno didattico nella provincia di Bari solo per la scuola secondaria di II grado, mentre a Milano sono presenti solo 656 docenti specializzati.
Eppure, si continuano a bandire numerosissimi posti al Sud in mancanza di effettive cattedre. Infatti, il concorso ordinario ancora in corso in molte regioni italiane ha bandito solo 564 posti in tutta Italia per i docenti specializzati sul sostegno nella scuola secondaria di II grado con una riserva del 30% per i candidati con almeno 3 anni di servizio negli ultimi 10 anni.
Il Ministro Valditara, piuttosto che intervenire sul numero dei posti messi a disposizione dalle Università, decide di agevolare una categoria di docenti specifica: i triennalisti, ovvero coloro che possiedono tre anni di servizio nel sostegno didattico senza formazione specifica, offrendo loro una specializzazione lampo di soli 30 CFU, colpendo quella categoria di docenti che ha seguito un percorso più lungo, articolato e formativo negli anni precedenti. Questi ultimi hanno dovuto superare tutte le prove nonostante gli anni di servizio accumulati e seguire il percorso come tutti gli altri.
In aggiunta a queste difficoltà, quest'anno alcune università private hanno avviato i percorsi di abilitazione su materia da 30 CFU per docenti specializzati o abilitati in altre classi di concorso, creando ulteriori disparità.
I sindacati, all’avvio di questi percorsi abilitanti, al costo di circa 2000 euro per un totale di 36 punti in graduatoria, avevano annunciato che i docenti non avrebbero potuto inserire il punteggio se non prima della successiva riapertura biennale delle GPS, ovvero solo nel 2026. Tuttavia, con lo slittamento della riapertura delle graduatorie a maggio, chi aveva iniziato i percorsi a marzo avrebbe potuto inserire il punteggio, mentre chi aveva iniziato solo un mese dopo, no.
Per un semplice docente specializzato sul sostegno, ottenere un’ulteriore abilitazione significa affrontare una spesa di circa 2000 euro oltre i 3000 già spesi per il percorso sul sostegno, al solo fine di aumentare il punteggio in graduatoria e riuscire a continuare a lavorare da precario.
Inoltre, non tutte le Università sono riuscite ad avviare in tempo i percorsi per tutte le classi di concorso, ponendo alcuni docenti in condizioni sfavorevoli rispetto agli altri colleghi. Di fronte a questa evidente disparità di trattamento, il Ministero annuncia solo il 10 giugno, data di chiusura delle domande, una proroga al 24 giugno.
Per non contare il fatto che i percorsi più lunghi da 36 e 60 CFU, rivolti a coloro che non possiedono alcuna specializzazione o abilitazione, non sono stati proprio attivati, mettendo in condizioni diverse i docenti precari non abilitati e specializzati rispetto ai docenti specializzati e abilitati.
Il mercato nero delle certificazioni, i cambiamenti repentini dell’ultima ora, la mancanza di equità e il favoreggiamento di alcune categorie di docenti a scapito di altre sono purtroppo una realtà nella scuola italiana. E così, la vita dell'insegnante precario si snoda tra sogni e delusioni, in un sistema che sembra premiare più la capacità di navigare tra le burocrazie e ottenere certificazioni, che non l'autentico impegno professionale.
8 luglio 2024
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